Manifesto 2 agosto 2001

Viminale, fermi tutti
Nessuna rimozione dopo l'inchiesta interna che accusa il prefetto La Barbera e il questore Colucci. I sindacati della polizia: niente capri espiatori
A. MAN. - ROMA

Adesso le violenze poliziesche di Genova hanno nomi e cognomi, se non altro per l'irruzione della notte di sabato 21 alla scuola Diaz. Lo dice il primo rapporto dei superispettori del Viminale, consegnato martedì al capo della polizia De Gennaro e al ministro Scajola. Ma per ora non ci saranno provvedimenti, i responsabili individuati nella relazione di Giuseppe Micalizio rimangono tutti ai loro posti.
Vale per il capo dell'antiterrorismo Arnaldo La Barbera, il più alto in grado in quell'operazione definita "priva di comandante" nel rapporto, vale per il questore di Genova Francesco Colucci che l'ha ordinata, per i responsabili della Digos - Spartaco Mortola e Alessandro Perugini - che l'avevano provocata grazie ai loro infiltrati e per il capo del reparto mobile di Roma, Vincenzo Canterini, che dirigeva i settanta picchiatori in divisa.
Nessun provvedimento. Questo l'esito del faccia a faccia tra Scajola e De Gennaro che iera sera si è protratto per circa due ore al Viminale. Il ministro dell'interno intende discutere la situazione oggi, in consiglio dei ministri, ma soprattutto Scajola non se la sente di prendere decisioni subito, quando l'inchiesta della magistratura è appena all'inizio e l'indagine parlamentare è stata varata solo ieri. Anche perché le relazioni dei tre ispettori (oltre a Micalizio, Salvatore Montanaro e Lorenzo Cernetig), tutti vicini a De Gennaro, risparmiano tra gli altri il vice capo della polizia Ansoino Andreassi, che a Genova era responsabile dell'ordine pubblico, era presente alla Diaz ma per De Gennaro rimane intoccabile. E questo nella maggioranza di centro destra non piace a tutti.
Negli ambienti della polizia si parla di La Barbera, e ancor più del questore Colucci, come dei capri espiatori prescelti per salvare De Gennaro e Andreassi, ma anche per coprire il ruolo dei dirigenti incaricati, venerdì 20 e sabato 21, di realizzare la repressione dura voluta dagli eredi del Movimento sociale, che a Genova con Fini in testa hanno avuto un ruolo tutto da chiarire.
"Il capo dell'antiterrorismo era l'unico a non avere responsabilità d'ordine pubblico", sostengono in molti a difesa di La Barbera, che certo non piace per i metodi investigativi feroci ma oggi sembra l'anello debole della catena. "La questura era stata espropriata, esautorata, le decisioni si prendevano a Roma", protesta da quarantott'ore Colucci. In appoggio al questore di Genova sono scesi in campo ieri, con le stesse argomentazioni, i responsabili liguri dei sindacati di polizia Sap, Uilps e Silp. "La verità non si concerta", ha detto Giovanni Paladini del Sap. "Da sempre non accade nulla senza che il politico non voglia", ha insistito Aldo Tarascio del Silp, mentre Angela Burlando della Uilps ha parlato di "commissariamento della questura durante il G8". La loro iniziativa rompe con il prudente silenzio delle rappresentanze nazionali, con l'eccezione del Silp, e la dice lunga sugli umori che prevalgono nella polizia..
Nella riunione di ieri il ministro dell'interno e il capo della polizia hanno discusso per la prima volta del terzo rapporto, preparato da Cernetig e dedicato alla gestione dell'ordine pubblico durante le manifestazioni del 20 e del 21, ossia agli scontri di piazza. Nella relazione arrivata ieri, secondo indiscrezioni raccolte al Viminale, le responsabilità ricadono di nuovo sul questore Colucci e sui responsabili di alcuni reparti mobili, più attivi degli altri nell'aggressione a manifestanti pacifici. Del secondo rapporto, quello di Montanaro sulle violenze compiute nei confronti degli arrestati nella caserma di Ps di Bolzaneto, Scajola e De Gennaro avevano parlato già martedì. Ma su Bolzaneto la linea della polizia è molto chiara: non siamo stati noi a picchiare i fermati, è tutta colpa dei duri del Gom, il reparto speciale della polizia penitenziaria.