La Stampa
Accordo alla Camera, indagine su Genova
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Mercoledì 1 Agosto 2001
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La maggioranza decide: stamattina si va alla conta sulla
sfiducia a Scajola
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ROMA
Maggioranza e opposizione si accordano alla Camera e litigano al Senato. A
Montecitorio, infatti, è passata la proposta del presidente Pierferdinando Casini,
accettata dai capigruppo di entrambe le parti, eccezion fatta per Rifondazione, di avviare
da subito unindagine conoscitiva, la cui relazione finale dovrebbe essere pronta per
metà settembre (e il relatore, per «par condicio», sarà del centrosinistra). A Palazzo
Madama, invece, lUlivo si è impuntato sulla richiesta di una commissione dinchiesta,
ed è saltata ogni intesa, tantè che la Casa delle Libertà ha deciso, a
maggioranza, che oggi si voti la mozione di sfiducia a Scajola. Ci sarà anche Berlusconi:
la seduta comincerà alle 9,30 ma il premier arriverà a Palazzo Madama intorno alle
10,30. Dal suo ufficio avrà infatti una serie di colloqui telefonici con i leader dei
Paesi che hanno partecipato al G8, compreso George Bush.
Ieri, il centrosinistra ha tenuto un atteggiamento diverso nei due rami del Parlamento.
Diverso su tutto. A Palazzo Madama lUlivo, in prevalenza, era per il ritiro della
mozione, e per la commissione dinchiesta, alla Camera invece era per il mantenimento
della sfiducia e per lindagine, cioè era per la soluzione che era stata concordata
tra il Quirinale, Casini, Pera, Fini, Berlusconi e i Ds. A questo punto, ovviamente, sarà
difficile per i senatori di centrosinistra restare sulle proprie posizioni, ed è scontato
che giovedì, nella commissione Affari costituzionali del Senato, si concorderà di
procedere sulla stessa via della Camera, cioè sullindagine, onde evitare di
aggiungere contraddizioni a contraddizioni. E infatti già in serata il capogruppo
diessino di Palazzo Madama Angius mutava opinione, faceva buon viso a cattivo gioco, e
dichiarava: «Lindagine è un primo risultato positivo». Che altro poteva dire, dal
momento che il suo collega della Camera, Violante, aveva annunciato: «Finalmente lItalia
può venire a sapere»?
E questa la degna conclusione di una giornata a dir poco caotica. Si è cominciato
in mattinata con un botta e risposta tra Ds e An. DAlema e Violante attribuivano la
responsabilità del comportamento delle forze dellordine a Fini e ad Alleanza
nazionale in genere. Il vice premier replicava in modo duro: «Sono ragionamenti
aberranti». Ma questo scambio di reciproche accuse non deve trarre in inganno. Giacché
il capogruppo diessino a Montecitorio è poi la stessa persona che, dopo aver sparato su
An, ha siglato laccordo con la maggioranza sullindagine parlamentare. Nel
frattempo andava in onda unaltra guerra, questa volta tutta interna al
centrosinistra. I senatori dellUlivo si riunivano in assemblea, e si dividevano. La
maggioranza dei parlamentari era favorevole al ritiro della mozione. Questa era la
posizione di quasi tutta la Margherita e di una parte prevalente dei Ds. Ma si decideva di
soprassedere. Per due motivi. Perché i capigruppo della Camera avevano già spiegato di
essere contrari, e i verdi con Alfonso Pecoraro Scanio minacciavano di votare la mozione
di Rifondazione, e perché assumere una decisone del genere avrebbe messo ancor più in
evidenza le divisioni e le lacerazioni dellUlivo. Perciò si andava avanti con la
richiesta della commissione dinchiesta - sottoscritta anche da Giuliano Amato - e
nella successiva riunione dei capigruppo si giungeva allo scontro con il centrodestra.
Mentre a Palazzo Madama latmosfera si faceva irrespirabile, a Montecitorio, invece,
tutto sembrava procedere per il meglio. Il presidente della Camera Casini, con un gran
sorriso, forte dellaccordo già informalmente stipulato con Violante, poteva
pronunciare parole rassicuranti: «Lesigenza di verità non è di parte, ma
appartiene alle istituzioni, è il minimo comun denominatore del Parlamento.
Non ci sono ruoli preassegnati: lopposizione non deve dire pregiudizialmente
"no" al governo, e lo stesso dicasi per il governo nei confronti delle richieste
delloppposizione». Lunico brivido, alla Camera, si aveva per le dichiarazioni
del deputato di An Filippo Ascierto e per quelle del Guardasigilli Castelli. Il primo
affermava: «Se al posto di quel carabiniere ci fosse stato qualcuno con più esperienza,
ne avrebbe ammazzati di più». Il ministro di Grazia e Giustizia, invece, minimizzava i
fatti di Genova con queste parole: «Errori e omissioni rientrano nella normalità, daltra
parte lunica entità perfetta che io conosco è Dio». Pronta la replica del suo
predecessore Fassino: «A Genova è accaduto qualcosa di più grave degli errori di cui
parla Castelli».
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