La Repubblica 30 luglio 2001

Rapporto Genova a Scajola
agentiGsf, confronto dai pm

sì alla commissione

MARCO PREVE


genova - Mentre i "suoi" poliziotti potrebbero essere presto sottoposti ad un faccia a faccia di gruppo con i manifestanti malmenati, oggi pomeriggio il ministro degli Interni Claudio Scajola si dedicherà alla lettura del libro nero del G8. Quello scritto dai suoi tre ispettori - Giuseppe Micalizio, Salvatore Montanaro e Lorenzo Ceternig - che per far luce su quanto accaduto sull'irruzione alla scuola Diaz e sulle violenze alla caserma di Bolzaneto, ma anche per scoprire se vi furono delle falle nel piano generale di prevenzione (basti pensare all'incontrastato raid devastatore di mille Black Bloc del venerdì, con assalto al carcere di Marassi), nei giorni scorsi hanno interrogato una ventina di funzionari di polizia romani e genovesi, tra i quali pure due investigatori del calibro di Arnaldo La Barbera, capo dell'antiterrorismo e di Franco Gratteri, direttore dello Sco. Ma queste sono ore importanti anche sull'altro fronte.
Gli avvocati delle decine di manifestanti arrestati, picchiati e scarcerati, affilano le armi. E preparano due colpi a sorpresa sotto forma di incidente probatorio. Il primo è un faccia a faccia tra i 93 fermati nel blitz notturno di sabato 21 luglio e i poliziotti, ufficiali e celerini semplici, che li arrestarono. Il secondo sarà un angosciante ritorno, sempre per i ragazzi della Diaz, nell'edificio di via Cesare Battisti. Dovranno ricordare i punti esatti in cui si trovavano al momento dell'irruzione della polizia, e fornire un resoconto dei fatti indicando luoghi, spostamenti e percorsi.
«Non sarà facile - spiega l'avvocato Andrea Sandra, che coordina un pool di giovani e agguerriti colleghi -, visto che parecchi sono stranieri e sono usciti traumatizzati da questa vicenda. Ma molti hanno già fatto sapere indirettamente o attraverso dei legali, che vogliono esserci. E il confronto e la ricostruzione saranno due momenti decisivi per provare a individuare le responsabilità dei singoli».
La sete di giustizia, sembra animare in queste ore molti stranieri usciti con le ossa rotte dal G8 ligure. «Siamo già a una dozzina di denunce raccolte - spiega l'avvocato Lavinia Botto che coordina la raccolta delle querele - e telefonano tantissime persone per testimoniare o fornire foto e video degli abusi delle forze dell'ordine. Stiamo scremando il materiale per evitare le "bufale". E alcuni di noi stanno concentrando le ricerche sui siti internet, in cui c'è tantissimo materiale».
E proprio sul web sta per nascere un capitolo dedicato ai soprusi avvenuti nella sede del Reparto Mobile di Bolzaneto. Un'associazione tedesca ha già preparato il sito "gbolzaneto.de" che sarà attivo fra qualche giorno. E la caserma diventata il carcere del G8 è al centro anche di un caso sul quale la magistratura sarà obbligata a pronunciarsi. Riguarda quel vuoto di ore, a volte anche 24, in cui, secondo i legali del Gsf decine di arrestati sarebbero stati privati dei loro diritti. «Il problema è sull'interpretazione di un provvedimento della procura - spiegano gli avvocati -. Autorizzava un differimento per il colloquio tra fermato e il suo difensore, per il tempo necessario all'immatricolazione. Ma mentre sarebbero bastate un paio d'ore, è accaduto che ci sia stato impedito di vedere i clienti anche per 23,24 ore».
Anche il pool legale del Gsf (affiancato da qualche nome eccellente sia del foro genovese che di altre città italiane, ad esempio Ezio Menzione e Luigi Vanni)sta cercando di scoprire chi, all'interno della caserma della celere si rese responsabile delle violenze fisiche e psicologiche. Con il passare delle ore si fa sempre più evidente lo scaricabarile tra la penitenziaria e la polizia. Ma alcuni educatori carcerari avrebbero raccontato al Gsf che l'ormai tristemente celebre filastrocca dedicata a Pinochet, che i detenuti hanno detto esser stati costretti a cantare, sarebbe già risuonata in altri istituti di pena.