La Stampa 4 agosto 2001

 

De Gennaro non si arrende ma è a rischio
Sabato 4 Agosto 2001

IL «CAPO» LAVORA SEDICI ORE AL GIORNO ALLE INDAGINI E ALLE RELAZIONI DEI FUNZIONARI
Già circolano i nomi dei possibili successori: Ferrante e Serra

ROMA.
IL «Capo» non molla. Chi predice un clima di depressione paralizzante si sbaglia. Certo, non sono - questi - i giorni migliori di Gianni De Gennaro, detto «lo squalo», ma non sembrano neppure i giorni della resa. Chi gli sta accanto racconta un De Gennaro «reattivo», un funzionario che sente la responsabilità del comando di centomila uomini e non è proprio convinto di essere arrivato in fondo alla propria storia personale.
L’ufficio del «Capo», al Viminale, «funziona» sedici ore al giorno. Asserragliato con la sua squadra tiene le redini di un intreccio di rivoli del «disastro genovese». C’è tanto da fare, anche se la mannaia del ministro Scajola può dare l’impressione di una conclusione frettolosa dell’intera vicenda. Già, si potrebbe dire, anzi, che il difficile comincia adesso: bisogna evitare la polverizzazione della squadra, sostenere il morale degli uomini, riparare i danni, pensare al futuro e intuire quali saranno le prossime mosse di quanti continuano a chiedere la sua testa.
Anche per questo si susseguono le riunioni con i collaboratori più fidati, in testa Antonio Manganelli e Alessandro Pansa. Giovedì è stato il giorno del terremoto: tutti presenti al Viminale, compresi Arnaldo La Barbera e Nasino Andreassi, che non è stato informato per telefono di quanto gli stava precipitando addosso. Andreassi e La Barbera hanno parlato con De Gennaro e, quando sono stati chiamati dal ministro, conoscevano quale sarebbe stata la loro sorte. Al «Capo» è stata risparmiata l’umiliazione di «introdurli» nella stanza di Scajola, compito affidato al vertice del gabinetto.
Il capo della polizia legge i giornali e mastica amaro. Per esempio ha visto, sul settimanale «Diario», la foto di un poliziotto che menava conciato come "Robocop" ed è andato su tutte le furie: «Ma che è una divisa, quella?». Perciò è molto probabile che il soggetto ritratto passerà il suo brutto quarto d’ora. L’aneddoto dà la dimensione di quanto dovrà ancora accadere. La «caduta» del questore Colucci, di Andreassi e La Barbera è solo il segnale forte lanciato per ammorbidire la pressione politica e mediatica. Ma l’indagine interna non è affatto chiusa.
Il «Capo» legge in continuazione: relazioni chieste a tutti i responsabili di Genova. Molto di questo materiale - comprese le prime relazioni del «triumvirato» - finirà alla commissione parlamentare. E il quadro generale cambia con frequenza: Lorenzo Cernetig, uno dei tre dirigenti generali mandati a Genova dal ministro per approfondire la relazione iniziale, ha ritardato la conclusione del suo sopralluogo sulle défaillance dell’organizzazione complessiva perché ha dovuto approfondire anche cosa non ha funzionato tra i carabinieri e la finanza. E sembra non si tratti di particolari insignificanti. Per questo, ieri mattina, nei pressi della stanza dello «squalo» giravano malumori per la «sortita» del ministro Martino sull’estraneità dei carabinieri alla débâcle" di Genova. «Una vera e propria autoassoluzione», era il commento al vetriolo.
Quella coi carabinieri, è una polemica che nessuno può esternare ufficialmente, ma pesa parecchio. I poliziotti «usciti massacrati» dall’intervento del ministro, ovviamente tacciono, ma tra di loro non hanno mezze misure: «C’è qualcuno che abbia fatto una straccio di indagine interna sull’apporto offerto dall’Arma? Si è accertato se è vero che il carabiniere che ha sparato su Carlo Giuliani, ausiliario in congedo, invece di stare dentro la jeep avrebbe dovuto lanciare i lacrimogeni?». E ancora: «E’ vero che, a causa di questo incidente di percorso, il giorno dopo le forze dell’ordine hanno dovuto fare a meno dei carabinieri che, comprensibilmente dopo la morte di Giuliani, non sono stati più impiegati per motivi di opportunità?». Parole che pesano, ma che nessuno osa pronunciare specialmente se il «Capo» può ascoltarle.
Non ha voglia di acuire il clima di contrapposizione, De Gennaro. Sa che l’onda lunga provocata dall’uragano è lenta e inesorabile. Non sa se riuscirà a salvare il lavoro iniziato appena nominato. Non sa, in ultima analisi, se uscirà indenne - insieme con ciò che rimane della squadra - dalle cosiddette scosse di assestamento. Sulla sua sorte si fanno ipotesi: resterà perché un capo della polizia sotto scopa rafforza il ministro; quando sarà conclusa l’inchiesta parlamentare il governo porterà a termine l’operazione. E girano già programmi e «totocapi»: c’è chi, ipotizzando un ricambio in nome dell’affinità politica con la nuova maggioranza, lancia i nomi dell’attuale prefetto di Milano, Bruno Ferrante, e di Achille Serra.
Ma l’atteggiamento attuale di De Gennaro non sembra votato alla rassegnazione. Molto dipenderà dallo spazio che gli sarà concesso nell’opera di restaurazione del vertice decapitato. Il questore di Genova dovrà essere subito sostituito, per non lasciare troppo a lungo nel vuoto di potere una struttura così importante. Tra i «papabili», l’attuale questore di Brescia, Paolo Scarpis, che vanta una buona esperienza come «vicario» a Milano e - soprattutto - come il questore della ricostruzione a Brindisi del dopo-Forleo. Ma, durante le interminabili riunioni del Viminale, si è fatto anche il nome di Salvatore Presenti, attualmente questore di Bergamo.
E per sostituire La Barbera e Andreassi? Ieri pomeriggio è stato visto al Viminale il questore di Roma, Giovanni Finazzo. La sua presenza ha dato il via ad una serie di congetture, la cui sintesi sarebbe: Antonio Manganelli vicario (al posto di Andreassi), Alessandro Pansa al vertice della Criminalpol e Finazzo all’Ucigos, sulla sedia lasciata da Arnaldo La Barbera. Anche in questo caso si gioca con le ipotesi, ma se dovesse verificarsi una simile evenienza vorrebbe dire che su Gianni De Gennaro non vige proprio nessuna remora. Sarà così?
Tra tanti pensieri e quello rivolto alla madre che sta molto male, lo «squalo» non dimentica il lavoro investigativo. Già, perché l’indagine sul «G8» non è finita. Anzi sembra debba ancora cominciare dall’analisi di tutto il materiale sequestrato durante la «perquisizione maledetta». Gli spunti investigativi non mancano e De Gennaro ha dato disposizione di «entrarci dentro». Una squadra di investigatori lavora solo a questo, con l’ausilio dell’Interpol. La presenza di alcuni cittadini stranieri dentro la sede del «Gsf», molto materiale di propaganda, tantissimi oggetti sequestrati, la storia personale di qualche «ospite» potrebbero fornire un quadro plausibile per dimostrare che i disordini di Genova hanno avuto una regìa. «Vedremo», è il commento ironico dei poliziotti, «cosa avranno da dire Agnoletto e Casarini che si permettono di dare valutazioni e giudizi».