Il Manifesto 1 agosto 2001
Irruzione alla Diaz, l'indagine già annaspa
Interrogati, i funzionari di Ps si rimpallano
le responsabilità. E il pm lascia aperti tutti i dubbi
AUGUSTO BOSCHI - GENOVA
L'inchiesta della procura di Genova sui fatti avvenuti alla scuola
Diaz/Pertini è appena entrata nel vivo ma si ha già l'impressione che morirà giovane.
Nel senso che sono in pochi a credere che, alla fine, qualcuno di quelli che entrarono
nella scuola e mandarono all'ospedale 61 delle 93 persone che vi erano ospitate, finirà
processato o in galera.
Negli ultimi due giorni il procuratore aggiunto Francesco Lalla ha iniziato gli
interrogatori dei 13 funzionari con responsabilità di coordinamento e di comando nel
blitz della notte del 21 luglio. Finora ne ha ascoltati cinque, e cioè il responsabile
del reparto sperimentale mobile di Roma, Vincenzo Canterini, il vicecapo
dell'antiterrorismo Giovanni Luperi, il capo della digos genovese Spartaco Mortola e il
suo vice, Alessandro Perugini e uno degli agenti feriti. Quest'ultimo, dopo aver
saltabeccato da una tribuna all'altro, si è presentato in tribunale con le stampelle.
Colpa di una botta rimediata a un ginocchio durante gli scontri di piazza ma che si è
manifestata solo dopo e non gli ha impedito di partecipare alla perquisizione della
scuola.
Comunque, da quel poco che si è potuto intuire, nell'ufficio del magistrato si è giocato
a scaricabarile. Il capo della Mobile di Roma avrebbe indicato nei responsabili della
Digos genovese gli architetti dell'operazione. Dal canto loro, questi ultimi avrebbero
fatto capire che il capo della Mobile non è stato in grado di tenere a freno i suoi
uomini. Di certo c'è che, se dal punto di vista penale nessuno per il momento rischia e
nessuno è indagato, le carriere a repentaglio sono proprio quelle di Perugini e Mortola,
funzionari che in tanti anni di servizio a Genova non si erano di certo fatti una fama di
picchiatori, anche se il primo è stato ripreso e fotografato mentre colpisce con un
calcio un dimostrante a terra.
L'impressione che l'inchiesta penale non porterà a nulla la si evince da alcuni
particolari. Il primo è che i 70 agenti del reparto mobile che entrarono nella Diaz,
salvo che uno di loro non confessi di aver picchiato senza motivo una persona inerme, non
potranno essere identificati. Portavano il casco e la scuola era nel buio più assoluto.
Il secondo è che le ricostruzioni di agenti e Gsf sono molto diverse. Due auto della
polizia passano sotto la scuola e vengono prese a sassate. A questo punto gli agenti
riferiscono alla Digos che compie un sopralluogo. E poiché dopo la ricognizione si fanno
l'idea che nella scuola siano ospitati dei black blockers, passano la palla al reparto
mobile per l'irruzione. Secondo la polizia, devono farsi strada all'interno combattendo.
Abbiamo chiesto al procuratore se ha controllato le vetture prese di mira dai sassi e se
avevano danni: "Non ce n'è bisogno, mi fido". Gli abbiamo chiesto se erano auto
civetta, autopattuglie o altro: "Veicoli con quattro ruote della polizia". Gli
abbiamo chiesto qual è la verità: se la polizia è entrata combattendo oppure, come
dicono altri, è entrata mentre la gente all'interno era ancora nei sacchi a pelo:
"Le due versioni potrebbero non essere così contrastanti". Non contrastanti?
Combattevano dormendo? Hanno ingaggiato una rissa saltellando nei sacchi a pelo? Ma quanto
tempo è passato tra la sassaiola e il blitz? "Non me l'hanno detto con precisione.
Il tempo di tornare in questura e di riferire". Dalla scuola alla questura non ci
vuole molto, una manciata di minuti. Abbastanza, però, perché i black blockers si
dileguassero: "Sì. Perché qualcuno se ne andasse e altri arrivassero". Allora
è vero che c'era un infiltrato tra i ragazzi che dormivano alla scuola? Nessuna risposta.
Secondo la riscostruzione della polizia, ben 17 agenti sarebbero rimasti feriti durante il
blitz. Ferite certificate da un medico della polizia di cui Lalla si fida. Tantopiù che
il gip ha rifiutato la richiesta di incidente probatorio che i legali del Gsf avevano
chiesto sulle ferite dei poliziotti.
Insomma, ci sono tutti o quasi gli elementi perché la denuncia del gip contro ignoti
resti tale e il compito di punire gli eccessi e gli abusi avvenuti quella notte rimanga un
affare interno del ministero degli interni. In attesa che in procura passino anche gli
altri otto funzionari che coordinarono l'azione e quindi che tocchi ai settanta agenti
raccontare la loro versione, nelle aule al piano terra, lontano dai flash dei fotografi il
piemme Pellegrino ha chiamato a testimoniare tutti quelli che, dopo il blitz, hanno fatto
tappa alla Diaz.
Intanto è iniziata la controffensiva dei legali delle persone arrestate con l'accusa di
far parte del Black bloc e i ricorsi contro le convalide degli arresti sono già stati
presentati al tribunale del riesame. I manifestanti sono accusati di associazione a
delinquere per devastazione e saccheggio e per altri reati. Gli investigatori hanno
cominciato anche l'analisi dei filmati e delle fotografie per identificare le persone che,
inserendosi nelle manifestazioni organizzate dal Genoa social forum il 20 e il 21 luglio,
hanno bruciato auto e cassonetti, spaccato vetrine di negozi, sedi di banche e
supermercati.
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