Il Manifesto 1 agosto 2001
Due modi di essere bipolari
IDA DOMINIJANNI
" La posta in gioco è il modo d'intendere l'opposizione e di
immaginarsi i prossimi cinque anni", dice il senatore diessino Massimo Villone a
commento della convulsa giornata di palazzo Madama, e ha ragione. Perché i fatti di
Genova radicalizzano in una parte del centrosinistra l'analisi della destra di governo,
dividono al loro interno sia i Ds sia la Margherita, e scompigliano il quadro di un
tranquillo bipolarismo interamente dominato dalla logica dei numeri e dei rapporti di
forza parlamentari: i quali, notoriamente, sono tali da consentire alla maggioranza di
fare quello che vuole, con o senza intese bipartisan con l'Ulivo. Come ci si sta, in un
quadro così, all'opposizione? Ci sono due strade: o usando la tattica parlamentare per
cercare di strappare piccoli spazi di mediazione e contrattazione (vanamente, perché la
maggioranza non è di quelle disposte a concedere alcunché); o sapendo che la partita, in
parlamento, sarà quasi sempre persa in partenza, ma che attestandosi su posizioni nette
si possono incassare dei punti nel paese e far pagare al governo alcuni prezzi politici,
d'immagine e di consenso.
Non si capiscono le divisioni che ieri hanno scosso l'opposizione, a palazzo Madama e non
solo, senza tener conto di questa alternativa, che spiega la frattura fra quanti, nella
lunga riunione dei senatori dell'Ulivo, militavano pro (l'ex presidente del senato Mancino
con la maggioranza della Margherita, l'ala liberal Ds supportata da Bassanini e
Passigli, i socialisti) e quanti contro (i Verdi e il capogruppo Ds Angius) il ritiro
della mozione di sfiducia a Scajola. La motivazione del ritiro, per i primi, consisteva
nel tentativo di strappare in cambio al centrodestra non l'indagine parlamentare - da
tutti giudicata uno strumento insufficiente soprattutto al senato, dove ha ancor meno
poteri che alla camera -, ma la commissione d'inchiesta sui fatti di Genova. Tentativo
vano in verità, dato il fermissimo no della maggioranza a una commissione che potesse
mettere sotto accusa le responsabilità politiche, e non solo "singoli episodi",
della tre giorni genovese. Dunque il ritiro della sfiducia non avrebbe potuto sortire
alcun risultato pratico.
Ma avrebbe in compenso tranquillizzato nell'Ulivo molti animi, preoccupati della curvatura
troppo netta che Genova rischia di imprimere all'opposizione. Troppo ritorno di
"sinistrese", troppa voglia di partito di lotta, troppa contiguità con
Rifondazione, troppi civettamenti con il movimento, temono i Ds per il loro partito;
troppa foga contro un ministro dell'interno, teme l'ex ministro degli interni Mancino;
troppa tentazione di delegittimare politicamente un governo di cui va accettata la
legittimazione elettorale, e troppa divaricazione fra una maggioranza e un'opposizione che
nel bipolarismo, notoriamente, dovrebbero invece tendere a somigliarsi sempre più.
Moderatismi trasversali, che denotano una mentalità consociativa particolarmente radicata
proprio nei più strenui fautori dell'ulivismo bipolarista; e attraversano sia i Ds sia la
Margherita, anch'essa spaccatasi nell'esecutivo di ieri fra la linea dura anti-Scajola di
Castagnetti e Rosi Bindi e quella morbida di Gentiloni e Piscitelli, con Rutelli accusato
da questi ultimi di concedere a sua volta troppo agli alleati di sinistra e perfino a
Rifondazione.
Di contro, a sostegno del mantenimento della mozione contro Scajola ha giocato la
convinzione che sarebbe stato impossibile sostenere un simile cedimento alla tattica
parlamentare di fronte a un'opinione pubblica ormai consapevole degli orrori genovesi. E
l'idea che dopo Genova non c'è nulla da guadagnare e tutto da rimettere da un'opposizione
di sua maestà. Ma non sarà facile mantenere questa barra. Alla camera l'accordo
bipartisan è passato, al senato Scajola incasserà la riconferma della fiducia e la
maggioranza concederà solo l'indagine conoscitiva. L'opposizione avrà battuto un colpo
con la sua opinione pubblica, ma sadicamente da An Nania commenta che la giornata di ieri
avrà i suoi effetti sui giochi attorno alla leadership dei Ds e del centrosinistra, e
forse non ha torto.
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