La Stampa
Le associazioni di base attaccano «la strategia di
fuga del governo»
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Martedì 7 Agosto 2001
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Il Vaticano: contano i risultati non la sede
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Giacomo Galeazzi
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ROMA Vertice Fao, nessuna critica dalla Santa Sede per la
marcia indietro dellItalia. Il Vaticano non intende esprimere perplessità sulleventuale
trasferimento del summit in agenda per novembre a Roma. Dopo Genova è logico che il
governo abbia delle preoccupazioni, spiegano in Segreteria di Stato, ma più che la sede
sono importanti i contenuti che emergeranno dallincontro e i provvedimenti concreti
contro linsufficienza dellalimentazione e liniquo utilizzo delle risorse
della terra. Ma le associazioni cattoliche della rete Lilliput la pensano diversamente
dalla gerarchia e attaccano lesecutivo per quella che definiscono «una negazione
del confronto democratico con le piazze». I movimenti ecclesiali che si sono dati
appuntamento nella capitale per porre al centro del dibattito il dramma del Terzo Mondo,
denunciano «la fuga dalle proprie responsabilità» attuata dal governo Berlusconi. Il
leader dei cattolici antiglobal, Francesco Gesualdi inscrive in un piano di
strumentalizzazione dei fatti di Genova il passo dellItalia presso la Fao per non
far svolgere a Roma il prossimo vertice. Stesse perplessità sono state espresse dalle
congregazioni religiose che il 20 e il 21 luglio hanno preso parte alle manifestazioni nel
capoluogo ligure. A muovere rilievi al Viminale per lallarme lanciato nei giorni
scorsi riguardo il pericolo di una nuova ondata di scontri, sono anche gli ordini
missionari che sono sfilati in corteo durante il G8. Ma la parola dordine oltre
Tevere sembra essere «evitare gli errori fatti a Genova». Lobiettivo principale è
non incorrere nellerrore di «innescare violenze e sprecare il potenziale ideale
della lotta alla povertà». Sulle prospettive e i rischi per lordine pubblico del
summit Fao non nasconde le sue riserve pure lOrdinario italiano, larcivescovo
Giuseppe Mani che al tempo stesso rivendica il ruolo dei suoi cappellani militari nei
fatti di Genova. «Contrariamente a quanto detto dalla rappresentanza sindacale Cocer - ha
precisato monsignor Mani - i cappellani erano presenti a Genova, ma non in una logica di
contrapposizione, bensì di vicinanza umana alle forze dellordine». Mentre nellassociazionismo
ecclesiale cresce il dissenso per la decisione di trasferire il summit di novembre, la
Curia focalizza la discussione sugli aspetti di fondo dellappuntamento, che
considera una nuova, importante tappa della propria missione a favore degli indigenti.
Ovunque si terrà il prossimo incontro, è fondamentale per la Chiesa che vengano presi in
considerazione i principi-cardine del suo impegno per la sicurezza alimentare:
solidarietà, rispetto di ogni individuo, destinazione universale dei beni della terra e
promozione della pace. Lattenzione della Santa Sede, dunque, è volta soprattutto ai
risultati effettivi che il vertice dellOrganizzazione per lalimentazione
riuscirà a conseguire. Già cinque anni fa, il Papa, aprendo al palazzo della Fao di Roma
il meeting dei capi di stato e di governo, propose invano la cancellazione del debito dei
paesi poveri. «Occorrono autentiche iniziative di solidarietà internazionale - affermò
Giovanni Paolo II - la Chiesa è decisa a proseguire i suoi sforzi, al fine di illuminare
coloro che devono prendere decisioni cariche di conseguenze. Buona volontà e politici
generosi dovono stimolare lingegnosità degli uomini affinché i bisogni vitali di
tutti siano assicurati». Al summit Fao del 96, inoltre, il segretario di Stato,
Angelo Sodano manifestò le riserve della Santa Sede sul documento finale dellincontro.
Le critiche riguardarono specialmente la «salute riproduttiva», un termine che per il
Vaticano offusca il vero senso della trasmissione della vita. Un terreno di scontro emerso
nettamente alle Conferenze Onu del Cairo e di Pechino, quelle che hanno visto serie
divergenze tra Vaticano e Usa. «La Santa Sede - disse il cardinale allassemblea
plenaria - ha sempre attribuito enorme importanza allattività della Fao. Siamo
consapevoli di essere di fronte a un problema primordiale di cooperazione internazionale.
Se milioni di individui sono ancora segnati dalla fame e dalla denutrizione, la causa non
va ricercata nella mancanza di cibo che, nel mondo, è abbastanza per soddisfare le
necessità di tutti».
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