Corriere della sera 19 luglio 2001
Da
Kyoto alle armi leggere, lAmerica rompe i patti
LA TENTAZIONE DI BUSH
di ENNIO CARETTO
- La vigilia del G8 è dominata - giustamente - dal timore dei disordini. Ma cè un
altro timore, di tuttaltro segno: la crescente tendenza dellAmerica a
disconoscere i trattati esistenti e a respingere i trattati «in fieri». Ancora più di
eventuali violenze, questa tendenza mette a rischio il successo sia del vertice di Genova
sia del secondo incontro in un mese tra Bush e il presidente russo Putin, in programma
domenica. Gli Stati Uniti non possono essere accusati di colonialismo né dimperialismo,
ma il loro unilateralismo suscita disagio. Al crepuscolo della presidenza Clinton, la
Superpotenza rifiutò di aderire a tre trattati sottoscritti dalla maggioranza dei Paesi:
contro le mine, contro le armi biologiche, per il Tribunale criminale internazionale.
Parve una parentesi. Ma sotto Bush, lAmerica si oppone al trattato contro le armi
leggere in discussione allOnu e a quello sullenergia alternativa preparato dal
gruppo di lavoro del G8. E dopo avere abbandonato il protocollo di Kyoto contro le
emissioni di gas, è disposta ad abbandonare anche il trattato Abm del 72 che vieta
i missili anti- missili, e il patto sul bando degli esperimenti atomici, i due maggiori
ostacoli allo scudo spaziale.
Secondo il «New York Times», infine, è prossima la denuncia di due accordi militari con
la Russia. E non è escluso che lelenco dei «no» si allunghi, perché Bush ha
avviato un profondo riesame della politica estera e di difesa americana.
Ma i trattati, siano di disarmo o di rafforzamento delle organizzazioni internazionali,
costituiscono le infrastrutture della sicurezza globale, il nuovo ordine del dopo guerra
fredda. Demolirle è azzardato e spesso controproducente.
Eppure, la posizione di Bush è condivisa dalla maggioranza del Congresso. Come ha scritto
Richard Butler, lex ispettore dellOnu degli armamenti dellIraq, la
Superpotenza ravvisa nei trattati una graduale erosione della propria sovranità, se non
un cavallo di Troia dei Paesi ostili.
Probabilmente, la tentazione del ripudio dei patti è un portato della dottrina dell«exceptionalism»,
o unicità degli Usa, che a Washington sta facendo sempre più proseliti, e che ne
giustifica le iniziative.
Finché esistette lUrss, gli inquilini della Casa Bianca preferirono ignorarla. Bush
invece lha risuscitata e di fatto propone alla Russia e agli alleati di sostituire
alle infrastrutture dei trattati quelle della Pax americana: lo scudo spaziale, una Unione
Europea allargata ma conglobata nella Nato, sanzioni contro i cosiddetti Stati fuorilegge,
commerci e movimenti di capitale incondizionati.
James Schlesinger, un ex ministro ed ex direttore della Cia, repubblicano, obbietta che lAmerica
è sì un benevolo gigante, ma sta chiedendo al mondo di acconsentire a che ne sia insieme
il gendarme e il giudice.
Il secondo viaggio di Bush in Europa dovrebbe fornire ai leader alleati loccasione
di discutere questo aspetto del «bushismo».
Putin ha già manifestato le sue riserve bloccando le sanzioni intelligenti contro lIraq
allOnu e dando corso a una «partnership strategica» con il presidente cinese Jiang
Zemin per controbilanciare il dominio della Superpotenza.
E i Paesi non allineati hanno espresso il loro scontento con lesclusione dellAmerica
dalla Commissione dei diritti umani.
LEuropa mantiene un intenso dialogo con Bush, ma sarebbe bene che gli ricordasse il
principio che i patti vanno rispettati e lo esortasse a modificarli solo di comune intesa.
Sei mesi fa, il presidente americano entrò alla Casa Bianca con la fama di costruttore di
consensi e in politica interna ha anche dimostrato un sostanziale pragmatismo.
Non cè motivo perché in politica estera debba essere altrimenti. Un rapporto di
sudditanza, come ai tempi della guerra fredda, non è nellinteresse dellEuropa,
ma nemmeno dellAmerica.
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Ennio
Caretto |
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