La Repubblica 25 luglio 2001 E
il Viminale assolve le polizie
"I vertici? Non li toccheremo"
STEFANO MARRONI
ROMA - Potevano essere il de profundis per Gianni De Gennaro e per i suoi, le due
giornate del G8 a Genova. Poteva essere il capolinea, per gli autori ed esecutori del
piano dell'ordine pubblico che ancora domenica mattina Silvio Berlusconi ricordava con
intenzione di aver ereditato dal precedente governo. Nelle stesse ore, parlando con i suoi
con negli occhi le prime immagini sul sanguinoso blitz al "Genoa social forum",
un furibondo Claudio Scajola informato alle due e mezzo del mattino di quel che era
accaduto alla "Diaz" diceva: «Io quelli li ammazzo». E al Viminale non è un
mistero che nella stanza del ministro si è discusso a lungo e con foga del perché e del
per come una perquisizione alla ricerca di armi e "tute nere" si sia trasformata
nel macello che ha coperto i pavimenti del centro stampa del sangue documentato da tutti i
telegiornali.
Anche al titolare degli Interni raccontano era stato chiarito che gli agenti diretti in
via Cesare Battisti, sabato notte, avevano istruzioni precise: «Cercate quello che
sappiamo per certo che c'è, e se qualcuno fa resistenza fate in modo che se ne penta».
Dopo di che spiegano gli uomini del ministro Scajola non sapeva della sassaiola contro le
volanti, e nemmeno che «effettivamente resistenza c'è stata, altro che bimbi
addormentati. Ed è inevitabile che al chiuso un corpo a corpo lasci molti più segni che
un scontro di strada».
Sarebbe questo, dicono anche a Forza Italia, il retroscena della brusca virata negli umori
di un Berlusconi prima «glaciale» con Scajola e poi sparato nella difesa del suo ex
responsabile dell'Organizzazione: «Ti sento sereno e questo mi basta», gli ha detto a
sera, mettendo da parte le riserve che avevano riempito una mezza dozzina di telefonate. I
sondaggi Datamedia che ha visto il giorno dopo, verso l'ora di pranzo, lo hanno solo
finito di convincere, scanditi come sono da un generale apprezzamento per polizia e
carabinieri, da un boom di consensi per Ruggiero e guarda un po' per Scajola, e
soprattutto da stime che danno Forza Italia al 35.5 per cento e il centrodestra al 55.6.
Con i Ds in ginocchio, attorno all'11 per cento.
La lobby del Viminale ha convinto Scajola e Scajola ha convinto Berlusconi, è il
riassunto di questa versione dei fatti. E sarebbe bastato questo perché la fibrillazione
per «l'immagine sporcata» del governo venisse sostituita da altre valutazioni, e un
ministro dell'Interno giudicato traballante finisse per diventare «fortissimo», come a
malincuore riconoscono anche i suoi più noti nemici alla corte del Cavaliere. E così
agli Interni la prima reazione è un sorriso divertito, quando fai capire che qualche
conto sembra non tornare. E la seconda è netta: «Che ci crediate o no, non è esistito e
non esiste nessun problema con i responsabili delle polizie. Un loro ricambio non è
all'ordine del giorno. Il che vuol dire, per essere chiari, che non se ne parlerà nemmeno
in autunno...».
A Montecitorio, il giorno dopo la difesa senza crepe del lavoro di polizia e carabinieri
di un ministro degli Interni paternamente sostenuto da Silvio Berlusconi, si raccolgono le
spiegazioni più diverse di quel che davvero è accaduto nell'arco di ore tra la
conferenza stampa del Cavaliere a Genova e la serata spesa in rilassatezza a Roma facendo
da anfitrione a George Bush. Gli uomini di An danno la più semplice: prima a «Porta a
Porta», poi con la visita a questura e comando dei carabinieri all'indomani della morte
di Carlo Giuliani, e con la difesa netta di Scajola affidata a Repubblica, già da sabato
«Fini ha dettato la linea», assicura Andrea Ronchi, il più sicuro interprete del
vicepresidente del Consiglio. Di certo c'è che per le valutazioni di scenario, per le
implicazioni cioè delle scelte di governo, Berlusconi si fida molto del «fedele
Gianfranco», che oltretutto con il ministro degli Interni ha un rapporto saldissimo,
cementato nei giorni della formazione delle candidature della Casa delle Libertà. E un
ministro vicinissimo al Cavaliere fa notare quanto sia «devastante», per l'opposizione
di sinistra, dover scontrarsi con un governo «compattissimo, sul terreno, che per loro è
minato, del giudizio sulle forze dell'ordine».
Ma probabilmente ruota assai di più attorno al ruolo di Scajola, la partita che
rovesciando le regole l'estate si incaricherà quasi certamente di mandare in letargo.
Scajola che passata indenne la bufera G8 da oggi ridarà carte dentro il suo partito,
Scajola che sceglie un basso profilo di comunicazione «mordendosi la lingua, perché cose
da dire sul quel che ho sentito dire nel fine settimana ne avrei avute parecchie»,
Scajola che si accredita con i suoi uomini e con i carabinieri ben aldilà della cerchia
«ereditata dal centrosinistra». E che forse davvero, adesso, pensa di poter giocare
sulla voglia di De Gennaro e C. di restare dove sono a dispetto dei pruriti di An:
«Cambiare adesso i vertici delle polizie sarebbe stato un errore. Ma mi chiedo quando
sussurra Ronchi manderemo chiaro al paese il messaggio che dopo il 13 maggio anche nello
Stato la musica è cambiata...». |