Corriere del Ticino 30 luglio 2001

G8 E POLEMICHE - Oltre un centinaio i ticinesi presenti al contro-vertice: proponiamo qualche testimonianza
Echi ticinesi dopo Genova
Chi c'era conferma: masse pacifiche e poi la violenza


di Carlo Silini

A una settimana dalla conclusione il vertice del G8 continua a riempire le prime pagine dei giornali. Il governo italiano è sottoposto al fuoco di fila delle contestazioni che non piovono soltanto dai banchi dell'opposizione, ma anche dai media di diversi Paesi europei che hanno raccolto testimonianze inquietanti (molte ancora da verificare) di dimostranti che si sono detti aggrediti dalle forze dell'ordine italiane. E cosa dicono i ticinesi che erano a Genova? Dicono di aver vissuto un'esperienza forte. Per certi versi traumatizzante, con momenti di tensione, di rabbia e di paura. Ma anche di gioia e di speranza. Il coordinamento ticinese contro il G8 (che ha raggruppato realtà eterogenee come Attac Ticino, SEI, WWF, Verdi, Botteghe del Mondo, alcune sezioni del PS, il Centro Sociale il Mulino e altre realtà) ha riempito due pullman di manifestanti. Al ritorno dalla trasferta ha emanato un comunicato nel quale rivela che di fatto la protesta è stata impedita dalle forze dell'ordine che hanno disperso a manganellate e lacrimogeni il corteo. Ma per non concentrare la nostra attenzione esclusivamente sul lato oscuro del vertice è giusto ricordare pure la testimonianza di chi si muoveva in quella che inizialmente era una enorme e serena marea di manifestanti pacifici. In un resoconto del coordinamento anti-G8 redatto sotto forma di diario sul quindicinale "Solidarietà" si legge: "La manifestazione avanza tranquillamente, molta gente alla finestra batte le mani e lancia acqua fresca per darti un po' di sollievo visto il grande caldo. I manifestanti rispondono battendo le mani e gridando "Genova libera" (...). L'atmosfera è comunque serena, tra canti balli e slogan raggiungiamo il lungo mare. La vista è impressionante, migliaia di persone invadono pacificamente Genova". Poi la situazione precipita. I ticinesi scorgono il fumo nero dei lacrimogeni e la polizia che interviene di forza spezzando il corteo. "Per le strade laterali intanto i gruppi di "tute nere" gironzolavano indisturbate insultando i manifestanti e distruggendo quello che gli capitava sotto mano". Sabato alle 19.00 tutti sono riusciti a tornare al punto di partenza. Stanchi e tristi, ma sani e salvi (e non è poco). Ma dal Ticino c'è chi ha visto qualcosa di più. Proponiamo la testimonianza di tre donne.

Due signore del Mendrisiotto, Annic Lupi e Miriam Giudici che si sono aggregate ad una comunità di base di Pinerolo (un gruppo di riflessione cristiano) raccontano di esser volute andare a Genova perché, dicono: «Sentivamo dentro di noi che si trattava di qualcosa di grosso, di importante per l’umanità, per lo spirito, i sentimenti, i diritti di tutti i popoli (...). Volevamo essere presenti fisicamente, gomito a gomito, come cristiani, fra la gente. All’inizio del corteo ci siamo sentiti veramente un popolo in cammino. Eravamo in mezzo a tante persone, di tutte le età, che avevano sentimenti pacifici, sereni e determinati, con sani principi di giustizia e assolutamente di non violenza. (...) Abbiamo colto segnali di solidarietà da parte dei genovesi che ci salutavano timidamente nascosti dietro le finestre, che calavano bottigliette d’acqua dalle finestre, oppure lasciavano penzolare dal loro giardino una canna con l’acqua sempre aperta, ...la chiesa di Boccadassi aperta e decorata con striscioni che chiedevano l’annullamento del debito, la solidarietà con i più poveri, ecc. e sul sagrato tante bottigliette d’acqua a disposizione, all’interno veglie e preghiere... Eravamo in un corteo autorizzato dal governo sul tracciato previsto e quindi... in regola...

