Corriere della sera 18 luglio 2001

 
IL CASO La ribellione di via Gramsci «Noi i panni li stendiamo»

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - «Signora, complimenti per le mutande». «Belle, vero? Vedesse quelle che appenderò venerdì e sabato». La signora Carla è il leader indiscusso degli irriducibili della mutanda. Non c’è Berlusconi, non c’è ordinanza del sindaco che tenga. Anche nei giorni del G8 dalla finestra del suo bilocale che si affaccia su via Gramsci ci saranno i panni stesi ad asciugare: «Non capisco l’accanimento contro la nostra biancheria. Nessuno può dire alla gente dove farla asciugare. E poi i panni appesi alla finestra sono anche belli da vedere».
Quindi li vedranno Bush, Putin, Blair e gli altri «Grandi» del mondo. Quando le auto presidenziali sfrecceranno sulla sopraelevata di Genova, il loro sguardo potrà cadere su pedalini risciacquati e vestiti colorati penzolanti dalle finestre di via Gramsci. Esattamente quello che il presidente del Consiglio e il sindaco volevano evitare. Berlusconi lo aveva detto chiaro nella sua prima visita di controllo alla città: non mi piacciono quelle mutande stese ad asciugare, non è bello che le vedano i miei colleghi. Il primo cittadino aveva anche firmato un’ordinanza con la quale invitava gli abitanti della zona a ritirare il bucato, almeno per la settimana del vertice. E invece la biancheria intima degli abitanti di via Gramsci è diventata uno dei simboli della disobbedienza civile al G8. I ragazzi dei centri sociali di Genova e Imperia appendono mutande alle aste delle loro bandiere e disegnano magliette a tema. Il manifesto programmatico degli irriducibili è esposto da Carla, capelli neri, 38 anni, napoletana e casalinga: «Vede, noi abbiamo ancora la pessima abitudine di stendere i panni al sole. Non credo ci sia nulla di male e quindi obbedirò solo se costretta, ovvero se piove».
I disobbedienti, però, sono pochi. Ieri pomeriggio alle finestre sulla strada parallela alla sopraelevata si contavano: tre accappatoi e due camicie al civico 23, due pareo al terzo piano del numero 39; una decina di tovaglie e paia di calzini, quindici magliette di vario tipo e ventidue mutande lungo il resto della via. Ma soprattutto, tante finestre chiuse. Molta gente è andata via. «E non per questioni di bucato - spiega Abdel -. In questa zona i poliziotti sono venuti a controllarci almeno cinque volte in un mese. Hanno sfondato porte, bussato anche di notte. Meglio andarsene, c’è una brutta aria». Franco Prette, da 30 anni edicolante della via, tira in ballo la storia: «Berlusconi ha ragione, quei panni stesi sono brutti e vanno fatti togliere. Come fece Mussolini nel ’38 che, per accogliere il treno di Hitler alla stazione Ostiense, fece "nascondere" le facciate delle case e i panni stesi. Ma non gli portò fortuna, mi sembra».
I palazzi scrostati di via Gramsci sono la quinta dietro cui si nascondono via Prè e i suoi carrugi, la zona del centro storico più degradata. E anche la più buia. Un dettaglio che conta. «Io voto Berlusconi ma non posso obbedirgli - dice Carlo Maggi, 55 anni -. Mia moglie dice che se stende su via Prè i panni non asciugano». Mustafà, senegalese, è lapidario: «Il problema è irrisolvibile. Le finestre al sole sono da quella parte, in estate si suda molto e ci si lava più spesso. La mia famiglia non può rimanere senza vestiti, perché se andiamo in giro nudi ci arrestano subito, anche senza G8».
M. Ima.