La Repubblica 6 agosto 2001

Bolzaneto, una sala pestaggi
"Bruciato al petto con l'accendino"

Nuove testimonianze sulle sevizie. Un giovane racconta: un carabiniere ci fece chiudere in cella per proteggerci il caso

MARCO PREVE


GENOVA - Per la magistratura le decine di denunce provenienti da tutta Europa dicono che a Bolzaneto sono stati violati i diritti dell'uomo, che è stata sistematicamente praticata la tortura. Le forze dell'ordine negano.
Sebastian Juneman, 23 anni, tedesco, incensurato, studente di biologia e lavoratore per la chiesa evangelica, arriva a Bolzaneto verso le 22 di sabato 21 luglio. Il suo verbale di interrogatorio è del 24 luglio, ore 13.25, firmato dal gip Maria Tersa Rubini: «Mentre il medico mi visitava un poliziotto ha preso il mio accendino e ha iniziato a bruciarmi i peli del petto».
E' solo una delle sevizie e delle umiliazioni che ha dovuto subire assieme a decine di altri detenuti italiani e stranieri. Ma questa "piccola", gratuita ferocia, commessa all'interno dell'infermeria del carcere, con un medico dell'amministrazione penitenziaria come complice, è forse una delle testimonianze shock che meglio spiegano perchè in procura, per gli orrori della caserma del Reparto Mobile, si stia delineando una particolare strategia di accusa. Quella che potrebbe far scattare una serie di imputazioni le quali, tecnicamente, sono un concorso di vari reati (abuso, lesioni, sevizie, crudeltà), ma che nella società civile si chiamano tortura, parola che non compare nel nostro codice penale.
Ma le bruciature nell'ambulatorio sono solo l'ultima tappa della sua via crucis nel carcere speciale del G8. Nelle ore precedenti Sebastian è stato «costretto a stare girato contro il muro con le mani alzate e mi hanno insultato. Cantavano canzoni ingiuriose e spruzzavano spray urticante».
E mentre Sebastian faceva conoscenza con il sistema carcerario italiano, arrivava in visita a Bolzaneto, per salutare i 300 agenti della penitenziaria (fra i quali alcune squadre delle teste di cuoio del Gom) il ministro di Grazia e Giustizia Roberto Castelli. Ecco come uno dei detenuti, Massimo Spingi, romano, racconta quella visita dopo 16 ore di violenze continuate: «Mezz'ora prima, nel lager, hanno cominciato a gridare arriva il ministro, arriva il ministro. Già ci facevano stare con la faccia al muro perchè avevano paura che li "fotografassimo", che ci ricordassimo i loro volti. Impossibile pensare di guardarlo. Dopo la visita sono tornati i poliziotti che ci hanno ammassati in cella per pestarci e insultarci, costringendoci a cantare canzoni fasciste».
Quando, all'inizio della settimana successiva al G8 emergevano dalle carceri di Alessandria, Pavia e Voghera i primi racconti delle violenze si cominciò a pensare a tanti, isolati episodi di abusi e soprusi. Con il passare delle ore si delineò un quadro di brutale delirio della polizia, della penitenziaria e dei suoi reparti speciali. Ma adesso, man mano che in procura arrivano stralci dei verbali di interrogatorio, denunce, esposti, testimonianze, e soprattutto riscontri. Una delle direzioni in cui si muovono le indagini è verificare se vi sia stato una sorta di neppur troppo tacito consenso da parte di funzionari, dirigenti e comandanti. Se le terribili denunce dei manifestanti arrestati corrispondono al vero - e i giudici ne sembrano convinti -, risulta difficile capire come in tre giorni, con gente pestata in tutti i modi e in tutti i luoghi di quell'area detentiva, i responsabili non si siano accorti di niente, neppure degli abusi commessi in quella che dovrebbe essere una zona franca come l'ambulatorio medico. Eppure nel carcere di Bolzaneto c'erano alti esponenti di tutti i corpi: il comandante del Reparto Mobile Giorgio Gaeta, il vicequestore Alessandro Perugini e Anna poggi per la polizia, il magistrato Alfonso Sabella e i generali Mattiello e Ricci per l'amministrazione penitenziaria, e anche alcuni ufficiali dei carabinieri. Ma nessuno, a stare ai racconti dei detenuti, avrebbe provato a trattenere la furia della truppa.
Una grande salapestaggi, questo è stato per tre giorni Bolzaneto. O per dirla con l'ultima parola del verbale di interrogatorio di Maurizio Gagliastro, 27 anni da Salerno: «Ci hanno portato alla Fiera dove ci hanno picchiato, e poi a Bolzaneto, dove ci hanno ancora picchiato e dove è stato un inferno».