La Repubblica 13 luglio 2001

Schroeder: "Apriamo
il dialogo con i contestatori"

Intervista al cancelliere tedesco: "Bisogna distinguere
fra chi vuole il confronto e chi cerca solo lo scontro"

ANDREA TARQUINI


BERLINO - Di qui al G8 la maggioranza non violenta dei militanti antiglobalizzazione deve chiaramente distinguersi dagli ultrà, allora si potrà tentare di dialogare; nessuna deroga dal rigore di bilancio chiesto dal Patto di stabilità per l'unione monetaria; costruire un'Europa con forti istituzioni e definire i valori del modello europeo. Ecco le grandi ideeguida del cancelliere Gerhard Schroeder, nell'intervista a quattro giornali europei (in esclusiva per l'Italia a Repubblica).
Signor cancelliere, il dibattito sull'Europa politica mostra due grandi tendenze: federalismo o confederazione di Stati nazionali. Che cosa pensa della discussione?
«Questa contrapposizione non mi sembra corretta. Se prova a immaginarsi come l'Europa potrebbe e dovrebbe svilupparsi, essa sarà composta da 25, poi da 27 Stati nazionali con la loro cultura e lingua. L'Europa che conosciamo e l'Europa integrata del futuro naturalmente sarà formata da diverse unità, gli Stati nazionali. In Germania occorre ricorrere in questo senso al concetto di federalismo, spesso compreso altrimenti in altri paesi, ma immaginando un assetto istituzionale pensabile in Europa bisogna pur attribuire e definire cosa saranno in futuro gli Stati nazionali e cosa dovrà essere il tetto europeo. Come deve apparire questa attribuzione di ruoli, e di che si tratta? Si tratta di organizzare e mantenere governabile un'Europa più grande, composta di 25 e poi rispettivamente 27 singoli Stati. Questa Europa deve avere un ruolo nel mondo, e per questo ci vuole una direzione politica che funzioni, che sia abbastanza efficiente per far sentire la sua voce e la sua volontà nella concorrenza internazionale.
«Come si può organizzare a tal fine l'Europa? C'è prima di tutto la richiesta di un forte esecutivo. Come chiamarlo, governo o commissione, non è il fatto decisivo, ma serve un forte esecutivo, forte e organizzato in modo più efficiente di ora. E' fuor di questione, sullo sfondo dell'allargamento. Secondo, quando si ha un forte esecutivo questo deve anche essere controllato democraticamente. Secondo i principi democratici che impegnano noi tutti, è possibile solo con un Parlamento. Dunque due istituzioni: un forte esecutivo e un forte parlamento, capace di controllarlo. Sono il minimo necessario per dare una prospettiva di direzione efficiente dell'Europa. In questa Europa si pone la questione, quale ruolo di diritto pubblico hanno gli Stati nazionali. Da noi è emersa l'idea di una Camera degli Stati. La si può anche definire altrimenti, ma in ogni caso si deve definire il ruolo degli Stati nazionali come quello della terza istituzione. Il dibattito deve essere compreso in una discussione su una Costituzione dell'Europa».
Come la immaginate?
«Deve anzitutto definire i diritti fondamentali europei per i cittadini d'Europa. La Carta lo ha fatto, quindi in futuro la si deve rendere vincolante. Poi occorre una definizione delle competenze dell'Europa da un lato e di quelle che resteranno agli Stati nazionali dall'altro. Si deve cioè definire cosa in futuro sarà materia dell'Europa e delle sue istituzioni, dunque del forte esecutivo, del parlamento e della - chiamiamola così - Camera degli Stati - e quali competenze devono restare agli Stati nazionali. Infine vengono le questioni finanziarie, come dovranno essere finanziati i compiti dell'Europa del futuro. Io auspico che questa discussione venga condotta come dibattito di contenuti, secondo la domanda "Cosa deve essere l'Europa, cosa resta competenza degli Stati nazionali?", perché le altre questioni, istituzionali, così saranno di più facile risoluzione.
«Ma occorre anche aprire un altro dibattito. Il premier francese ha avanzato proposte interessanti. Ha posto non solo i temi costituenti e istituzionali, ma anche una questione molto essenziale: qual è il contenuto dell'Europa? Ci basta che l'Europa sia un mercato comune, o invece essa deve anche incarnare un certo modello sociale?»
