La Repubblica 27 luglio 2001 La
vergogna di Bolzaneto
Garage Olimpo di riviera
Rabbia tra gli agenti della caserma: "Partiti gli specialisti, qui
restiamo noi"
il racconto
MARCO MAROZZI
GENOVA - E' il giorno della vergogna. «Bolzaneto ormai lo dipingono come un lager. Ma
gli altri se ne sono andati via, noi invece restiamo qui. E siamo noi, per la gente di
fuori, quelli di Bolzaneto, quelli che hanno combinato tutto il casino». Imprecano i
poliziotti della caserma incastrata fra il torrente Polcevera e la collina. Le voci sono
basse, le parole masticate, le frasi interrotte ad ogni arrivo sospetto, ma un'ira
indecisa e impaurita scivola nelle mense e nelle camerate, nel bar e nei viali, negli
hangar e nei piazzali. Una rabbia che se la prende con tutti e non sa con chi prendersela.
«Maledetti quelli là che sono andati in piazza». «Io lo sapevo che finiva così con
tutti i montati spediti da Roma per insegnarci il mestiere».
«Non ti preoccupare, non succederà niente». Nel caffè appena fuori il graduato
rassicura il giovane collega. Cerca di frenarne le domande. «Adesso bisogna aspettare che
passi». Altre divise blu masticano panini e dubbi. La caserma è a dieci metri e non
scotta solo per il sole, non suda solo per un'umidità anomala a Genova.
Bolzaneto ormai significa pestaggi. Chiama la Bbc per avere informazioni, sui giornali
stranieri la caserma del VI Reparto mobile è diventata un Garage Olimpo all'italiana. Ma
ai poliziotti che lavorano lì basta il clima che sentono attorno. «Dai che offro io»
cerca di rincuorarli un operaio con barba e baffi nel bar Boom, che ha una bomba con
miccia fumante in una delle «o» dell'insegna ma è luogo di pace fin irreale.
Gli uomini del Gom, i reparti speciali di guardie carcerarie, se ne sono andati. Sono
rimasti i poliziotti di sempre, sono tornati i tanti che erano stati trasferiti per far
posto agli ospitiRambo. Ma la normalità è gonfia di tensione che non si scarica.
Gli agenti di Bolzaneto masticano amarissimo che la loro caserma sia finita sotto accusa
per una storiaccia che giurano innescata da altri, gli «specialisti» del Gom. «Ma
adesso non raccontino che non c'entrano. Che anche a un bel po' di loro piace picchiare e
che con questo governo si sentono coperti» ride duro un giovanotto che si definisce
«sampdoriano e di sinistra». «E li ho visti all'opera sia allo stadio che in piazza,
con gli operai dell'Ilva».
Qualcuno racconta che Giorgio Gaeta, il comandante della caserma, abbia preso carta e
penna per inviare un rapporto «a chi di dovere». «Un uomo d'onore, all'antica, anche se
duro» lo dipingono i suoi. Ma ogni controllo ufficiale è impossibile, in questa
situazione cupa. L'ordine generale è tacere. Su tutto. Sgarrare è pericolosissimo.
«Rivolgetevi all'ufficio stampa della questura» ripetono i poliziotti al cancello.
«Io ho sentito anche dei botti, come di spari, ogni volta seguiti da urla» racconta un
ragazzo in maglietta grigia che abita in una delle case accanto. Una ragazza, un altro
giovane confermano, ma insistere è inutile. «Cosa vuole da me?» blocca ogni domanda una
voce al citofono della palazzina rossa proprio a fianco della caserma.
Prudenza, paura, necessità di convivere. Alzano appena gli occhi dalle carte gli anziani
al circolo Arci Amici Cremeno, su per la salita a sinistra. Pipe e dialetto strettissimo
per una battuta. La caserma del VI Reparto è un'immensa cittadella ficcata, castello
chiuso, inviolabile, sconosciuto, in mezzo a un'antica frazione. Bolzaneto, vallata di
ponente, fu paese fino agli Anni Trenta, quando nacque la grande Genova. Le fabbriche se
ne sono andate. Il fiume ora quasi in secca divide dalla ferrovia, la stazione è più in
basso, verso il vecchio centro. Colline chiudono la gola. Da una si vede, in basso, la
caserma. Immensa, con palazzine, hangar, piazzali. La palestra che nei giorni neri è
stata tramutata in un carcere, con gabbie e tutto l'armamentario, è in fondo, sotto il
monte. Lontana dalla strada, dalle casette con giardino che si stendono sulle balze, la
strada. «Lì possono fare di tutto che nessuno sente niente» racconta un signore che sta
tagliando i fiori. Capelli bianchi, come la gran maggioranza di questo borgo, rosso di
voto e tradizione, stanco di anni.
La caserma è un corpo estraneo a cui ormai si è fatta l'abitudine. I poliziotti da lì
solitamente partono per l'ordine pubblico allo stadio, quest'anno sono stati loro ad
affrontare gli operai dal futuro ignoto dell'Ilva. Una carica, che pur era sembrata
chissachè, segno di tempi neri. Nulla rispetto a quel che sarebbe successo nel luglio del
G8. |