Manifesto 29 luglio 2001

L'Europa ci guarda
ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA
 

"Berlusconi assassino. Genova libera. Assassini, assassini". Sono questi gli slogan più gridati alla rumorosa e colorata manifestazione che ieri si è svolta davanti all'ambasciata italiana a Londra. Un migliaio di persone hanno partecipato al terzo appuntamento organizzato da Globalise Resistance, Socialist Workers Party e altri gruppi per protestare contro la violenza della polizia e dei carabinieri italiani alle manifestazioni anti G8 della settimana scorsa. I tamburi hanno suonato per tutto il pomeriggio. Un ritmo sempre sostenuto, quasi nervoso, certamente penetrante come gli slogan dei partecipanti. Che la tensione (soprattutto di chi a Genova c'è stato) non si sia ancora stemperata è evidente. I volti sono tesi, qualcuno ha anche le lacrime agli occhi. C'è rabbia, tristezza per l'assassinio a sangue freddo di Carlo Giuliani ma c'è anche la consapevolezza che la violenza della polizia italiana, del governo Berlusconi, è la risposta di uno stato che "ha avuto paura - come ha detto uno dei cinque inglesi arrestati e rilasciati (uno, il cronista di Indymedia, 'Sky' rimane all'ospedale di Genova per la gravità delle ferite riportate) - di una simile folla. Trecentomila persone sono tante e il governo Berlusconi ha risposto con l'unica lingua che conosce, quella della repressione fascista, della violenza cieca mirata a colpire, torturare e uccidere". Parole dure, riecheggiate anche dagli altri interventi che ci sono stati.
Moltissimi i manifestanti reduci da Genova. Tutti hanno confermato che oltre a tenere alta la protesta contro la violenza del governo italiano, bisogna anche lavorare per non disperdere quello che si è conquistato a Genova. Per tutti, infatti, le manifestazioni anti G8 della settimana scorsa sono state un punto di svolta, nella crescita del movimento anti-globalizzazione. Un punto di svolta segnato dalla tragica morte di Carlo Giuliani e dal volto brutale e spietato della repressione di polizia e carabinieri. Ma anche un punto di svolta segnato dalla consapevolezza che organizzarsi in maniera compatta e libera è possibile. "Le trecentomila persone che erano a Genova - hanno detto i rappresentanti di Globalise Resistance (tra gli organizzatori del treno degli inglesi) - appartenevano ad aree di pensiero e di azione diversissime tra loro ma hanno dimostrato che è possibile pensare globalmente pur continuando ad agire localmente, ognuno con le proprie specificità". Per Globalise Resistance è possibile "ritrovarsi agli appuntamenti internazionali, globali, pur non dimenticando una volta a casa del lavoro che ciascuno di noi è chiamato a fare nel proprio territorio". Intanto gli avvocati dei cinque cittadini inglesi pestati e arrestati a Genova hanno confermato di aver inoltrato alla corte europea per i diritti umani la documentazione sulla violenza e la repressione di cui sono state vittime i loro clienti. Gli inglesi intendono portare davanti alla giustizia i responsabili di quella violenza e stanno anche valutando se sia possibile intraprendere azioni legali direttamente in Italia.
Manifestazioni anche a Berlino dove un migliaio di persone si sono riunite per protestare contro la violenta repressione messa in atto, a Genova, dalla polizia. Controllata da un massiccio schieramento di agenti in assetto antisommossa, la dimostrazione - nel pieno centro della città - si è svolta pacificamente. Tra le richieste dei dimostranti, il rilascio degli antiglobal tedeschi ancora in carcere, la creazione di una commissione internazionale d'inchiesta sui fatti di Genova, le dimissioni di politici e funzionari responsabili delle violenze.
Un pesante attacco all'operato degli agenti italiani è arrivato anche dal presidente del sindacato europeo di polizia, il tedesco Hermann Lutz, che - di fronte alle prime immagini - ha pensato si trattasse di fatti avvenuti "in una dittatura, ma non da noi nel centro dell'Europa".