Corriere della sera 29 luglio 2001
L’INTERVISTA

Il procuratore Lalla: «Sarà difficile identificare gli agenti, avevano il volto coperto»

«Mi è stato riferito che, finora, sono emerse indicazioni su un solo poliziotto: perché portava un berretto con un taglio particolare»

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - Il sangue sui muri. Le denunce dei manifestanti feriti. I filmati. I racconti dei testimoni. Perfino qualche mezza ammissione da parte di tutori dell’ordine. Tutto ciò potrebbe però non bastare per dare un nome e un cognome a quei poliziotti che si resero eventualmente responsabili di violenze ed eccessi durante il blitz notturno di sabato scorso nella scuola Armando Diaz, sede del Genoa Social Forum (93 persone fermate, solo una attualmente in carcere).
Il rischio che l’indagine finisca per dissolversi in un gioco di ombre prende corpo nelle parole del procuratore aggiunto, Francesco Lalla: «Tra i vari filoni di indagini che stiamo seguendo - ha affermato ieri mattina il magistrato nei corridoi del tribunale - quello della perquisizione alla Diaz è tra i più complicati, difficili. Non sarà affatto semplice identificare quali tra i settanta agenti che hanno partecipato all’operazione si sono eventualmente macchiati di reati. E il motivo è presto detto: quando sono entrati in quella scuola, gli agenti erano quasi tutti a volto coperto, con caschi e fazzoletti. E poi c’era una gran confusione, urla, gente che scappava: davvero difficile risalire ad eventuali responsabilità individuali».
Diverso invece il discorso per i tredici dirigenti e funzionari di polizia che coordinarono il blitz: Lalla ha già ricevuto l’elenco con i nominativi e, «presto, prestissimo», li sentirà: «In qualità di testi, almeno per ora. Poi vedremo come andranno gli interrogatori». Circola voce, non confermata, che i magistrati genovesi abbiano intenzione di ascoltare anche i ministri Claudio Scajola (Interno) e Roberto Castelli (Giustizia).
Dottor Lalla, non crede che, per quanto riguarda l’identificazione dei poliziotti, potrebbero essere gli stessi manifestanti feriti alla Diaz a fornirvi indicazioni utili?
«Lo speriamo, naturalmente. Ma non so se accadrà. Dalle prime risultanze, abbiamo l’impressione che anche chi sostiene di essere stato picchiato non sia poi in grado di andare oltre. Non a caso il fascicolo aperto, che ipotizza i reati di violenza privata, abuso d’ufficio e lesioni, è per ora rivolto contro ignoti».
Nessun nome di poliziotti, quindi?
«Forse uno. Mi è stato riferito che un ragazzo inglese, rimasto ferito durante la perquisizione alla Diaz, avrebbe dato alcune indicazioni nei confronti di un agente che non portava il casco, ma un berretto di taglio particolare. Ma è tutto da valutare».
Novantadue delle novantatré persone fermate durante il blitz sono state rilasciate. La stragrande maggioranza delle richieste di convalida di fermo sono state respinte dai giudici per le indagini preliminari. Se l’aspettava?
«Capisco la decisione dei gip. La questione è sempre quella dell’identificazione, stavolta però sul fronte dei manifestanti. Mi spiego: se nei locali della Diaz sono state trovate spranghe o molotov, queste non possono essere attribuite a tutti i 93 fermati. E’ la responsabilità individuale che conta: bisogna risalire a chi, tra tutti quegli arrestati, aveva in uso la spranga o stava per utilizzare la molotov. Un lavoro complicato. Io stesso, quando ho inoltrato le richieste di convalida, non mi nascondevo qualche perplessità».
I vertici della polizia hanno sostenuto che durante il blitz nella sede del Genoa Social Forum uno degli agenti è stato accoltellato da un manifestante. Si è fatto un’opinione su questo episodio?
«Mi è stato riferito di un taglio sul giubbotto dell’agente...».
Ma è vero che il coltello, ritrovato all’interno della scuola Diaz, è stato raccolto dagli investigatori a mani nude, con il risultato di cancellare le impronte?
«E’ uno degli aspetti da verificare».
Il problema dell’identificazione potrebbe essere d’ostacolo anche nel procedimento disciplinare chiesto dai gip alla Procura generale?
«In quel caso si fa riferimento ad eventuali mancanze dei funzionari di polizia e i loro nominativi sono noti».
E’ emerso che Arnaldo La Barbera, capo dell’Antiterrorismo, era presente al blitz nella scuola Diaz assieme a Franco Gratteri, direttore del servizio centrale operativo di polizia. Le risulta?
«Non ho giudizi da esprimere. Ho in programma di ascoltarli, ma ancora non l’ho fatto».
Francesco Alberti