Corriere della sera 25 luglio 2001
Maroni caccia Agnoletto dalla consulta antidroga

«Non discuto i suoi titoli, ma ci ritiene delegittimati». La replica: solo sotto il fascismo si faceva così

ROMA - «Non ha avuto il buon gusto di dimettersi dopo le incredibili e insopportabili dichiarazioni a Genova, provvederò io». Il ministro del Welfare Roberto Maroni spiega così la revoca del rapporto di consulenza che il suo ministero intrattiene con Vittorio Agnoletto, portavoce e leader del Genoa Social Forum. Agnoletto è uno dei 70 membri della Consulta degli esperti per le tossicodipendenze, un organo tecnico creato due anni fa dal ministro Livia Turco. Nel futuro non ne farà più parte: «Ha dichiarato che il governo aveva commesso gravi illegalità. Sarò costretto - dice Maroni - a privarmi di cotanto personaggio per sostituirlo con chi opera quotidianamente nel settore». Poche parole, poche valutazioni tecniche sulle competenze di Agnoletto in tema di droga, espliciti riferimenti al ruolo di leader del movimento antiglobal. Maroni inquadra così la rimozione di Agnoletto da consulente ministeriale. Tanto basta per creare un caso politico. L’opposizione grida allo scandalo. Denuncia che il provvedimento è solo una ritorsione, un atto inaudito perché si valuta politicamente un consulente chiamato a collaborare con il ministero solo per le sue competenze tecniche. Con una nota, nel pomeriggio, Maroni spiega meglio: «Mai messo in dubbio i titoli di Agnoletto, ma mi pare che le sue posizioni rendano impossibile la continuazione della sua attività di governo nella definizione delle politiche di contrasto alla droga. Politiche che si attuano anche con l'azione di quelle forze dell'ordine che Agnoletto ha ripetutamente accusato. Lo ho voluto togliere dall'imbarazzo di vedersi costretto a continuare una collaborazione con un governo che egli stesso ritiene delegittimato». Il caso, però, resta.
Il centrosinistra insorge. Agnoletto si difende e contrattacca: «Mi auguro che quella di Maroni sia una boutade dovuta alla calura estiva. Viceversa tale atto sarebbe gravissimo e senza precedenti. La Commissione sulle tossicodipendenze è composta da esperti scientifici nel campo della tossicodipendenza. Non è mai stato chiesto da alcun governo come condizione per far parte di questa commissione identità di vedute con l'esecutivo in carica. Solo nel Ventennio le commissioni scientifiche erano formate sulla base delle convinzioni politiche».
L’ex ministro per la Solidarietà sociale (settore inglobato ora nel neonato ministero del Welfare), Livia Turco, parla di «discriminazione politica che nulla ha a che fare con la lotta alla droga». Spiega: «Si possono anche non condividere le opinioni di Agnoletto ma gli organismi consultivi devono essere composti da persone che hanno competenze. Forse Maroni non è ancora completamente addentro alla materia, ma dovrebbe sapere che Agnoletto ha una grande esperienza riconosciuta da tutto il mondo proprio nella lotta alla droga». Una difesa cui si associa tutto l’Ulivo. Giuseppe Fioroni, della Margherita, giudica la revoca «un’epurazione». Rosy Bindi parla di «vera e propria ritorsione». Giudizi che ritornano con accenti diversi nelle parole di altri esponenti dell’opposizione: «E’ una canagliata degna di un regime autoritario», attacca Alfio Nicotra di Rifondazione Comunista.

Marco Galluzzo