La Stampa 4 agosto 2001

 

Ciampi: piena fiducia nelle forze dell’ordine
Sabato 4 Agosto 2001

Dopo un lungo incontro con Scajola
Aldo Cazzullo
ROMA «Piena fiducia del Paese nelle forze dell’ordine della Repubblica».
Carlo Azeglio Ciampi aveva avuto parole di riconoscimento per il lavoro di polizia e carabinieri già al momento di lasciare Genova, la mattina di sabato 21 luglio. Poi aveva seguito con preoccupazione crescente le testimonianze pubblicate dai quotidiani sui pestaggi in caserma e le immagini televisive della perquisizione alla scuola Diaz. Aveva fatto pressioni su maggioranza e opposizione per attenuare le radicalità e favorire, attraverso la mediazione dei presidenti delle due Camere, il varo di una commissione di indagine. E aveva chiesto pubblicamente di «fare piena luce» sui fatti di Genova. Ieri mattina, ha compiuto un altro passo. La «fiducia nelle forze dell’ordine» non è mai stata in discussione per Ciampi. Lunedì scorso non aveva ritenuto necessario esplicitare quel che era sottinteso. Ma l’impatto delle decisioni del governo l’ha indotto a ribadire quel che sente e quel che avverte nel Paese. A compiere un passo che non contraddice la linea tenuta finora, anzi è finalizzato allo stesso obiettivo, stemperare la tensione, ristabilire un clima di serenità e di fiducia nel paese, nella polizia, in Parlamento.
L’ha soppesato già giovedì sera, questo passo, dopo che il ministro dell’Interno Claudio Scajola gli aveva telefonato per avvertirlo delle decisioni del governo: via il numero 2 e 3 della polizia, uomini che Ciampi conosceva bene, con cui teneva regolarmente contatti, via il questore di Genova. Decisioni dolorose. Il Presidente della Repubblica ha tenuto anche l’altra sera la sua linea: non entrare nel merito. Non prendere partito, non pronunciarsi in difesa o in accusa di nessuno. Ma ha compreso la gravità del momento. «Riparliamone domattina», ha detto a Scajola. Ieri, alle 7, ha letto i giornali. Ha preso qualche appunto. E ha deciso. Quando, alle 9, Scajola è entrato nello studio del Capo dello Stato alla palazzina del Quirinale, Ciampi aveva già in mente il comunicato che distingue le responsabilità dei «singoli» dalle forze dell’ordine nel loro complesso. Il ministro è rimasto dal Presidente un’ora e venti. Gli ha spiegato che, nelle intenzioni del governo, la mannaia non è stata calata per punire presunti colpevoli prima della conclusione dell’inchiesta, ma per facilitare il lavoro dei magistrati (e anche, com’è sottinteso, per disinnescare il possibile muro contro muro con l’opposizione in Parlamento). Scajola ha potuto leggere la nota del Quirinale, ne ha colto il segnale di pacificazione, ne ha apprezzato il segnale alle forze dell’ordine, considerandolo quanto mai utile anche per il proprio lavoro, per non perdere il legame con le burocrazie della sicurezza, per far decantare la rabbia di cui ha avuto sentore. Non è un caso che poco dopo il Viminale abbia a sua volta diffuso un comunicato sulla stessa lunghezza d’onda.
Ciampi ha «ringraziato il ministro Scajola per la tempestiva informazione; e, nel prendere atto delle decisioni adottate, ha confermato (pur nell’attesa di conclusivi accertamenti da parte di Parlamento, governo e magistratura sui comportamenti dei singoli) la fiducia del paese nelle forze dell’ordine della Repubblica». Poche parole, che riassumono la linea del Quirinale sui fatti di Genova. A proposito della caduta dei vertici della polizia, Ciampi parla di «informazione», non di consultazione, e di «presa d’atto». Conferma cioè di aver evitato di entrare nel merito, e di non intendere farlo. Rispetto a lunedì c’è un fatto nuovo, che il Presidente riconosce: oltre alla procura di Genova e agli ispettori del Viminale, ora, in seguito anche alle sollecitazioni del «Quirinale silente ma non assente» - formula destinata a diventare la metafora di questo inizio di settennato -, anche il Parlamento è al lavoro. Le responsabilità dei singoli vanno accertate e punite; gli italiani attendono la verità. Ma non per questo hanno perso la fiducia negli agenti impegnati a garantirne la sicurezza. E’ quel che scriverà più tardi anche Scajola, spingendosi un po’ oltre. Il Viminale ricorda che «le forze dell’ordine sono state chiamate a svolgere un compito difficile», e l’hanno fatto con «altissima professionalità, meritando l’apprezzamento e la riconoscenza del governo e dei cittadini». E poi: «Comportamenti scorretti ed eccessivi che saranno eventualmente accertati saranno sanzionati con rigore e non potranno in ogni caso far venire meno la fiducia nelle forze dell’ordine». Scrive proprio così Scajola, «scorretti ed eccessivi»; aggettivi diversi da quel «non consoni» pronunciato mercoledì scorso uscendo dal Senato.