La Repubblica 1 agosto 2001

Si vota la sfiducia a Scajola
alla Camera indagine sul G8

BARBARA JERKOV


ROMA - Il Senato vota la mozione di sfiducia presentata dall'Ulivo contro il ministro dell'Interno anticipandola a oggi, ma sarà la Camera a dare il via libera sempre oggi all'indagine parlamentare sui fatti di Genova. Mediazione riuscita a metà, dunque, perché una clamorosa spaccatura dell'Ulivo fra deputati e senatori fino all'ultimo istante ha rischiato di mandare all'aria l'intesa per la quale si sono spese in questi giorni le massime cariche istituzionali.
La giornata si apre con una riunione dei capigruppo dell'Ulivo di Camera e Senato. L'orientamento che ne esce è quello di accettare la mediazione formulata l'altro giorno dal presidente della Camera: anticipare il voto sulla sfiducia a Scajola e poi via libera a un'indagine parlamentare bicamerale. Nel primo pomeriggio si riuniscono tutti i senatori dell'Ulivo. E la linea che prevale all'unanimità va in tutt'altra direzione: l'indagine parlamentare serve a poco, dicono, serve una commissione d'inchiesta vera e propria. Anche l'ex premier Amato firma la proposta di legge. «Chiederemo al governo e alla maggioranza di inserirla con urgenza nel calendario dei lavori del Senato», annuncia il presidente dei senatori Ds, Angius. La mozione di sfiducia? Secondo Angius, «passa in secondo piano». La verità è che i senatori del centrosinistra hanno discusso a lungo sul da farsi, senza però trovare un accordo: quasi unanime la Margherita per il ritiro, favorevole anche parte dei Ds, assolutamente contrari i Verdi. Da una parte Mancino, Morando, Del Turco, Bassanini; dall'altra Boco, Villone, Vitali. Meglio glissare.
L'arroccamento dei colleghi senatori sorprende e irrita non poco gli ulivisti alla Camera. «Ma come, prima Angius viene in capigruppo a dirci che personalmente non condivide la mediazione, ma si adegua, e poi scatena tutta quest'iradiddio?», tuona uno. «E' tutto un regolamento di conti fra lui e Violante», accusano altri.
Casini moltiplica gli sforzi diplomatici. «In politica il compromesso, alla fine, diventa la strada per la soluzione dei problemi, se questi si vogliono risolvere», ammonisce, approfittando della cerimonia del Ventaglio per lanciare un ulteriore appello al dialogo. «La verità non è e non può essere di una sola parte politica, è di tutti, è del Parlamento, è dei cittadini».
Ore 16: si riuniscono i capigruppo del Senato. L'Ulivo resta fermo sulla commissione d'inchiesta. Il ministro Giovanardi però formalizza la richiesta del governo per anticipare a oggi il voto sulla mozione già previsto per venerdì. A quel punto, la decisione è presa: si vota oggi. Nella Casa delle libertà, infatti, comincia a farsi spazio l'idea di approfittarne per spaccare l'opposizione, votando venerdì l'indagine parlamentare e mettendo così i "falchi" dell'opposizione di fronte a una decisione effettivamente difficile. Dire no all'indagine per sostenere un'inchiesta che probabilmente non si farà... Il capogruppo di Forza Italia, Schifani, sorride: «Intanto votiamo la mozione, poi, un minuto dopo, ci porremo l'esigenza di fare chiarezza sui fatti di Genova». Appunto.
Ore 18, si riuniscono anche i capigruppo della Camera. Di fronte alla decisione di anticipare il voto sulla sfiducia in Senato, Casini ripropone l'indagine parlamentare. La commissione Affari costituzionali è avvertita, spiega, e potrebbe votarla già questo pomeriggio «un minuto dopo la rinnovata fiducia a Scajola». Tutti d'accordo, stavolta: Ds, Margherita e perfino Rifondazione comunista (pur ribadendo, per carità, che preferirebbero l'inchiesta). L'indagine durerà un mese, la presiederà lo stesso presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio (il forzista Bruno), mentre il relatore sarà dell'opposizione. Si lavorerà per tutto agosto: la relazione conclusiva è attesa per metà settembre. Solo a quel punto, eventualmente, l'Ulivo di Montecitorio si riserva di promuovere una commissione d'inchiesta come fatto invece oggi a palazzo Madama.
E il Senato? A sera, Angius commenta gelido: «E' un fatto positivo, ma noi in Senato ritenevamo di seguire una strada diversa. Dicendo di no alla commissione d'inchiesta, governo e maggioranza si sono assunti una grave responsabilità». Violante non cede di un millimetro: «Siamo soddisfatti», dice, «con il nostro impegno l'Italia può cominciare a sapere».