Corriere della sera 1 agosto 2001

 
I poliziotti: frettolosa l’inchiesta del ministro

Il disagio dei sindacati. «Pronti ad andare dai giudici, è sbagliato mettere sotto accusa interi reparti»

ROMA - I poliziotti genovesi e i loro dirigenti si sentono «sotto botta» perché, dopo essere stati commissariati dai vertici romani, ora rischiano di pagare il primo conto per tutti. I «celerini» del reparto mobile di Roma, il gruppo scelto che si è preparato per mesi e mesi all’appuntamento del G8, non ci stanno a passare per i manganellatori di giovani inermi mentre a colpire i dimostranti distesi a terra erano altri colleghi. I funzionari pescati qua e là dalle squadre mobili di mezza Italia, per essere dirottati sul vertice di fine luglio, avvertono che non faranno da parafulmine. Gli agenti il cui cuore batte a sinistra sono realmente affranti perché a Genova «si è spezzato il rapporto di fiducia con la società civile». Le élite della polizia di prevenzione e dello Sco per ora stanno a guardare. Disagio, sgomento, discussioni accese e anche qualche vecchio conto in sospeso che ora potrebbe essere regolato. Ha mille facce il malessere montante nella polizia. E l’esito delle varie inchieste sulla «guerra» di Genova ora viene vissuto a tutti i livelli come una prova cruciale per i futuri assetti dell’intero apparato.
E, paradossalmente, tra agenti e capi crea più senso di smarrimento l’inchiesta interna, quella ordinata dal ministro Claudio Scajola e affidata dal prefetto Gianni De Gennaro ai tre superispettori, dei fascicoli che la magistratura genovese ha aperto per ora contro ignoti: «L’indagine amministrativa andava fatta solo a conclusione del lavoro della magistratura», spiega il segretario nazionale del Sap Filippo Saltamartini. Che si sbilancia anche su una possibile inchiesta parlamentare: «Ben venga. Non per mettere sotto accusa la polizia ma per discutere seriamente di ordine pubblico, di addestramenti, di attrezzature e di preparazione culturale del personale».
Se si parte dal basso, s’incontrano dunque gli agenti del reparto mobile di Roma guidati dal dirigente Vincenzo Canterini. Per la loro difesa d’ufficio si fa avanti Oronzo Cosi, il segretario nazionale del Siulp, che definisce l’inchiesta interna al Dipartimento «certamente tardiva e anche un po’ frettolosa: nelle immagini televisive che hanno fatto più scalpore non mi sembra che si vedano le divise del reparto mobile. Il personale inquadrato in quelle sequenze va sì individuato con molta precisione ma, per favore, non mettiamo sotto accusa interi reparti». Va avanti Cosi, che si schiera dalla parte degli agenti e dei dirigenti genovesi: «Ma come si può tirare in ballo la questura di Genova che di fatto è stata commissariata con l’arrivo in città di decine di migliaia di agenti?».
Le prime indiscrezioni sull’inchiesta interna lasciano l’amaro in bocca a Giovanni Aliquò, segretario dell’associazione funzionari di polizia: «Se verrà confermato che ad essere colpito è solo il livello intermedio lasciando fuori chi aveva responsabilità più alte, noi siamo pronti a fornire all’autorità giudiziaria altri elementi che possono ristabilire l’esatta cornice dell’operazione di polizia giudiziaria» svolta alla scuola «Diaz».
Ma al termine di un’altra giornata sofferta è Claudio Giardullo, segretario nazionale del Silp-Cgil, a porre al centro dell’attenzione una questione nevralgica: «C’è voglia di ristabilire un rapporto di fiducia con la società civile. Questa polizia ha assicurato la sicurezza democratica in questi ultimi vent’anni, ha fatto la lotta alla mafia e al terrorismo con il consenso degli italiani. A Genova, invece, c’è stata una frattura. Che ora bisogna colmare».
Dino Martirano