La Stampa
Mercoledì 18 Luglio 2001


Parla il leader dei paysans
«Viviamo tutti in un regime»

inviato a GENOVA
HA fissato a lungo il doganiere stringendo tra i denti la pipa sino a quasi rompere il bocchino: ma José Bové, l’ayatollah dell’integralismo alimentare, l’uomo che ha lanciato l’ennesima guerra santa contro l’insostenibile pesantezza del «benessere» globalizzato e omogeneizzato, non ha protestato più di tanto. Sa che certi atteggiamenti, anche se danno fastidio, «fanno parte del gioco». Il leader della Confederation paysanne oggi dovrebbe partecipare al meeting di San Rossore, "Global to glocal', insieme ai rappresentanti più in vista del movimento antiglobalizzazione.
Allora, monsieur Bové, ci racconti che cosa è successo all’inizio del suo «Viaggio in Italia».
«Molto semplice. Dovevo venire a Genova per intervenire al Public Forum promosso dal Gsf e quando sono arrivato alla frontiera mi hanno bloccato».
Beh, lei ha avuto problemi con la giustizia francese: un primo processo per aver distrutto un campo di riso transgenico; un secondo giudizio, con relativa condanna del tribunale di Millau, per il famoso assalto al McDonald’s. Non le sembra abbastanza normale qualche controllo in più?
«No, se a compierli non è la polizia francese, ma quella italiana. I gendarmi mi hanno fatto passare senza battere ciglio.
Ci racconti, allora, che cosa le hanno fatto i nostri finanzieri.
«Erano le 16: io sono arrivato in auto al varco della vostra dogana in auto con mia moglie accanto. Mi hanno chiesto i documenti. Gli ho dato il passaporto. Non andava bene».
Come «non andava bene»?
Ah, questo non lo so. Allora gli ho mostrato la patente: non andava bene neppure quella».
Risultato?
«Non mi hanno restituito né il primo né il secondo documento».
Fermavano anche altre persone?
«No, gli altri filavano via senza nessun problema. Gli unici ad averne, di problemi, evidentemente, eravamo la mia compagna ed io».
Qualche giustificazione per questo comportamento gliel’avranno pur data, Bové. Qualcosa le avranno pur detto. O no?
Certo. Mi hanno spiegato che dovevano "ricevere ordini superiori". Se questa è una giustificazione...».
E, poi, che cosa è successo?
«L’attesa. Ci hanno annunciato che dovevamo aspettare. Così abbiamo fatto: un’ora e mezzo. Ho telefonato a mezzo mondo. Ho chiamato il Genoa Social Forum: Cristophe Aguitton di Attac France, che è a Genova con gli Anti G8, mi ha assicurato che si stavano prendendo contatti con il ministero dell’interno italiano per chiarire questa situazione. Alle 17,30 gli agenti mi hanno restituito patente e passaporto: "Buongiorno, signor Bové"».
Un giudizio su questo pomeriggio al Frejus?
«Si parla tanto di Europa unita, di libertà. Mi viene da ridere: quello in cui tutti noi siamo costretti a vivere non è altro che un regime».