Corriere della sera  24 luglio 2001

L’applauso alle forze dell’ordine e quell’Aula divisa

di STEFANO FOLLI

Quando il ministro dell’Interno, com’era prevedibile, ha chiamato la Camera all’applauso di solidarietà verso le forze dell’ordine, il fragore del battimani si è levato solo dai banchi del centro- destra. L’opposizione, è ovvio, non era politicamente in grado di unirsi a quell’applauso, che ha irritato Rutelli e non soltanto lui. In quel momento si consumava un’altra frattura. Si è visto come Genova abbia scavato un solco nel Paese, ma soprattutto tra le forze politiche in Parlamento. Dopo aver esercitato per anni le responsabilità del governo, il centro-sinistra si è trovato obbligato a distinguersi proprio sul terreno scomodo del rapporto con le forze dell’ordine. Una strada piena di insidie perché è quella che più rischia di allontanare l’Ulivo dalla cornice «istituzionale» e moderata in cui l’albero si è sviluppato negli anni, da Prodi a Rutelli passando per D’Alema e Amato.
Nel corso di questi anni, l’intreccio di potere tra i vertici delle forze dell’ordine e i vertici politici del centro-sinistra si è consolidato e ramificato.
Oggi i fatti di Genova cambiano il quadro. Da una parte c’è l’esecutivo Berlusconi che fa blocco. Dietro le quinte, è vero, il presidente del Consiglio ha accusato il colpo. Nonostante i riconoscimenti ricevuti da Bush, è chiaro che i due giorni di guerra intorno al G8 hanno appannato l’immagine mediatica del governo. Ma il premier ha anche recepito il sentimento medio dei genovesi, l’insofferenza nei confronti dei contestatori (senza tante distinzioni tra «Tute nere» e gli altri), la simpatia verso poliziotti e carabinieri. E si è convinto che il medesimo stato d’animo è diffuso nel resto del Paese.
A maggior ragione, quindi, Berlusconi offre il suo sostegno a Scajola. E la coperta si allarga fino a comprendere senza incertezze il capo della polizia e il comandante dei carabinieri. Ci sarà tempo, più avanti, per regolare eventualmente certi conti. Ma al momento non c’è margine per tentativi di «scaricabarile» che avrebbero il solo effetto di offrire margini alle iniziative dell’opposizione. Così la frase di Berlusconi a Genova, sui capi delle forze dell’ordine «nominati dal passato governo di centro-sinistra», che suonava come l’inizio di una frettolosa liquidazione, va rubricata quale «voce dal sen fuggita», irrilevante sul piano politico, anzi controproducente.
Ne deriva che la richiesta di dimissioni di Scajola, non sostenuta da una mozione di sfiducia, resta un segnale politico senza conseguenze. Tuttavia la gestione dell’ordine pubblico durante il vertice presenta reali zone d’ombra, dalla mancata prevenzione alla misteriosa perquisizione notturna nella sede di Agnoletto. Su questi punti, una volta passata l’onda delle polemiche, il governo sa di dover fare luce. I giorni di Genova sono stati per Berlusconi e i suoi un drammatico apprendistato. E se la situazione non avrà peggiori esiti politici, è solo perché l’opposizione resta troppo debole per far paura.
Non a caso i più accorti esponenti dell’Ulivo, da Violante ad Amato, si rendono conto del pericolo della nuova linea: da un lato s’incrina il patto di solidarietà con le forze dell’ordine (oltretutto nel momento in cui Ciampi si è espresso chiaramente al riguardo). Dall’altro si naviga lungo una rotta un po’ troppo contigua al «movimento» e alle sue ambiguità (pur condannate da Rutelli). Si tratta di una mini-svolta, in cerca di una bandiera comune da sventolare sotto il naso di Berlusconi.
Ma a quale prezzo? Si capisce che Bertinotti parli da vincitore. Lo è, in un certo senso. La sua analisi dei fatti di Genova trascina nella rete gran parte della sinistra moderata che il 13 maggio lo aveva escluso dai giochi. Il che non è senza conseguenze immediate. Ieri il capo di Rifondazione ha chiesto le dimissioni di Scajola, De Gennaro e Siracusa. L’antitesi esatta del blocco difensivo in cui si è arroccata la destra. Violante e il resto dell’Ulivo invece si muovono su un altro piano. Per ridurre al minimo i danni della rottura istituzionale con le forze dell’ordine, cercano di distinguere tra le responsabilità di Scajola e quelle più leggere di polizia e carabinieri. Come ha detto Violante, è mancato «l’indirizzo politico» del governo. Le forze dell’ordine «sono state lasciate sole»... E come tali meritevoli di solidarietà anche da sinistra. E’ un’acrobazia volta a separare il grano dal loglio: colpire Scajola e salvare De Gennaro. Ma è un terreno instabile e forse troppo stretto.