Corriere della sera 2 agosto 2001
SOSPETTI / An: intercettata conversazione con gli anti-global. Mantovani: sapevo di un ariete di cartapesta

E il deputato al telefono chiese: dove è finita la catapulta?

La trascrizione del colloquio sarebbe finita tra gli atti della Procura di Genova

ROMA - L’accusa mossa dal centrodestra ha diversi capi di imputazione. Una fetta cospicua della sinistra parlamentare, estrema e non, avrebbe favorito «un brodo di cultura di nuovi terrorismi». Comportamenti e omissioni avrebbero contribuito a non isolare la violenza, offerto «solidarietà a noti estremisti», cavalcato una protesta che accoglie frange di delinquenti. Sin qui l’accusa politica. Quella che Rifondazione e Verdi, i due partiti che hanno offerto più parlamentari alle manifestazioni antiglobal, bollano come «una mascalzonata tesa a criminalizzare tutto il dissenso, anche quello pacifico». Nelle parole di Ramon Mantovani «un ambiguo e falso tentativo di scambiare la disubbidienza civile con la violenza». L’esponente di Rifondazione in quei giorni era a Genova fra coloro che avevano dichiarato di voler violare la zona rossa: «Ma come tutti possono testimoniare senza l’uso di armi».
Le parole del vicepresidente del Consiglio sono però un salto di qualità. Dall’accusa politica si passa al sospetto di «collusione di qualche collega parlamentare». Uno scenario in cui il collega non è più il politico che può avere sbagliato sposando alcune tesi, ma colui che potrebbe essere «organico» alla violenza, fiancheggiatore o istigatore di scontri. Fini parla di «collusione» e aggiunge: «La magistratura sta accertando una verità che molto probabilmente non sarà gradita». Una dichiarazione che offre più di una sponda alle voci che corrono proprio dentro An. Dentro il partito di Fini fa infatti capolino da alcuni giorni la voce di un’intercettazione ambientale agli atti della Procura di Genova, ma non ancora sfociata in un’indagine. La voce racconta di una telefonata fra uno dei leader del movimento antiglobal e un parlamentare.
Durante la conversazione il politico pone alcune domande che dimostrerebbero appunto una sorta di «collusione»: «Allora, quando violate la zona rossa? Dov’è andata a finire sta cavolo di catapulta?». L’onorevole riceve risposte interlocutorie, sulla catapulta che dovrebbe servire a sfondare le recinzioni gli viene risposto che «alcune difficoltà» logistiche non ne permettono l’impiego.
Voci che per il momento rimangono tali. Ma su un punto, in Parlamento, arriva una conferma: «Mi risulta che il corteo delle Tute bianche - dice Ramon Mantovani - volesse costruire una testa di ariete, ma solo come rappresentazione scenografica di un assedio medioevale. Sarebbe stata di cartapesta, non mi risulta che sia stata usata». Ariete o catapulta che sia, c’è una traccia in più.
M.Gal.