La Repubblica 6 agosto 2001

Fao, Schily bacchetta l'Italia
"Garantire i vertici, uno Stato non deve tirarsi indietro"

LIANA MILELLA


IMPERIA - Si scambiano schietti sorrisi e ferree strette di mano i ministri dell'Interno italiano Claudio Scajola e tedesco Otto Schily. Hanno cenato insieme, sabato sera, sotto la luna di Imperia e nel giardino d'estate di casa Scajola. Hanno appianato «amichevolmente» la controversia sui cittadini tedeschi maltrattati dalla polizia italiana e il ministro di Berlusconi ha promesso che «farà luce sugli eccessi senza riserve». Ma alla fine qualcosa ha turbato tanta cordialità. E' il vertice romano della Fao e l'ipotesi della Farnesina di farlo trasferire altrove che vede uno Schily assai intransigente sulla fermezza dello Stato rispetto a uno Scajola che sposa l'ipotesi del capo del governo.
Dice Schily: «Non dovrebbero essere i manifestanti violenti a condizionare le scelte di un governo e a far modificare le sue decisioni. Non tocca agli estremisti stabilire se si possono svolgere oppure no i summit internazionali. Se fosse così vorrebbe dire che lo Stato è debole». Un'affermazione fatta precedere da una premessa: questo è il parere personale di Schily, ma non va letto come una critica alla linea italiana, tant'è che il ministro aggiunge: «Non entro comunque nel merito di una decisione che spetta al Governo italiano».
Ma è fin troppo evidente che Schily non condivide questa linea politica che potrebbe essere letta come una sorta di cedimento ai manifestanti. Infatti le sue ultime parole sull'argomento suonano così: «Uno Stato non deve mai perdere il monopolio della forza e la legittimità di garantire un vertice». E poi usando l'italiano, che parla bene, con un leggero accento toscano sfoggiato in modo vezzoso: «Bisogna avere pugno di ferro con i manifestanti e mano di velluto con i pacifisti».
Scajola, alla sua seconda conferenza stampa nel giro di due giorni, sembra non raccogliere il messaggio. Nella splendida prefettura di Imperia, che fu un albergo e ora è palazzo del governo e della Provincia insieme, il ministro rispetta il cerimoniale e corre via con Schily che deve tornare in Germania. La sua opinione sulla Fao è rimasta quella del giorno prima. Dopo Genova, nonostante le lunghe trattative con polizia e Gsf, il governo, e Berlusconi in particolare, hanno «forti preoccupazioni»: da un lato perché il fenomeno dei Black blocs non è ancora chiaro, né a livello italiano, né europeo, né tantomeno mondiale, e perché in Italia esisterebbero delle «collusioni tra le violenze degli estremisti e il resto dei manifestanti». E' una tesi che Scajola ha già sostenuto lunedì 23 luglio quando, alla Camera, ha riferito sui fatti di Genova e che poi ha ribadito più volte. Ieri è stato esplicito: «Le violenze arrivano da gruppi di estremisti, da delinquenti, e non sono ascrivibili soltanto alle Tute nere, ma anche ai centri sociali».
E' questa galassia indistinta, questa mancanza di certezze anche investigative, che del resto c'erano anche prima di Genova e ci sono anche negli altri Paesi dov'è passato il turbine della contestazione, che spinge il capo del governo e il presidente del Consiglio a evitare un nuovo appuntamento internazionale pur ben diverso, per partecipanti e temi in discussione, dal G8.
Scajola cerca di coinvolgere l'Europa nella lotta contro la contestazione violenta. E mentre promette a Schily che la «reazione spropositata, ma isolata delle polizie, sarà chiarita fino in fondo come deve avvenire in uno Stato democratico in cui sono puniti eccessi e violenze», tuttavia lancia un appello all'Europa e condivide il progetto tedesco di una forza di agenti europea che sia formata appositamente per contrastare i nuovi contestatori ed abbia a disposizione una banca dati internazionale.
Restano i guai e i turbamenti della polizia italiana e dei suoi vertici sul dopo Genova. Ma di questo Scajola non parla, né tantomeno anticipa novità. Non ha dubbi sulla rimozione di due prefetti (Andreassi e La Barbera) e di un questore (Colucci) allontanati perché «coinvolti nei fatti di Genova al punto da non poter più ricoprire un ruolo delicato e consentire lo svolgimento sereno delle indagini».