Si schiera cioè con Jospin?
«Nel suo importantissimo discorso Jospin ha preso posizione, io sono d'accordo, nella misura in cui, anche secondo le idee dei socialdemocratici, ritengo che l'Europa non è solo un luogo di integrazione economica e di un mercato. L'Europa è la somma delle sue tradizioni culturali e sociali. L'Europa come la concepisco definisce anche una certa idea dello sviluppo della società. Ho sempre detto che "puntiamo sulla partecipazione degli uomini in Europa": partecipazione ai valori, partecipazione dei lavoratori, partecipazione alle scelte della società... per me è importante che questo aspetto della partecipazione in senso molto vasto appaia chiaro nel dibattito sull'Europa, anche come qualità speciale dell'Europa che ci immaginiamo. Che l'Europa non appaia solo un mercato comune con un ambito di poteri istituzionali. No, sono in gioco la cultura e le questioni sociali. Considerando tutto ciò, si potrebbe descrivere e tradurre in realtà in Europa un modello di società che si differenzia positivamente dalla pura società di mercato. Quest'ultima tende a fare degli uomini degli oggetti; noi - è un'antica tradizione - vogliamo dare agli uomini la coscienza di sé propria di un soggetto della Storia, e crearne le condizioni. E' un'affascinante visione dell'Europa come luogo di prosperità economica ma anche di partecipazione sociale e politica e di identità culturale. Le questioni istituzionali definiscono la cornice della discussione, ma non ne sono il solo nocciolo. Sono molto convinto da quanto il presidente di turno del Consiglio europeo Guy Verhofstadt ha detto: ha il mio pieno appoggio nella sua intenzione di formulare ambiziosi obiettivi di contenuto e istituzionali alla Conferenza intergovernativa».
La debole congiuntura diffonde la tentazione di deroghe o modifiche ai criteri del Patto di stabilità. Che ne dice?
«Il governo federale non cede a questa tentazione. Riteniamo che il consolidamento dei pubblici bilanci sia parte d'una politica economica di sostegno alla crescita. Ci sono tre grandi protagonisti dell'economia: la Banca centrale europea, lo Stato e le parti sociali. Da noi, le parti sociali hanno sempre dato prova di ragionevolezza economica, non c'è motivo di ritenere che in futuro sarà diverso. La Bce è indipendente, e sono certo che si lamenterebbe se io mi pronunciassi sulla sua politica dei tassi. Per la congiuntura questi tre protagonisti devono fare ognuno la loro parte con responsabilità. Parte di ciò è la nostra decisa attenzione al consolidamento delle pubbliche finanze. Questa politica non verrà abbandonata».
Che dibattito e decisioni si aspetta al G8 di Genova tra visioni europee e visioni americane, e che cosa pensa del movimento antiglobalizzazione?
«Non intendo parlare ora del G8. Se prima d'un vertice si fa sapere agli altri leader che cosa ci si aspetta da loro, giustamente essi si irritano. Voglio invece volentieri dire qualcosa sul movimento di protesta. Bisogna nettamente distinguere, lo si è visto a Göteborg. Da un lato ci sono gli ultrà che non hanno programmi politici e vogliono solo la violenza di piazza, e contro i quali si può reagire solo con una polizia ben equipaggiata. Ma costoro non sono la maggioranza. Lo Stato, con tutti i suoi mezzi, deve far sì che gli ultrà non abbiano chances. Ma anche la maggioranza dei pacifici militanti antiglobalizzazione deve prendere chiaramente le distanze da questi ultrà e chiarire di non avere nulla a che fare con loro. A quel punto, ciò premesso, si può tentare di discutere con la parte del movimento intellettualmente raggiungibile e pronta alla discussione. Le loro opinioni, secondo cui la globalizzazione porta anche pericoli, ad esempio per il rapporto tra politica ed economia, o aggrava la differenza tra paesi poveri e paesi ricchi, sono argomenti con cui ci si deve confrontare. Non voglio essere frainteso: le giudico opinioni errate: finora si è dimostrato che la globalizzazione porta a mercati più vasti e che questi contengono più opportunità che non rischi. Ma a livello nazionale e internazionale si deve chiari