La Stampa 2 agosto 2001
Fini accusa la sinistra: collusioni con i violenti
Giovedì 2 Agosto 2001

«Spero non venga fuori che qualche collega ha coperto le Tute nere»
Maria Teresa Meli
ROMA E’ Gianfranco Fini a rappresentare il governo nel dibattito sulla mozione di sfiducia. E’ il vice presidente del Consiglio a prendere la parola nell’aula del Senato, con un discorso a braccio, in cui non concede nulla alle opposizioni, anzi imposta una partita tutta all’attacco: risponde a D’Alema, che ha evocato il pericolo cileno, ribadisce che il governo non ha paura degli esiti dell’indagine parlamentare, perchè semmai dovranno essere altri a preoccuparsi, e lascia intendere che potrebbero venir fuori le prove che qualche parlamentare ha coperto i black block. «Dio non voglia - è il suo ammonimento - che dalle indagini non emerga che le responsabilità di collusione e protezione dei black block siano anche di qualche collega che siede sui banchi del parlamento». E’ un intervento, quello di Fini, che rappresenta un segnale inequivocabile. I ds intendono puntare l’indice contro Alleanza nazionale, per i fatti di Genova? Di più: la Quercia - questo, almeno, è quello che si pensa nella Casa delle Libertà - vuole l’indagine perchè intende colpire An? Bene, a parlare per conto e per nome dell’esecutivo è proprio il presidente di Alleanza nazionale. Un modo per far capire chiaramente che la maggioranza è compatta, che Berlusconi sta con Fini.
Il vice premier apre il suo intervento dando «pieno sostegno» al ministro dell’Interno. E poi continua, ribattendo punto per punto alle accuse che in questi giorni sono state rivolte all’esecutivo, che «non ha nulla da temere dall’accertamento della verità». Quindi replica a D’Alema. Il vice premier non lo nomina, ma che si riferisca a lui è lampante: «Di fronte a quelle che furono chiamate le dichiarazioni di guerra di alcuni leader del movimento antagonista, presentate agli italiani dalla televisione pubblica - sottolinea Fini - va detto che, se c’è un regime cileno, non si utilizza la tv di Stato per dichiarare guerra allo Stato. Nessuno ha il diritto di pensare che vi siano soppressioni della libertà». Quindi, ironico, il vice premier ricorda i tre miliardi che il governo stanziò per le manifestazioni del Genoa Social Forum, e osserva: «Non sentii all’epoca alcun timore circa derive argentine o cilene».
Va avanti nel suo atto d’accusa, Fini, e non lo fermano i mormorii provenienti dai banchi ds. Anzi, il presidente di An invia all’indirizzo della Quercia nuove critiche: «Non ricordo - afferma - dichiarazioni polemiche da parte di esponenti della sinistra nei confronti di chi diceva: "Andremo a Genova per scatenare la guerriglia, per invadere la zona rossa"». Poi il vice premier si rivolge direttamente al capogruppo diessino Gavino Angius: «La magistratura - gli dice - sta accertando una verità che molto probabilmente non sarà gradita». Quanto ai "desaparecidos", chi ne ha parlato «ha offeso il decoro internazionale dell’Italia», ed «è contrario alla pubblica intelligenza, non alla pubblica decenza, ipotizzare che in Italia possa scomparire qualcuno». E’ questo punto, però, che Fini sferra l’attacco più duro. Parte denunciando le complicità tra il movimento e le tute nere e finisce con l’allusione che le connivenze abbiano potuto riguardare alcuni parlamentari. «Come si fa a negare - osserva il vice premier - che all’interno della massa dei partecipanti alle manifestazioni c’era quello che in altri tempi avremmo chiamato il brodo di cultura dell’eversione?». E allora occorre accertare la verità, «e fare luce - sottolinea Fini - significa pure chiarire non solo chi ha finanziato certi viaggi, ma anche in cosa consista la rete logistica, di protezione, di collusione e di complicità di cui godono, all’interno del movimento e di certe frange dell’ultra sinistra, i black block. E Dio non voglia che dalle indagini e dalle commissioni non emerga che le responsabilità di collusione, protezione e copertura non sono soltanto di gruppi extraparlmantari, ma anche di qualche collega che siede sui banchi del Parlamento».
Parla così Fini, e scatena le ire di Rifondazione. Appena alla Camera giunge l’eco di quell’intervento, gli esponenti del partito di Bertinotti reagiscono. «Quando parla dei parlamentari collusi con i violenti - osserva il capogruppo del prc Franco Giordano - intende forse riferirsi a noi che manifestavamo pacificamente? Se è così è un messaggio mafioso. Il vice presidente del Consiglio, a questo punto, deve fare nomi. E deve pure dire se siamo stati illegalmente intercettati, perchè a questo punto è legittimo sospettare che ci siano state delle intercettazioni telefoniche». E anche il ds Angius replica a questo passaggio del discorso del vice premier: «Fini - è l’ammonimento dell’esponente della Quercia - faccia i nomi, o taccia».