Manifesto 18 luglio 2001 Una
risata (on-line) vi seppellirà
"Hacktivism", antagonisti in piazza
e in Rete. L'alleanza tra comunità hacker e movimento dei movimenti
ARTURO DI CORINTO
Il termine hacktivism deriva dall'unione delle parole hacking
e activism. L'Hacking è la messa in opera di una particolare attitudine verso le
macchine informatiche che presuppone lo studio dei computer per migliorarne il
funzionamento - attraverso la cooperazione e il libero scambio di informazioni tra i
programmatori - e la condivisione del sapere dando a tutti accesso illimitato alla
conoscenza in essi incorporata. Activism è il termine americano che indica le
forme dell'azione diretta praticate dai movimenti politici di base (grassroots
movements) come i sit-in, i cortei, i picchetti.
Alla base dell'etica hacker c'è da sempre la convinzione che l'accesso a un'informazione
libera e plurale possa migliorare la vita delle persone rendendole autosufficienti nella
ricerca e nella verifica delle informazioni, e quindi libere di formarsi un giudizio su
cui basare scelte e decisioni. E i computer e le reti telematiche sono considerate gli
strumenti più adatti per realizzare questo orizzonte. Per questo i primi hackers del Mit
di Boston consideravano l'accesso illimitato all'informazione un diritto umano basilare e
inalienabile.
L'evoluzione delle forme di attivismo che presuppongono un uso efficace degli strumenti di
comunicazione, e in particolare dei computer, ha successivamente favorito l'adozione di
idee, pratiche e tecniche proprie della cultura hacker da parte dei movimenti
ambientalisti, pacifisti, per i diritti umani e civili. L'unione delle due parole hacking
e activism viene così usata per indicare l'adesione ai principi dell'etica hacker
da parte dei movimenti di base ma anche la crescente caratterizzazione in senso politico e
sociale di quella attitudine che è l'hacking. Se gli attivisti utilizzano la rete
Internet come strumento per l'affermazione di diritti vecchi e nuovi, la interpretano
anche come luogo della critica radicale che individua nella comunicazione un terreno di
conflitto tout court. E le modalità di azione degli attivisti digitali riflettono la
cultura che ha generato quegli stessi strumenti: l'orizzontalità della comunicazione e
quindi l'assenza di una gerarchia; la condivisione dei saperi e delle tecniche e quindi il
rispetto delle competenze individuali; il sospetto verso ogni forma di autorità
precostituita; la cooperazione finalizzata a un obiettivo di libertà; la decisionalità
condivisa nel perseguire pratiche e obiettivi.
Questa affinità di modi e di intenti ha portato negli anni a un'alleanza informale, se
non a una vera propria commistione, fra le comunità degli hackers e degli attivisti
politici che si concretizza nel supporto che gli hackers danno ai movimenti di base
attraverso la scrittura del codice per realizzare software, protocolli e sistemi di
comunicazione economici, stabili, a prova di censura e sicuri da controlli indesiderati (www.autistici.org).Ma
anche attraverso la formazione all'uso di quegli stessi strumenti e la realizzazione di
infrastrutture di comunicazione a livello locale - nelle scuole, nei centri sociali, nelle
radio libere, nei circoli associativi - per consentire a tutti di scambiarsi informazioni
e opinioni e comunicare il proprio punto di vista sul mondo.
Un ottimo esempio di questa attitudine è stata la creazione del software per la
pubblicazione in tempo reale di materiali testuali, audio e video, sui siti
dell'Indipendent Media Center www.indymedia.org la cui sezione italiana sarà
sicuramente nei giorni del G8 uno dei punti di riferimento dei contestatori del summit (www.italy.indymedia.org).
Attivisti e hacker cooperano insieme non solo nella realizzazione di strumenti per
un'informazione indipendente, "dal basso", ma anche per portare la protesta nel
cyberspazio attraverso campagne di informazione, azioni di boicottaggio e disobbedienza
civile elettronica, sincronizzandole con le iniziative di piazza. Un esempio interessante
viene dagli attivisti newyorkesi che hanno chiesto la collaborazione di militanti col
computer per contestare il nuovo accordo sul libero commercio fra Nord e Sud America, il
famigerato "Free Trade Agreement of Americas" (Ftaa), usando una particolare
strategia: scrivere un software attraverso cui era possibile disturbare il funzionamento
dei web server delle aziende e dei governi promotori semplicemente disegnando su una
pagina web bianca. Cioè divertendosi e facendo partecipare alla protesta anche chi non
poteva esservi fisicamente presente (http://thehacktivist.com/a20/). Ma ci sono
anche altri esempi di come fare critica radicale. Sul sito inglese www.urban75.com
è possibile divertirsi a infrangere i loghi delle grandi marche, i simboli della
globalizzazione economica e dello sfruttamento del lavoro e del pianeta - Shell, Nike,
McDonald's - scrivendo una variante on line di un vecchio videogame.
La discontinuità metodologica delle pratiche dell'antagonismo in rete rispetto alle forme
di contestazione tradizionalmente attuate nelle strade e nei luoghi di lavoro sta nelle
caratteristiche del mezzo Internet: orizzontale, globale, multidirezionale, flessibile al
punto che anche un singolo può portarvi i propri contenuti dissidenti e chiedere al mondo
intero di condividerli a dispetto di ogni censura. E' questa la posizione degli hackers di
The Cult of the Dead Cow (www.cultdeadcow.com): "nell'epoca delle reti di
comunicazione globali Internet non può essere soltanto un mezzo per migliorare la
bilancia commerciale degli stati ricchi, ma deve essere un mezzo per consentire a tutti di
migliorare la propria condizione, perciò esse devono essere accessibili a tutti". A
tale proposito citano l'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani:
"Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il
diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e
diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere." (
www.un.org/Overview/rights.html). E se questo diritto viene negato, dicono, va
conquistato. Perciò stanno realizzando un software (Peekabooty) in grado di superare
filtri e censure e accedere a qualsiasi tipo di informazione. Insomma, l'ansia di libertà
è contagiosa e non ci sono né cure né vaccini per fermarla. Anche sulla rete.
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