In un baleno ci sono addosso»

«(...) A tre quarti del lungomare il corteo rallenta... Ci fermiamo, vediamo in lontananza del fumo, prima nero, e capiamo che sta bruciando un’auto o qualcosa di simile, e poi vediamo il fumo, questa volta più bianco, dei gas che si avvicina... Alcuni di noi erano tranquillamente seduti... in un baleno ci sono addosso! In quel momento ricordiamo che tutta la gente che ci circondava era la stessa pacifica gente di prima, tra di noi non c’erano i black block, ma niente da fare, la “povera” polizia non è stata in grado di distinguere ragazzi con passamontagna, maschere di protezione, bastoni e catene, e noi in maglietta con le mani nude e alzate a gridare “pace” a due centimetri dalla loro faccia! Cosí le abbiamo prese. Le forze dell’ordine ci hanno messo in pericolo!

«Un forte segnale»

«Avevamo le idee un po’ confuse: ma cosa fanno questi qua, non capiscono niente, ma come è possibile calpestare per cinque volte una ragazza, picchiarla, romperle la mascella... era una di Pinerolo che cantava con noi il suo inno di pace! Come si fa a tirare una randellata sulla testa della Carla che stava soccorrendo un giovane ferito ad un braccio da un candelotto ... e tanto altro ancora».
Malgrado tutto però, alla fine, ciò che resta è una speranza: «partecipando a questa manifestazione – dicono le due signore – non ci illudevamo certo di cambiare le cose subito, la gente che manifesta sa perfettamente che il cammino è lungo, ma l’idea era di dare un forte segnale: che sta nascendo una consapevolezza tra l’opinione pubblica, che sempre più persone sono consapevoli dei problemi e del modo in cui si affrontano. Poi ognuno ragionerà con la propria testa. E adesso? Adesso è importante che si continui a riflettere localmente, che si diffonda a macchia d’olio almeno l’idea che persone hanno il diritto-dovere di ragionare e approfondire i temi e non semplicemente di delegare ai politici di manovrarci, altrimenti non sarà giusto poi lamentarci...».

«Ho visto l’assalto delle scuole»

Wera Hamberger, segretaria di Medici per l’Ambiente sezione Ticino, a Genova c’è stata per quattro giorni da giovedí sera 18 luglio a domenica notte seguendo le iniziative legate alla sua associazione all’interno del Genoa Social Forum. Nei primi giorni ha avuto modo di parlare con le forze dell’ordine, con un comandante e con gli agenti. La maggior parte di loro erano molto giovani e provenienti dal sud. «Non sembrava che avessero molta voglia di scontrarsi, ma certo erano lí per fare il loro lavoro. Li abbiamo visti scherzare, mangiare e li abbiamo poi riconosciuti tra la folla mentre stavamo dimostrando nel corteo di sabato. Ricevevano gli ordini dagli elicotteri e poi partivano alla carica. Noi siamo stati accerchiati davanti a Brignole». In una testimonianza scritta la signora Hamberger ha anche raccontato di aver «visto correre un giovane skinhead (...) lo lasciano scappare (...) trema e se l’è fatta addosso, ma dopo altri dieci metri un gruppo di polizia, cinque o più, lo becca e comincia a picchiarlo...». Ospitata in una casa della cosiddeta «zona gialla» vicino alla sede del Genoa Social Forum, la signora Hamberger ha pure osservato gli agenti andare e venire per la controversa perquisizione delle scuole la notte di sabato 21 luglio. «Erano irruzioni a catena, ci spiega, a gruppi di dodici-quindici per volta. Picchiavano a sangue. Le ambulanze arrivavano una dopo l’altra. Una cosa orribile. Alcuni anziani del posto scesi in strada erano stupefatti, anzi indignati. Nessuno di loro si è detto contento perché gli agenti stavano facendo “ordine”». È stata chiamata sabato notte per fare da interprete per dei ragazzi stranieri arrestati. «Alcuni di loro erano ammanettati, anzi avevano le mani legate da un filo di plastica, come quelli che usano gli elettricisti, altri erano senza manette. Il fatto è che avevano smarrito i documenti e la polizia non sapendo cosa fare li aveva arrestati. Insomma c’era una gran confusione nelle forze dell’ordine. Pensi che ad un certo punto ho parlato con due ragazzi coi lacci ai polsi che se ne stavano fermi ad aspettare invano. Li avevano dimenticati lí.»

