La Repubblica 26 luglio 2001

La difesa di De Gennaro:
aggrediti, abbiamo reagito

Il capo della polizia al Tg5: verificheremo se ci sono stati errori o eccessi di singoli
l'intervista


Pubblichiamo una sintesi dell'intervista concessa ieri al direttore del Tg5 Enrico Mentana dal capo della polizia Gianni De Gennaro
ROMA - Prefetto, come sono andate le cose a Genova?
«E' importante spiegare la complessità della gestione dell'ordine pubblico in un contesto così difficile perché bisognava garantire la sicurezza di un vertice dove erano presenti otto capi di Stato o di governo, consentire a tutti di manifestare pacificamente e nel rispetto della legge e garantire la sicurezza di tutti i cittadini di Genova. Io credo che per poter leggere bene questa vicenda nel suo complesso bisogna tenere presenti tutte queste componenti altrimenti diventa una lettura episodica e parziale che non dà l'esatta dimensione dello sforzo e dell'impegno del governo e delle forze di polizia».
Sono arrivati tanti violenti da fuori Italia. Forse alle frontiere non è stato fatto abbastanza?
«A Genova ci sono stati diversi livelli di illegalità: gruppi particolarmente violenti e ben conosciuti come i black bloc e i casseurs francesi. Poi c'era la componente degli anarchici insurrezionalisti. Ci sono stati altri gruppi che hanno creato delle situazioni di confronto e di contrasto con le forze dell'ordine. Tutte componenti presenti in modo diverso nel contesto di una manifestazione di dissenso che aveva ben altro valore e ben altri obiettivi».
Si possono quantificare?
«Migliaia».
L'episodio più grave, la morte del giovane Giuliani, non è stato provocato né dai black bloc né dai casseurs francesi.
«Quell'episodio si è verificato in un momento in cui un corteo non autorizzato cercava di raggiungere e sfondare la zona protetta del vertice. Le autorità di pubblica sicurezza hanno ritenuto di fermare questo corteo molto numeroso alla cui testa si sono inseriti i gruppi più violenti. Così si sono create le condizioni perché si realizzasse il dramma».
Era un militare di leva quello che ha sparato. Legittima difesa?
«Le immagini rendono chiaramente l'idea di un'aggressione violenta a un reparto di carabinieri da parte di un numero consistente di manifestanti. C'erano condizioni di assoluto pericolo per l'incolumità del carabiniere».
Ed era inevitabile che ciò succedesse?
«Le condizioni dell'ordine pubblico erano particolarmente difficili e hanno creato questa triste e drammatica conseguenza».
Poi c'è stato il blitz notturno.
«Le forze dell'ordine in quella circostanza hanno deciso di fare una perquisizione perché c'erano fondati motivi che in quell'edificio ci fossero esponenti dell'ala più dura dei manifestanti. Doveva ancora terminare il vertice e c'erano ancora molti rischi. Il problema è che quella perquisizione, un atto di polizia giudiziaria che doveva solo determinare l'identificazione di possibili persone pericolose e il sequestro di strumenti di offesa, si è trasformata in un ulteriore episodio di ordine pubblico. Quando la polizia giudiziaria è giunta sul luogo della perquisizione è stata aggredita e da allora è stata usata la forza per vincere una resistenza violenta».
Se il primo poliziotto che è entrato non si fosse beccato una coltellata le cose sarebbero potute andare pacificamente?
«La coltellata arriva dopo un'aggressione con pietre e lancio di oggetti dai piani superiori dell'edificio».
Il ministro Scajola ha detto che sarebbero stati fatti accertamenti.
«C'è una inchiesta dell'autorità giudiziaria. Anche noi faremo accertamenti per verificare se ci sono stati errori o eccessi da parte di singoli. Escludo errori di valutazione o errori di comportamento collettivo».
Tutta l'azione che avete compiuto a Genova è stata concordata col ministro dell'Interno?
«Il ministro è sempre stato informato dal capo della polizia e dal capo dei carabinieri. Le sue indicazioni si sono tradotte in direttive di equilibrio e serenità. Di mantenimento, finché è stato possibile, di un ordine che poi dai gruppi violenti è stato violato».
In questi giorni ha mai pensato di dimettersi?
«Non ho mai ravvisato motivi per dimettermi».
Se domani ci fosse un vertice e il capo della polizia del paese ospitante le chiedesse un consiglio cosa gli direbbe?
«Credo che il capo della polizia del paese ospitante trarrà grande giovamento dall'esperienza che abbiamo fatto a Genova che ha avuto un bilancio duro ma anche positivo: il vertice si è potuto svolgere e nessun cittadino ha subito danno alla persona. Anche l'azione di contenimento delle forze dell'ordine, a fronte di episodi di guerriglia, è stata equilibrata. Ferma, decisa, ma equilibrata».