Corriere della sera 31 luglio 2001
Il mondo protesta, i nostri garantisti no

Per giorni e giorni, dopo la mattanza di Genova, i governanti hanno seguitato a negare, a minimizzare: non è accaduto nulla, il G8 è un successo politico e basta, il resto non conta, le responsabilità dei disordini sono dei manifestanti, del Genoa social forum, di Agnoletto, il grande nemico. La polizia e i carabinieri hanno fatto ciò che dovevano. No dunque alle dimissioni del ministro degli Interni, no a un’indagine conoscitiva chiesta dall’opposizione in Parlamento, no a qualsiasi autocritica, anche la più blanda. I garantisti che si sono esercitati ai tempi di Mani pulite quando insorgevano sdegnati a ogni avviso di garanzia, appunto, che riguardava uomini ora al governo, sono stati zitti; i famosi liberali spuntati dalle ceneri, zitti anche loro. Nessun dubbio, nessun rammarico, nessun tentativo di spiegare, di analizzare, di porsi delle domande stravolgendo in questo modo i normali comportamenti degli innocenti che, se tali, non hanno paura di nulla e di nessuno e sono loro, solitamente, a volere le indagini e a chiedere che le facciano altri, per amore della verità, per togliere ogni sospetto. Che nel caso di Genova, invece, si è ingigantito e ha creato una situazione insopportabile, di reticenza, di menzogna. Anche perché i giornalisti hanno scritto quel che hanno visto contraddicendo spesso certi commenti di tipo questurino, e le troupes televisive hanno documentato i pestaggi selvaggi della polizia e le macchine fotografiche hanno scattato migliaia di immagini di azioni fuorilegge e infatti la polizia, nell’incursione notturna alla scuola Diaz le ha sequestrate, strumenti sovversivi. Hanno scritto i giornali italiani e l’hanno fatto i giornali stranieri, dal New York Times all’ Asahi Shimbun , in grande maggioranza orripilati per le insipienze, le incompetenze, gli eccessi, la violenza che ha violato la Costituzione della Repubblica.
Qualche consigliere dei governanti, più intelligente e meno rozzo, deve aver loro spiegato che quello di chiudersi nella negazione globale di fatti accaduti era un modo ottuso e suicida di far politica in un evento di rilevanza internazionale, mentre crescevano le proteste dei Paesi stranieri; si moltiplicavano le manifestazioni nelle capitali del mondo; si riempivano le piazze delle città italiane; mentre il Tg1 mandava in onda un filmato girato da operatori della Rai, un attacco poliziesco impressionante contro inermi, giovani e vecchi, già colpiti, a terra; mentre Amnesty International apriva un’inchiesta e in una lettera resa pubblica dall’ Unità 530 professori delle Università italiane, diventati poi più di 700, si appellavano a Ciampi con domande gravi e circostanziate sui fatti di Genova confidando in un suo possibile intervento. E ieri il Presidente ha chiesto, in nome di tutti gli italiani, che si faccia piena luce. Venerdì scorso anche Berlusconi, parlando del G8 in Senato, ha ammorbidito la sua posizione: «Non ci sarà alcuna copertura per chi si è macchiato di violenza e di abusi». Ma ha anche detto che i tutori dell’ordine pubblico sono gli stessi nominati dal centrosinistra. (Dar la colpa ad altri è già un ammettere che le responsabilità esistono).
È stata una brutta pagina che scredita la democrazia, questa di Genova.
Un delirio metafisico. Con gli Otto Grandi chiusi nella zona rossa come in una fortezza medievale e il resto della città allo sbaraglio, senza piani, senza presidi fissi. Era ovvio (se ne parlava da mesi) che ci sarebbero state infiltrazioni violente nel gran numero di manifestanti anti-global, non tutti, certo, pacifici. Se poi, come pare, la polizia sapeva molto delle tute nere, i black bloc , e ci sono state condiscendenze, provocazioni, tutto diviene ancora più angosciante. Perché usare le armi? Qual è l’addestramento militare e psicologico dei carabinieri? Che significato ha avuto il vergognoso assalto alla scuola Diaz, presenti alte autorità di polizia romane? E che cosa è veramente successo nella caserma-lager di Bolzaneto tra i pestaggi duri e gioiosi inni fascisti? Il presidente del Consiglio si preoccupava dei panni appesi nei vecchi vicoli di Genova. Un’offesa all’immagine. Voleva fare bella figura con gli ospiti. Purtroppo quei panni si sono macchiati di sangue.