La Stampa
Emma Camagna - Silvana Mossano
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ALESSANDRIA
ANDREA, studente di Verona, l’aspetto del ragazzo di buona famiglia, alle 13,30 esce
dal carcere di San Michele stringendo in una mano un sacchetto di plastica nero, di quelli
per i rifiuti. Dentro, i suoi effetti personali. I familiari lo abbracciano e lo fanno
salire su una Mercedes. È uno dei 130 giovani fermati tra venerdì e sabato a Genova
durante i disordini del G8. L’accusa per lui come per decine di altri, molti dei
quali a loro volta scarcerati, è di resistenza aggravata. «Manifestavo da solo,
pacificamente, mi hanno preso e picchiato nella caserma di Bolzaneto», dice.
Di pestaggi in questa caserma parlavano ieri davanti alla prigione i familiari dei fermati
(«Mio figlio ha ’’solo’’ il naso rotto» si consolava un milanese).
Proprio per verificarne di persona le condizioni - «Tutti al momento stanno bene» hanno
assicurato alcuni avvocati - a San Michele sono arrivati consiglieri regionali Enrico
Moriconi (Verdi), Mario Contu e Rocco Papandrea (Rifondazione), la parlamentare Silvana
Dameri (ds). Contu riferisce di botte, anche agli organi genitali, e di pesanti insulti
inflitti ai fermati.
Consiglieri regionali e parlamentare diessina hanno raccolto dai ragazzi che hanno
incontrato in carcere testimonianze dello stesso tenore: «Al San Michele sono stati
trattati civilmente. Ben diverso il comportamento nella caserma di Bolzaneto». La
conferma arriva, ad esempio, da un ragazzo napoletano, capelli lunghi, piccolo di statura:
«Dopo una giornata da Auschwitz siamo finalmente arrivati nel paradiso del carcere». Lui
e molti altri sono appena usciti, le scarpe in mano, ai piedi ciabatte e sandali. È stato
il cappellano, don Paolo Favato, a preoccuparsi di andare ad acquistare biancheria intima
e ricambi di calzature per tutti. «Insieme alle guardie penitenziarie ci siamo
preoccupati di garantire a questi ragazzi condizioni di dignità». Quella che due ragazzi
spagnoli di Saragozza, David di Perugia, Valerio di Roma, Sergio di Taranto, Massimiliano
di Montalcino dicono esser stata calpestata nelle ore precedenti. «Oltre a essere stati
costretti a rimanere con la fronte e le mani appoggiate al muro, venivamo continuamente
insultati. Offese pesanti, cattiverie, calci, sputi». A Marco di Castiglione hanno detto:
«Abbiamo avvertito tua madre che sei morto». Massimiliano mostra lividi sulla schiena,
dice che gli è stato strappato il piercing dal naso. Raccontano di un invalido, con la
protesi ad una gamba, che, dopo ore e ore, non ce l’ha fatta più ed è caduto: «Per
questo è stato aggredito a calci».
Franco, vent’anni, di Cagliari, l’aria spaesata, era andato a Genova per
«manifestare pacificamente» ed è finito in carcere, non sa perché. Ne è uscito a
mezzogiorno protetto da un legale giunto apposta dalla Sardegna che lo infila in un taxi
mentre assicura: «Non ha fatto niente, è tutto a posto». «Ha ragione - interviene una
donna - neppure i pacifisti sono stati risparmiati. Mio marito è andato là con Bici G8,
un gruppo di manifestanti partiti in bicicletta da varie città all’insegna della
contestazione non violenta, aveva gli attrezzi di chi fa lunghi viaggi del genere. Ma li
hanno considerati armi improprie ed è finito in galera».
C’è addirittura chi con il G8 non voleva proprio averci a che fare. Racconta
Alessandro di Genova appena fuori dal carcere: «Sono impiegato, ero uscito alle 14,30 da
lavorare e in moto tornavo a casa che è dall’altra parte della città. Alla Foce,
visti i tafferugli, ho parcheggiato la moto e ho proseguito a piedi. A un posto di blocco
sono stato preso e scambiato per un manifestante».
Dei 130 fermati (ma se ne attendono altri) dieci sono donne, poi ci sono svizzeri,
tedeschi, francesi, alcuni piemontesi (Cuneo, Torino, Rivoli, Casale), 15 austriaci
bloccati fuori Genova. Almeno una sessantina sono stati scarcerati all’atto delle
convalide dei provvedimenti di fermo dai gip di Genova (Rubini, Dalloisio, Califano). Si
conta di proseguire oggi e domani.
Al San Michele, ad eccezione di un paio di accusati di tentato omicidio per i quali, poi,
l’accusa è caduta, sono finiti i manifestanti a cui vengono contestati piccoli
reati: danneggiamento, resistenza, lesioni. Ma secondo il cappellano don Favato ci
sarebbero anche alcuni dei Black bloc. Qualcuno dei fermati è comunque stato rilasciato,
come spiega un avvocato casalese, senza neppure la convalida dell’arresto in quanto
erano decorsi i termini. I Giuristi democratici e il pool di avvocati del Genoa Social
Forum stanno valutando se presentare denunce per i pestaggi.
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