 


PROSPETTIVE - Chiasso in futuro diventerà off limits per chi vorrà bloccare le frontiere

 

  • di Emanuele Gagliardi

    «Speriamo che non accada mai di doversi confrontare con situazioni simili a quelle registratesi a Genova in occasione del raduno del G8. Con i mezzi attuali a nostra disposizione non saremmo in grado di fronteggiare fatti del genere. E l'unico modo per evitarlo è quello di non organizzare appuntamenti di tale importanza e richiamo. A questo proposito, penso con qualche preoccupazione al Forum economico di Davos che si terrà a gennaio il prossimo anno». A parlare è il responsabile della gendarmeria del Sottoceneri, capitano Clemente Gioia, che dal primo ottobre prossimo, nell'ambito della riorganizzazione del Corpo di polizia, assumerà il comando della gendarmeria dell'intero cantone. Gioia, unitamente al collega Decio Cavallini, responsabile della gendarmeria del Sopraceneri, mercoledì 18 luglio si è recato in visita (con loro vi era pure un collega della polizia grigionese) al capoluogo ligure su invito delle autorità italiane. Queste ultime avevano organizzato un incontro per mostrare i vari apparati di sicurezza agli osservatori stranieri, in vista del vertice del G8. Una visita di lavoro che è durata poche ore, durante le quali agli ospiti è stato mostrato il complesso e potente apparato allestito. Apparato preso di mira da furiose critiche in seguito ai sanguinosi episodi avvenuti (scontri tra polizia, carabinieri e manifestanti sino alla tragica uccisione del giovane Carlo Giuliani). I poliziotti ticinesi hanno visitato la centrale della Questura ed hanno compiuto un giro in città osservando i vari servizi preparati per fronteggiare i manifestanti che volevano sfondare le barriere poste attorno alla zona rossa (quella interdetta al pubblico). Secondo il capitano Gioia il servizio era ben organizzato. Gli inquirenti ticinesi sono stati impressionati dal personale e dai mezzi a disposizione delle forze dell'ordine. «L'organizzazione era mastodontica e coinvolgeva tutti: polizia, carabinieri, guardie forestali con i mezzi antincendio, guardie di finanza e l'esercito». Una moltitudine di uomini disposta in punti strategici e pronta ad intervenire secondo le esigenze, osserva il nostro interlocutore. Senza una eccessiva pianificazione, aggiunge. Il capitano Gioia continua dicendo che a Genova si avvertiva una situazione molto tesa: soprattutto per la determinazione che traspariva da alcune frange di manifestanti. Il discorso si sposta a quanto accaduto a Chiasso qualche giorno prima dell'apertura del vertice di Genova. Gioia ricorda l'occupazione di una casa diroccata ed il lancio di qualche granata lacrimogena per liberare lo spazio di frontiera con l'Italia occupato dai manifestanti. Lo scopo è stato raggiunto, spiega, usando i lacrimogeni che rappresentano, nella scala dei mezzi a disposizione della polizia, quelli tra i meno offensivi. Negli ultimi mesi, prima la protesta riguardante il vertice di Davos, poi il divieto di ingresso in Italia di alcuni contestatori del G8 di Genova hanno fatto salire alla ribalta la dogana di Chiasso, divenuta il centro di una serie di contestazioni che hanno fatto accorrere giornalisti dal Ticino e dall'Italia. La polizia ha capito che probabilmente in occasione di prossime manifestazioni di protesta internazionali contro la globalizzazione o altro, Chiasso rischia di diventare uno degli obiettivi preferiti dai contestatori. Per questo, l'autorità sta ora studiando una soluzione al problema, che ha pure risvolti di competenza federale, considerato il fatto che in dogana sono operative le guardie di frontiera. Una cosa è certa: in futuro sarà sempre più difficile protestare in dogana, bloccando strade internazionali o la ferrovia. Tutti sono disposti al dialogo, ma anche ad evitare la paralisi delle comunicazioni internazionali. La polizia in Ticino è preparata per far fronte a questo tipo di emergenze, dice ancora Clemente Gioia, ma, a livello di organico, siamo sottodotati, aggiunge. «Se si dovesse verificare una situazione critica al confine dovremmo far capo ad altre forze». In caso di necessità, l'apparato ticinese di polizia è in grado di mettere a disposizione qualche centinaio di agenti antisommossa. Nello spazio di poche ore. Pure a Chiasso, dove la frontiera è destinata a diventare off limits per chi vorrà contestare bloccando la dogana.