Manifesto 27 luglio 2001

 

Faccetta nera in questura
SARA MENAFRA - ROMA


"Vi spostiamo di là. Sta arrivando il ministro Castelli". E' forse questo il motivo per cui il ministro di Grazia e giustizia ha dichiarato di essere stato nella caserma di Bolzaneto ma di non aver visto alcuna violenza. Andrea e i tanti altri manifestanti arrestati con lui erano, semplicemente, nell'altra stanza. "Io al corteo del 21 luglio non ci sono neppure andato - racconta - ero nel campeggio quando sono arrivate le camionette dei carabinieri". All'ingresso della caserma Andrea viene accolto da un coro di festeggiamenti e un coro ripetuto: "Uno a zero per noi". Il riferimento è a Carlo Giuliani. Nella caserma dei carabinieri Andrea ha passato ben 24 ore, quasi tutte in piedi, faccia attaccata al muro e braccia alzate. "Gli agenti entravano nella stanza per picchiarci spingerci e insultarci. Ridevano e cantavano anche una canzone 1 2 e 3 evviva Pinochet, 4 5 e 6 a morte gli ebrei, 7 8 e 9 il negretto non commuove". Andrea uscirà dalla caserma solo la domenica pomeriggio: Il fermo è illegittimo, dirà il Gip, il ragazzo non ha commesso reati.
Le violenze sui giovani manifestanti rastrellati nella città di Genova non avvengono solo a Bolzaneto. Sono continuate anche nelle carceri dove molti di loro sono stati spediti. "Mi hanno picchiato appena sono arrivato nel carcere di Pavia - racconta Federico, 23 anni, studente di Scienze della comunicazione - appena scesi dal pullman che ci aveva trasportati fin lì ci hanno tolto le manette e costretti a passare uno per volta davanti a una fila di agenti della polizia penitenziaria. A ognuno di noi davano botte sulla testa e calci". Scappava dalle cariche della polizia, Federico, quando è stato arrestato. Era il giorno della disobbedienza civile e lui aveva fatto il corteo con le tute bianche. All'ennesimo lancio di lacrimogeni si è rifugiato in un cortile un po' più in basso ed è li che una pattuglia di carabinieri lo ferma e lo atterra a manganellate. La mano con cui si era aggrappato al muro del cortile è ancora contusa e fasciata per le manganellate. Ma è all'arrivo nel carcere che è iniziato l'inferno: "Ci hanno picchiato e presi a calci dal momento del nostro arrivo nel cortile della caserma". Alla paura si sommano le continue violenze della polizia penitenziaria che sorvegliava la caserma di Bolzaneto:"Ho chiesto a uno di loro di allentarmi le mannette perchè la mano ferita mi faceva male e lui per tutta risposta mi ha preso il braccio e ha cercato di spegnerci sopra la sua sigaretta". Anche Federico, come molti altri ragazzi, aspetta varie ore in un corridoio prima di essere trasportato in caserma "Si alternavano momenti di tensione a quelli di calma e volavano delle minacce. Uno dei carabinieri in borghese ci diceva attenti che domani è il sabato fascista". Arrivato in carcere Federico è stato tenuto per tre giorni in isolamento: "Sono potuto uscire dalla cella solo tre volte: due per fare la doccia e una per andare in infermeria". Nella sua cella i secondini non entrano ma spesso lo minacciano da fuori: "Una volta mi hanno cantato Faccetta nera davanti alla cella la stessa musica che avevano anche nella segreteria del cellulare".