Corriere della sera 24 luglio 2001
«Colpa delle tute bianche, hanno coperto i violenti»

Scajola: il carabiniere ha sparato per legittima difesa, giusta la perquisizione del Social Forum

ROMA - Se il Genoa Social Forum fosse stato ai patti e non avesse «coperto cinquemila tute nere pronte a tutto», oggi il bilancio della battaglia del G8 non sarebbe così pesante. Gli episodi di guerriglia urbana scatenati dal «black bloc», che ha «seguito una precisa strategia eversiva», sono avvenuti a margine di cortei delle «tute bianche» che avevano deviato dal percorso concordato con la questura. E questo è successo anche in occasione della tragica morte del giovane Carlo Giuliani: «Il carabiniere braccato, ferito e senza via di scampo ha esploso due colpi di pistola asseritamente senza prendere la mira». E ancora: «La perquisizione all’interno della scuola "Diaz" non è stata una ritorsione ma solo un’azione per evitare che nella giornata conclusiva del vertice si verificassero altri, gravi incidenti». Sul blitz di sabato notte «ordinato dall’autorità locale di pubblica sicurezza», oltre a quella della magistratura, ci sarà comunque un’inchiesta del Viminale «affidata al Capo della polizia per appurare eventuali responsabilità di singoli, errori di valutazione o comportamenti censurabili». Così il ministro dell’Interno Claudio Scajola, chiamato in Parlamento a rispondere sui gravi fatti di Genova, ha dovuto leggere una relazione di ben 35 cartelle per ribattere punto su punto tutte le accuse mosse dal centrosinistra. In commissione Affari Costituzionali del Senato (seduta aperta con un minuto di silenzio in memoria di Carlo Giuliani) e poi in Aula alla Camera (dove la Rai ha negato la diretta del dibattito), il responsabile del Viminale è stato sostenuto da un centrodestra compatto ma ha anche incassato le dure proteste partite dai banchi della minoranza.
Stavolta Lega e An si sono trovate sulla stessa linea e hanno fatto quadrato intorno al ministro: «I violenti sono sfuggiti di mano alla sinistra», ha detto Bossi in sintonia con Fini che andava ripetendo come il leader del Gsf Agnoletto e Bertinotti abbiano «ormai sostituito Rutelli e Fassino alla guida dell’Ulivo». È stato questo, infatti, il nocciolo politico della relazione di Scajola. Un documento non solo tecnico, dunque, in cui Genoa Social Forum, Rete No Global, tute bianche, il loro leader Casarini e «alcuni esponenti di Rifondazione» vengono indicati come i cattivi maestri, i responsabili politici di quanto è successo: «È vero a Genova sono scesi in campo gli irriducibili ma attenzione alla violenza verbale e a quei settori la cui condiscendenza rischia di trasformarsi in complicità» con gli anarchici insurrezionalisti.
Così il ministro è stato più volte interrotto. E in un clima infuocato è pure inciampato sulle parole: ha affermato che erano stati «ripristinati i controlli alle fioriere» (un aspetto estetico sottolineato da Berlusconi prima del vertice) volendo invece intendere i «controlli alle frontiere» e il respingimento di 2.093 manifestanti stranieri
Sul fronte operativo, Scajola non ha parlato di smagliature ma solo di «grandi difficoltà» dovute all’eccezionale afflusso di manifestanti: 200 mila di cui almeno 5000 hanno scatenato la guerriglia urbana. Il ministro ha anche rintuzzato la polemica sui giovani carabinieri di leva impegnati in piazza: «Nei reparti mobili dell’Arma sono solitamente il 70 per cento, a Genova erano il 26 per cento». Poi, sul fatto che le «tute nere» non sono state fermate in tempo: «L’azione non è stata tempestiva anche per non coinvolgere i manifestanti pacifici». E ancora, sulla dislocazione delle forze di polizia: 4.100 unità nella «Zona rossa», 6.800 nel resto della città e 2.000 per i servizi di vigilanza. A poliziotti, carabinieri e finanzieri, Scajola ha infine mandato a dire che hanno agito con «professionalità e abnegazione». Ma c’è anche un giudizio tecnico sulle «tute nere»: «Irriducibili, abili e premeditati hanno usato la tecnica del "mordi e fuggi" difficile da contrastare».
Dino Martirano