La Repubblica 1 agosto 2001

Genova, Fini attacca i Ds
"Io golpista?Aberrante, torna il vecchio Pci"
Dopo le denunce di Violante e D'Alema sulla volontà della destra di egemonizzare le forze dell'ordine

GIANLUCA LUZI


ROMA - Punta sul vivo da due interviste di D'Alema al "Corriere della sera" e di Violante a "Repubblica", Alleanza nazionale reagisce duramente contro i vertici della Quercia accusandoli di far riemergere «il Dna comunista» e di essere in sintonia con i «cattivi maestri». Ai due esponenti diessini, che avevano parlato con preoccupazione dei rapporti fra la destra e settori degli apparati di ordine pubblico, Fini risponde che sostenere «che la presenza della destra nell'esecutivo rappresenterebbe un motivo di preoccupazione nel rapporto fra lo Stato e le Forze dell'ordine, è semplice quanto aberrante».
Secondo il leader di An, «nella disperata ricerca di argomenti polemici contro il governo, Violante e D'Alema non hanno esitato a superare il ridicolo». Il ragionamento secondo cui «An è al governo, la destra scarsamente democratica e quindi tendenzialmente golpista, le forze dell'ordine potrebbero avere la tentazione di comportamenti illegali» è per Fini «un'equazione innanzitutto offensiva per tutte le forze dell'ordine la cui fedeltà alle istituzioni è fuori discussione». A D'Alema e Violante, Fini rivolge infine «l'invito a ricordare che l'autorevolezza delle cariche istituzionali da loro ricoperte nel recente passato dovrebbe indurli a comportamenti più seri e responsabili».
Per il presidente della commissione Esteri della Camera Gustavo Selva le parole di D'Alema «sono un altro errore politico che gli si ritorcerà contro» e stanno a indicare «come nella confusione mentale che sembra investire alcuni Ds, il Dna comunista continui a far valere i suoi diritti».
Di «cattivi maestri» parla invece Enzo Fragalà, capogruppo An in commissione Giustizia che paragona D'Alema al teorico dell'Autonomia: «Sarebbe stato sufficiente sostituire il nome e la foto di D'Alema con quella di Toni Negri e nessuno si sarebbe accorto della differenza: stessi concetti estremi, stessi toni integralisti e soprattutto stessa evocazione di scenari golpisti». Quindi «se un ex presidente del Consiglio denuncia presunti atteggiamenti golpisti da parte della destra, cosa dovrebbe fare Casarini? Usare la P38?». Francesco Storace non ha alcun dubbio: a Genova «c'è stata un'aggressione preparata a tavolino dai gruppi di estrema sinistra spalleggiati dalla sinistra che non sa più da che parte puntare la mira».
La Russa, capogruppo di An alla Camera, dà alle due interviste di D'Alema e Violante una interpretazione nella chiave dello scontro di potere in casa Ds, «in guerra spietata tra di loro». Dice La Russa: «La perdita di posizioni all'interno del partito che registra, in questi ultimi giorni, Fassino, pupillo del duo D'AlemaViolante, ha consigliato a questi ultimi una mossa disperata: attaccare la destra con concetti sessantottini e sperare che basti ricompattare il fronte fassiniano sulla madre di tutte le battaglie, la riconquista della segreteria Ds». Una interpretazione piuttosto simile a quella dell'altro capogruppo di An, Nania. Per il presidente dei senatori di Alleanza nazionale «la verità è che si sta giocando una partita politica doppia: da una parte c'è la lotta fratricida interna ai Ds per la scalata alla segreteria del partito e dall'altra quella, ancora più violenta, per la conquista della leadership del centrosinistra».
Anche il ministro della Giustizia Castelli, leghista, critica D'Alema per le accuse alla destra: «Credo che abbia qualche difficoltà ad interpretare il clima del paese. Mi sembra che il presidente dei Ds sia totalmente fuori strada». Castelli continua a sostenere che a Genova non c'è stata alcuna irregolarità, al massimo qualche errore, «ma del resto ha aggiunto il ministro della Giustizia chi non ne commette?».
Ma il presidente della Camera Casini riprende l'ammonimento del capo dello Stato e riafferma l'esigenza di dare risposte non di parte agli interrogativi ancora aperti. «L'esigenza di verità dice il presidente della Camera non è un'esigenza di parte. E' un'esigenza istituzionale e come tale deve avere da parte del Parlamento delle risposte».