La Stampa

 

La relazione di servizio di Canterini contrasta con la versione dei fatti spiegata da lui e dai suoi
Sabato 4 Agosto 2001

Spunta una «doppia verità» sul blitz nella scuola Diaz

GENOVA
Violenza e lesioni sono le ipotesi di reato nell’inchiesta della magistratura genovese sull’irruzione nella scuola Diaz. Ma gli accertamenti dei pm potrebbero rivelare anche altro, come la falsa testimonianza, o il falso ideologico? Il procuratore aggiunto Giancarlo Pellegrino, che erediterà dalla prossima settimana l’intero coordinamento del lavoro, dichiara: «Per ora non ci sono indagati».
Qualcuno, però, ha già fornito una doppia verità sui fatti di via Battisti, due versioni contraddittorie. E’ il caso del comandante del primo reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini. La sua relazione di servizio redatta in un primo momento e acquisita per l’inchiesta amministrativa del superispettore Pippo Micalizio contrasta con la versione dei fatti poi raccontata ai magistrati genovesi, corredata da relazioni di servizio degli agenti del suo reparto.
Secondo l’ultimo racconto, quando gli uomini del reparto mobile entrarono nella scuola, avrebbero trovato all’interno personaggi travisati in divisa atlantica e agenti in borghese con la pettorina blu recante la scritta «polizia» che stavano picchiando selvaggiamente giovani inermi. Addirittura sarebbe stato proprio un agente ad aprire la porta, permettendo l’ingresso dei poliziotti di Canterini, subito impegnati in azioni di soccorso dei feriti. E, particolare inquietante, nella confusione generale, un gruppo di persone con passamontagna, divise e zainetti neri si sarebbe allontanato in fila ordinata e tranquilla dalla scuola.
Una verità, questa, che sarebbe stata già segnalata al superispettore, il quale però non ne avrebbe tenuto conto, nè avrebbe tenuto conto delle relazioni di conferma firmate da 80 agenti. Niente di tutto questo, quindi, sarebbe stato fatto vedere al ministro dell’Interno.
Ma lo stesso Canterini, però, aveva dato un resoconto ben diverso degli avvenimenti nella sua prima relazione di servizio. «Giunti sul posto - scriveva - alle 23,30 circa, evidentemente avvistati dagli occupanti, ci trovavamo di fronte a un cancello in ferro sbarrato. Procedevamo a rimuovere l’ostacolo, cosa che ha impegnato gli agenti operanti per alcuni minuti. Una volta entrati nel cortile, incontravamo una ulteriore resistenza nei tre portoni di acceso, sbarrati anche quelli. Si provvedeva così a forzare la porta laterale sinistra mentre dall’alto piovevano oggetti contundenti e in particolare bottiglie di vetro. Una volta entrati, abbiamo incontrato una vigorosa resistenza da parte di alcuni degli occupanti, i quali, evidentemente approfittando dei minuti occorsi per entrare, avevano provveduto a organizzarsi e ad armarsi rudimentalmente con spranghe, bastoni e quant’altro. «Premettendo che nel frattempo gli occupanti avevano spento le luci - scriveva ancora Canterini - la colluttazione conseguente alla resistenza di cui sopra risultava particolarmente cruenta e confusa».