La Stampa
Lunedì 30 Luglio 2001

«Ecco chi ha sbagliato nel blitz di Genova»
Gli ispettori consegnano la relazione a Scajola, individuate le responsabilità
Francesco La Licata
IL DOCUMENTO COME DEVE COMPORTARSI LA POLIZIA? ECCO IL DECALOGO DI DE GENNARO AI QUESTORI ROMA Oggi pomeriggio, al più tardi in serata, i tre direttori generali del Viminale lasceranno Genova per rientrare alla base e consegnare al Capo della Polizia la relazione di approfondimento richiesta dal ministro dell’Interno, Claudio Scajola, dopo la disastrosa conclusione dei disordini genovesi. Il «triumvirato» - Salvatore Montanaro, Lorenzo Cernetig e Pippo Micalizio - hanno lavorato alacremente cominciando, sin da venerdì, il giro di colloqui con gli uomini (in massima parte funzionari e alti dirigenti) che avevano la responsabilità dell’ordine pubblico durante il vertice del «G8».
Ovviamente il contenuto dell’analisi che sarà presentata al ministro è «top secret» e qualcosa si potrà dedurre, semmai, quando si conosceranno le «conseguenze» che provocherà il verdetto dei tre direttori generali. Al momento si conosce il clima nel quale si sta svolgendo l’ispezione genovese. L’impressione diffusa è che non si tratti di una indagine formale: anzi, le poche indiscrezioni che trapelano parlano di confronti anche abbastanza sostenuti fra chi pone le domande e chi è tenuto a rispondere ed offrire approfondimenti. Insomma l’inchiesta sembra una cosa seria e, alla fine, sarà inevitabile che finisca per individuare nomi e responsabilità.
Le domande dei «tre saggi» (le persone ascoltate sono una dozzina) hanno scandagliato l’intera vicenda maturata nelle due drammatiche giornate. Ma i maggiori approfondimenti sembra siano stati riservati alla notte tra sabato e domenica e, quindi, alla famosa perquisizione avvenuta nella scuola Diaz. E’ stato quel blitz, infatti, ancor più della tragica fine di Carlo Giuliani, ad aver alimentato le critiche contro le forze dell’ordine fino ad averle assimilate ai comportamenti delle peggiori polizie di stati autoritari.
La morte del giovane Giuliani, pur avendo colpito i sentimenti degli italiani, in un certo senso aveva trovato una dolorosa spiegazione nella logica dello «stato di necessità» invocato dal carabiniere che ha sparato. E i pestaggi alle persone pacifiche mandati in tv, anche quelli micidiali dal punto di vista dell’immagine delle forze dell’ordine, trovavano una qualche spiegazione nella logica della «violenza genera violenza». Il blitz alla Diaz, invece, per la scelta del momento e delle modalità di attuazione, è quello che ha lasciato le ferite più profonde nell’opinione pubblica.
Senza attardarsi sull’aspetto della procedura interna (se cioè il ministro sapesse o meno), che attiene ai rapporti tra capo della polizia e responsabile politico del dicastero, gli «ispettori» hanno cercato di ricostruire la genesi di quella operazione e la tecnica di attuazione: i due elementi principali per l’individuazione di eventuali responsabilità.
La paternità dell’operazione, è opinione diffusa, è da ricondurre alla Digos di Genova che aveva ricevuto più d’una segnalazione sulla presenza, nella scuola adibita a centro di accoglienza per i ragazzi del «Gsf», di elementi appartenenti al cosiddetto «blocco nero», cioè i più incontrollabili e violenti. Qualcuno ha, dunque, deciso l’irruzione. Chi? Questo è un primo punto da accertare. Il questore, che governa gerarchicamente l’ufficio della Digos? Oppure il prefetto Arnaldo La Barbera, che ha il compito di coordinamento sulle Digos di tutta Italia? Un altro interrogativo, inoltre, riguarda il metodo adottato per compiere la perquisizione. Fatta in quel modo, è l’opinione di tanti esperti, non poteva che trasformarsi in uno scontro micidiale. Cosa che è avvenuta, a prescindere da quale sia la verità, quella contenuta nei verbali d’arresto (e quindi quella della polizia) o l’altra offerta alla magistratura da arrestati e feriti. Forse, si dice nell’ambiente poliziesco, sarebbe stato meglio aspettare l’alba e condurre una «normale» perquisizione con uomini che non avevano partecipato agli scontri, nelle dodici ore precedenti. Dalla valutazione di tutto ciò dipenderà l’assegnazione di responsabilità. E c’è chi sottolinea già come, quanto avvenuto a Genova, non sia nello «stile De Gennaro». In proposito citano una recente circolare del «capo» (febbraio 2001), inviata ai questori di tutta Italia che, proprio in merito all’ordine pubblico, per prevenire eccessi, imponeva regole precise sull’uso della forza, armi e attrezzature (per esempio i lacrimogeni). Come finirà l’inchiesta interna del «triumvirato»? E’ difficile azzardare previsioni, ma sembra certo che il repulisti non si fermerà ai piani bassi.