Il Manifesto 1 agosto 2001
L'accusa di D'Alema fa infuriare An
L'ex premier denuncia complicità con le
repressioni delle forze dell'ordine. Fini: irresponsabili
MI. B. - ROMA
L'uno, il capogruppo della Quercia Luciano Violante, lancia l'allarme
dalle colonne della Repubblica. L'altro, il presidente dei Ds, Massimo D'Alema, va
a testa bassa dalle pagine del Corriere della sera. Nel mirino dei due, il partito
di Gianfranco Fini, quell'An che "vuole la rappresentanza esclusiva delle forze di
polizia anche contro gli altri partner della coalizione" (Violante); quella
"destra estrema di origine neofascita, e sto parlando di Alleanza nazionale", va
giù duro D'Alema, che "da tempo ha una rete di rapporti con gruppi e settori
all'interno delle forze dell'ordine".
Le due interviste accendono immediatamente la miccia, facendo esplodere Gianfranco Fini:
"L'involuzione della sinistra italiana è proeccupante", si indigna il
vicepremier, richiamando i due pericolosi sovversivi a un "comportamento
responsabile".
Entrambi i diessini citano i poliziotti che a Genova, dopo i pestaggi, obbligano a gridare
"viva il duce", un "chiaro segno politico", secondo D'Alema, che,
chiedendo di che altro si debba parlare se non di fascimo, si domanda: "Quelli che a
Genova si sono comportati come si sono comportati, si sono sentiti autorizzati a farlo
perché al governo c'è la destra? Oppure si è voluto mandare un segnale all'opinione
pubblica e al paese?". "Cosa faceva Fini in prefettura a Genova? cosa facevano i
quattro deputati di An nella sala operativa dei carabinieri?", fa eco Violante,
paventando la lacerazione del paese. E D'Alema: "Non si può confondere il diritto di
chi ha vinto le elezioni a governare con l'uso di parte degli apparati". Una
questione, secondo l'ex premier, che riguarda appunto Fini, più che Silvio Berlusconi.
I due diessini individuano gruppi e settori all'interno delle forze dell'ordine. Lasciano
intendere che i rapporti tra la destra al governo e questi settori violenti possono essere
dimostrati. Ma facendo attenzione a non generalizzare, evitano anche accuratamente di
tirare in ballo i vertici della polizia, il cui capo, Gianni De Gennaro, risulta in questo
modo assolto da responsabilità che andrebbero cercate altrove. E i sospetti, stando a
D'Alema, si appuntano sugli esponenti dell'esecutivo, a partire dal suo capo, in misura
non uguale. E infatti la polemica, subito rovente, si gioca tutta tra Ds e An, Fini in
testa. Il vicepremier bacchetta i due ds "che non esitano a superare la soglia del
ridicolo"; garantisce sulla fedeltà alle istituzioni delle forze dell'ordine e
definisce la sua difesa a spada tratta di chi a Genova ha pestato a sangue un "dovere
istituzionale". Una volta che il capo ha dato il la, i nazional-alleati
seguono a ruota al grido di "comunisti". Più arzigogolato il ragionamento di
Ignazio La Russa: "Forse la perdita di posizioni che registra in questi ultimi giorni
nel partito Fassino, pupillo del duo D'Alema-Violante, ha consigliato a questi ultimi una
mossa disperata: attaccare la destra con concetti sessantottini". Per fortuna il
portavoce di An, Mario Landolfi, riporta tutti alla ragione: "E' significativo che
D'Alema, Violante e Casarini abbiano espresso lo stesso concetto. Adesso è più chiaro
chi detta la linea politica a sinistra". E D'Alema infilò la tuta bianca.
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