Manifesto 24 luglio 2001 Genova
continua a Roma
"Ero a Genova, oggi sono qui". In
oltre duemila al sit in di protesta di fronte al parlamento dove il ministro Scajola
riferiva sui fatti del G8
IAIA VANTAGGIATO - ROMA
Lrisposta sarà la piazza. E la piazza ha risposto. Sono arrivati alla
spicciolata, ieri, di fronte a Palazzo Chigi. E sono solo le 15,30 quando Emanuele e
Fabricio vengono fermati - in mezzo ai turisti che aspettano Bush in via del Corso - e
portati in questura. "No, le mani addosso non ce le hanno messe ma gli insulti,
quelli, sì". Non si fa fatica a credere loro quando - al grido di "Assassini,
assassini," - uno dei poliziotti comincia a ballare, portando - peraltro malamente -
il ritmo. Sorride, e ci guarda. Ma la provocazione finisce in una bolla di sapone.
Divertiti pure se non capisci, pare dire una folla che si fa sempre più numerosa. Hanno
intrappolato anche te, e scomodare il Pasolini di Valle Giulia ci sembra eccessivo.
Ma una cosa è chiara: non ci saranno più - dopo Genova, dopo l'inutile morte di Carlo
Giuliani, dopo i lacrimogeni sparati su una folla attonita e inerme, dopo le cariche
lanciate contro una manifestazione ormai disciolata - pezzi di "costume" sulle
manifestazioni. Grazie Scajola, verrebbe da dire: il movimento è qui, unito più che mai,
numeroso più che mai, arrabbiato più che mai. Le bandiere rosse sono listate a lutto e a
lutto sono listate le braccia di tanti compagni e compagne. Più di duemila e la folla
continua a crescere. Qualcuno piange, qualcuno si stupisce - "guarda c'è pure mio
figlio" - una donna di Rifondazione non più giovanissima dice, "ero a Genova,
sono qua, domani sarò di nuovo in piazza".
Si alternano gli interventi durante il sit-in, prima a via del Corso - "rimaniamo
qui, siamo più visibili" - poi di fronte a Montecitorio. Rifondazione comunista
preme per spostarsi nel piccolo anfratto di fronte a via della Guglia. E alla fine si
spostano tutti. Inutile spezzarci, hanno provato a farlo anche a Genova. "Venite con
noi, da questa parte - grida qualcuno ai carabienieri - I vostri figli saranno con noi
domani". Ovunque striscioni, del Corto di Roma, degli studenti e delle studenti
universitari: e tutti concordano, "Bianco, Scajola, governo di assassini". Poi
bandiere: Rifondazione, Cobas, Rdb, Democrazia popolare. Dove sono i Ds, nessuno più se
lo domanda. Meglio che spariscano una volta per tutte. E un cartello - parato di fronte
alle forze dell'ordine - recita: "Circondati dai dimostranti che tiravano sassi gli
agenti furono costretti a sparare per legittima difesa". Firmato Tambroni, in
parlamento, dopo la strage di Reggio Emilia. Era il luglio del 1960. E ancora:
"Quando vidi il manganello accanirsi sui tasti della macchina da scrivere e sulle
corde della chitarra, allora compresi ccos'era il fascismo". Scritta anonima,
comparsa sui muri dello stadio di Santiago del Cile. Era il settembre del 1973. "Sono
un compagno ecuaderegno", grida dal microfono qualcuno. "Benvenuto a casa"
urlano i compagni. "E a casa, infatti, mi sembra di stare - risponde - Ma se il G8
lavora contro di noi per 365 giorni all'anno, anche noi per 365 giorni dobbiamo
lavorare".
E tornano slogan dimenticati: non più la disoccupazione ma la globalizzazione vi ha dato
un bel mestiere. Insiste un compagno, "vieni da questa parte, puoi capirlo anche
tu". Come fa a capirlo?, gli chiediamo. "Lo vedi come sta, sta male". E ti
torna in mente un militare di leva - che, pure, va detto tutti i mezzi aveva per fare
obiezione di coscienza - mandato a fronteggiare scontri fomentati da un ministro degli
interni rintanato dentro Palazzo Chigi. Tace, a un certo punto, il microfono e una voce si
leva: un brivido sulla schiena. Cittadini, italiani. La voce è quella di Scajola che -
clonato - pare Berlusconi. Mi consenta - sembra dover dire da un momento all'altro e mi
consenta dice. Agli scagnozzi, ai baciapile, ai fascisti che abitano il palazzo. Il
balcone di piazza Venezia non è lontano ma più vicino - da questa postazione - sembra.
L'ordine prima di tutto, il nostro ringraziamento alle forze armate e le nostre scuse alla
popolazione genovese. Che invece era lì, caro ministro al tuo primo incarico, a
rifornirci d'acqua e di docce. Uomini e donne che hanno fatto la resistenzea e che contro
i fascisti sanno ancora cosa fare. S'alza la voce di Scajola e, veramente, ti sembra
Mussolini.
Ma al clone berlusconiano - la voce ministro, ci consenta, è uguale - non resta
che dire grazie. Avete sbagliato il tiro - non metaforico perché sul serio avete sparato
- e noi l'abbiamo raccolto. L'estate sarà calda e l'autunno caldissimo |