Il Manifesto 1 agosto 2001

 

Genova vista dall'Europa e dalle sbarre delle carceri
Alcune denunce arriveranno sul tavolo della Corte di Strasburgo. Intanto si aggrava la situazione nei penitenziari italiani
CINZIA GUBBINI - ROMA

"Abbiamo raccolto molte testimonianze sulla perquisizione alla scuola Diaz/Pertini la notte del 21 luglio. Testimonianze preoccupanti che ho trasmesso al Comitato europeo per la prevenzione delle torture". A parlare è Mauro Palma, membro italiano del Comitato europeo che si occupa di monitorare i maltrattamenti e la lesione dei fondamentali diritti dell'uomo e che ieri è intervenuto alla conferenza stampa organizzata da Antigone. Il Comitato è un organo sovranazionale molto importante, che però agisce principalmente tramite procedure riservate. Solo raramente emette dichiarazioni pubbliche, e questo accade quando il Comitato ravvisa una non volontà da parte dello stato di intervenire sui casi oggetto di indagine.
Comunque è assai significativo che il Comitato si sia attivato sui fatti di Genova, il che fa comprendere la gravità delle violazioni, o dei "sospetti" di violazione dei diritti fondamentali della persona che dir si voglia. E non si tratta soltanto dei pestaggi, ma anche di comportamenti apparentemente secondari che invece andrebbero denunciati con forza. E a Genova gli esempi pullulano: "Chi ha in custodia una persona è garante dei suoi diritti", ha ricordato Palma, citando tre fondamentali "mancanze" ripetutamente verificatesi a Genova nei confronti delle persone fermate: nessuna informazione a una persona terza (ci sono esempi di consoli che hanno atteso ore di fronte alle questure per strappare i nomi dei fermati), in alcuni casi omissione delle cure mediche e dei referti e mancato accesso alla difesa legale. Tutte violazioni che, in Italia, non sono perseguibili penalmente, perché fanno parte delle prescrizioni interne alla amministrazione penitenziaria.
Non a caso sarà su questi tipi di denunce che si cercherà al più presto di adire alla Corte di Strasburgo per i diritti dell'uomo. Per tutte le altre violazioni di cui si sono macchiate le forze dell'ordine a Genova, infatti, bisognerà attendere l'espletamento delle vie giudiziarie italiane prima di poter ricorrere a Strasburgo, cioè chissà quando. Intanto l'associazione Antigone si è impegnata a stilare un dossier sui fatti di Genova e a catalogare le diverse denunce, per capire quali possano arrivare direttamente sul tavolo dei giudici della Corte europea.
Ma l'associazione interviene sui fatti di Genova anche riportando l'attenzione sulla situazione delle carceri in Italia. I numeri snocciolati da Stefano Anastasia, presidente di Antigone, fanno venire i brividi: "La crescita dei numeri dei detenuti in Italia è esponenziale - denuncia Anastasia - il numero al 31 maggio era di 55.383, a fronte di un limite di tolerabilità di 47.914 persone. Nell'area del Consiglio d'Europa il sovraffollamento risulta più grave solo in Grecia, Ungheria e Romania". E non si ferma qui, attaccando frontalmente il neo ministro di Grazia e giustizia Castelli, che pochi giorni fa ha spiegato la politica penale che ha in mente: revisione del codice penale minorile, costruzione di nuove carceri (22) e lavoro coatto per i detenuti. "Se questa è l'idea del ministro, si spiega meglio che cosa è accaduto a Genova. Il fatto è che nei confronti delle persone private della libertà si afferma una cultura di violenza, come violento è imporre un lavoro ai detenuti". Per non parlare della cultura del "corpo nei corpi" che sta dilagando nella polizia penitenziaria da quando furono creati i famigerati Gom (di cui Antigone chiede da tempo lo sciglimento). "Dovevano occuparsi della traduzione dei detenuti accusati di reati di mafia, e mano mano stanno espletando funzioni sempre più ampie", ricorda Mario Palma. Come quando, nel '98, gestirono la violentissima perquisizione nel carcere Opera di Milano.
E qui sorge una domanda semplice semplice: che cosa ci facevano i Gom nelle caserme genovesi durante il controvertice? Si temeva forse l'infiltrazione di pericolosi mafiosi? Ovviamente no, e quindi il solo fatto di avere inviato il corpo speciale nel capoluogo ligure esige una spiegazione.
E molte altre sono le domande semplici semplici a cui nessuno sembra voler rispondere. Per esempio, che fine hanno fatto i file degli avvocati spariti la notte del blitz nella scuola Diaz? I poliziotti smontarono i computer, ma il sequestro non appare nei verbali. Per non parlare degli scomparsi, all'appello mancano ancora una cittadina austriaca (che forse è nel carcere di Voghera) e due cittadini statunitensi.