La Stampa
Martedì 31 Luglio 2001

I pm: le denunce? poche e generiche
Il procuratore aggiunto Lalla: «Con queste non si va lontano» Il gip: «Non tutti i fermati parlano di aggressioni». Ma spuntano gli atti di una spagnola, una tedesca e un argentino pestati nella scuola Diaz

DOPO IL G8 ANCORA TENSIONI inviato a GENOVA
AMMETTE
il procuratore aggiunto, Francesco Lalla: «Le denunce trasmesse dall’ufficio del gip sono generiche e indistinte. Con quelle non si va lontano».
Afferma il gip Elena Daloisio, che sabato scorso ha firmato insieme ai suoi colleghi le segnalazioni alla Procura generale, per l’iniziativa disciplinare contro i dirigenti e funzionari di polizia, e gli atti trasmessi, perché notizie di reato, all’ufficio del pubblico ministero: «Non tutti i fermati o gli arrestati che io ho interrogato hanno denunciato percosse e violenze da parte delle forze dell’ordine. Quelli che lo hanno fatto non sono stati in grado di precisare dove, in quale luogo e in quale momento sono stati picchiati. Noi abbiamo soltanto registrato, a parte le denunce dei dichiaranti, le lesioni obiettive che abbiamo riscontrato. Adesso che ricordo, solo uno dei fermati ha detto che l’hanno continuato a picchiare anche dopo l’arresto».
Tra gli atti trasmessi dal gip alla Procura vi sono anche i verbali di udienza di convalida di tre arrestati nella notte del blitz alla ex Diaz, tutti e tre ricoverati in ospedale per le lesioni riportate: Ana Martinez Ferrer, una ragazza di 26 anni di Barcellona; Lena Zuhlke, 24 anni di Amburgo; José Luis Sicilia Heras, 42 anni, nato a Buenos Aires ma residente in Spagna.
Denuncia José Luis: «La sera del sabato, io e i miei amici, eravamo in nove, avevamo come punto di riferimento l’edificio di fronte alla scuola. Alle 22,30 eravamo già dentro la scuola e ci stavamo preparando ad andare a dormire, perché al mattino volevamo partire molto presto, quando abbiamo sentito dei rumori. Qualcuno dei presenti - io no - ha collocato molto velocemente dei banchi davanti alla porta di ingresso. Ero al pianterreno e non ho visto lanci di oggetti, non mi risulta che si sia spenta la luce nella scuola. A quel punto una nostra compagna, si chiama Anna, ha gridato in inglese di non mettere banchi davanti alla porta. Da fuori hanno incominciato a dare colpi alla porta e c’erano persone che passavano con gli zaini. I poliziotti sono riusciti a entrare rompendo la porta e noi spagnoli ci siamo seduti per terra (prima che entrassero) con le mani alzate (quando la polizia è entrata), dicendo ai poliziotti che eravano pacifisti».
Per Ana Martinez Ferrer, invece, l’irruzione è avvenuta più tardi, e anche lei si stava preparando ad andare a dormire (non dormiva già): «Quando siamo tornati nella scuola, verso le 23, ci siamo preparati per la notte. Io ero al piano terra. Mentre ci preparavamo, ho visto gente spaventata, penso perché avevano visto la polizia, perché certe persone erano già state picchiate durante la manifestazione. La gente cercava di scappare: era una situazione di panico. Ho visto che qualcuno ha bloccato l’ingresso alla scuola alla polizia, mediante banchi contro la porta. Quando la polizia ha sfondato la porta, gridavano "bastardi". Tutti quelli a piano terra si sono seduti ai lati della parete alzando le mani. Penso che quando è arrivata la polizia eravamo senza luce».
Lena Zuhlke non ricorda a che ora è avvenuta l’irruzione: «Sono arrivata nella scuola pochi minuti prima che facesse irruzione la polizia. Mi trovavo al secondo o al terzo piano, mi sembra all’interno della classe III F. Stavo stendendo il mio materassino e ho percepito rumori. Un mio amico è venuto ad avvisarci dell’arrivo della polizia: il nostro istinto è stato quello di allontanarci il più possibile dai poliziotti per non essere nuovamente picchiati».
Lena Zuhlke racconta di essere scappata al quinto piano della scuola: «Da quando ci siamo nascosti sono passati tre minuti quando si è aperta la porta e sono arrivati dieci, quindici poliziotti (anche se non ricordo bene). Non ricordo come erano equipaggiati, ci hanno tirato fuori e hanno cominciato a colpirci con lo sfollagente. Mi hanno preso per i capelli, io sono caduta, mi hanno dato un colpo alla nuca e a quel punto sono scivolata giù per le scale, ma non sono stata spinta dalla Polizia».
Cosa succede, intanto, a piano terra, all’interno della palestra? Anna Martinez Ferrer: «Eravamo seduti con le mani alzate. Sono arrivati in dieci-dodici vicino al nostro gruppo, gridavano molto e ci hanno lanciato delle sedie. C’era molta confusione, i poliziotti avevano i caschi e il viso coperto da un fazzoletto, si vedevano solo gli occhi, altri due avevano abiti civili con il casco. Preciso che soltanto i poliziotti con il volto coperto ci hanno aggredito. La lesione che mi è stata refertata al braccio è stata provocata da un colpo infertomi mentre cercavo di ripararmi la testa con le braccia. Le aggressioni sono state commesse mediante l’uso di manganelli neri».
Conferma José Luis Sicilia Heras: «I poliziotti avevano il caso, anzi mi sembra che il viso dei poliziotti fosse coperto. Tutto è stato troppo veloce, prima mi hanno colpito alla testa e ho cominciato a sanguinare e hanno continuato a picchiarmi nonostante le ferite».
E’ il momento della perquisizione. Sempre Ana Martinez Ferrer: «Dopo, qualcuno ha detto basta e a quel punto è iniziata la perquisizione, con queste modalità: prendevano gli zaini, li svuotavano, noi eravamo tutti uniti, era una immagine crudele: separavano gli indumenti neri dagli altri».