Manifesto 28 luglio 2001

 

"Castelli ha visto i pestaggi"
Il racconto del fotoreporter romano Alfonso De Munno, rinchiuso in uno stanzone della caserma di Bolzaneto. Assieme ad altri giovani è stato picchiato per ore. Un signore si affaccia sulla porta. "Era il ministro Castelli"
BENEDETTO VECCHI

" Svelti, svelti, ripulite tutto. Sta arrivando il ministro". Sono le frasi gridate ad alta voce che il giovane fotoreporter romano Alfonso De Munno sente mentre è sdraiato per terra in uno stanzone nella caserma di Bolzaneto. Ha il piede destro fratturato e una costola incrinata. E' a Genova per partecipare alla manifestazione del 21. Di quel corteo ha potuto vedere però ben poco, perché è subito preso, picchiato e portato a Bolzaneto. La sua esperienza ripercorre lo stesso calvario che hanno vissuto centinaia di uomini e donne catturati dalle forze dell'ordine nelle retate per le strade della città ligure: pestaggi, insulti e sevizie. Ma ritorniamo a Bolzaneto, a quello che accade dopo l'annuncio dell'arrivo del ministro. Il giovane fotoreporter non riesce a stare in piedi, respira a fatica, si sdraia per terra e lì viene lasciato, mentre gli altri giovani sono costretti ad appoggiare la fronte sul muro con le mani alzate. Guai a girarsi o a parlare: manganellate e insulti. Alfonso vede un movimento sulla porta e un signore attorniato da altre persone vestite in giacca e cravatta. Poi, il gruppo passa oltre. Ma sei sicuro che fosse il ministro Castelli? "Certo - risponde - nel carcere di Alessandria anche un giovane che stava in un'altra stanza lo ha visto". Il ministro però ha dichiarato che ha sì visitato Bolzaneto, ma che non ha visto tracce di violenze. "Avrò perso il senso del tempo, ma quello che ti dico è ciò che ho visto".
Il racconto del fotoreporter romano inizia con il suo arrivo alla foce, cioè quel punto di Corso Italia in cui sono iniziati gli scontri sul lungomare genovese. Ha la sua macchina fotografica, ma non l'accredito per la stampa del G8, né del Genoa social forum. "Fare foto e documentare quello che accade è il mio modo di stare in questo movimento. Quando sono inziati gli scontri ho abbandonato quel fiume che era il corteo. Ho cominciato a fotografare gli scontri. C'era un gruppo di giovanissimi che demoliva una banca. Avrò fatto otto rullini. Poi sono andato in una strada laterale, dietro il palazzo che ospita i locali della banca. C'erano almeno una ventina di persone insieme a me, la maggioranza fotografi. Lentamente, ho cambiato il focale e il rullino. E' a questo punto che mi sono trovato di fronte la polizia. Girarmi è stato un attimo e ho visto un gruppo della guardia di finanza. Mi sono incamminato verso di loro con le braccia alzate. E' iniziato l'inferno. Mi hanno pestato, rotto il piede, i colpi, come ho potuto scoprire ore dopo, mi hanno incrinato una costola. C'era un ragazzo nero che ha tirato fuori il suo passaporto italiano. Lo hanno picchiato e insultato. Sai, frasi come 'negro di merda', 'bastardo'. Un altro giovane continua a ripetere 'non potete fare questo, abbiamo i nostri diritti'. Manganellate e insulti per tutti".
Alfonso fa un sorriso nervoso: "Dopo che è arrivato un poliziotto in borghese con la fascia tricolore al collo, che ha intimato di arrestarci tutti, ho avuto la sensazione che si fosse aperto un buco temporale, dove non c'erano più garanzie, né diritti. Ci hanno fatto salire su un cellulare. Altre botte e insulti. Urlavamo dal dolore. Ci hanno fatto scendere in una autorimessa e lì ci hanno perquisiti. Ci prendevano in giro: 'siete delle merde', 'bastardi rossi'. Si sono portati via tutti i rullini e la macchina fotografica che era stata spaccata nel primo pestaggio. Il dolore è quasi insopportabile. Arriva una poliziotta in jeans, polo e pettorina della polizia. Mi apostrofa con una frase: 'e se ti mettessi questa pettorina e ti mandassi in mezzo al corteo, cosa pensi che ti farebbero?'. Non lo so, rispondo, quello che mi state facendo voi, forse. Ma poi aggiungo: 'quello che merita un poliziotto che si comporta come voi'. Mi arriva un calcio da un poliziotto. L'arrivo a Bolzaneto è allucinante. Ci portano in questo stanzone. Svengo, mi portano in ospedale, mi visitano, mi danno dei sedativi e il medico e l'infermiere stilano un referto medico, sottolinenado che sono combinato male. Il ritorno nella caserma è il ritorno all'inferno. Altri calci e manganellate. La solita cantilena '1,2,3 viva Pinochet, 4,5,6 a morte tutti gli ebrei'".
Quale era l'ospedale? "Forse il San Martino". Ma chi vi aveva in custodia? La polizia di stato, i carabinieri? "Si sono dati il cambio. I carabinieri erano quelli che ci hanno trattato meglio. Quando entrava qualcuno nella stanza per picchiarci erano prevalentemente poliziotti, alcuni in borghese. Dovevo andare al bagno, ma un giovane carabiniere mi ha dissuaso: 'devi fare il corridoio. E' lungo, non te lo consiglio'. Poi sono arrivati degli uomini in divisa grigia, i Gom, che si sono messi i guantoni imbottiti e ci hanno piacchiato anche loro. Come ti ho detto era sdraiato a terra. Ho visto che ci pisciavano addosso, che ci spruzzavano sugli occhi una sostanze che bruciava. Per gli stranieri che non comprendevano gli ordini in italiano erano botte. Ho visto insultare le donne presenti, alcuni con il manganello le colpivano in alcune parti, come dire delicate. Oppure le minacce di una bella 'ripassata'. Con il trasferimento al carcere di Alessandria pensavo che fosse tutto finito. Mi sbagliavo. L'arrivo ha significato altre botte". Quando vi hanno portato in carcere? "Credo domenica mattina, albeggiava. Qui ci hanno manganellato, insultato e torurato..." Come torturato? "Come puoi definire lo stare in punta di piedi e solo con due dita appoggiate al muro e che appena cambi posizione sono manganellate? Poi tutto è finito, per fortuna. Nel pomeriggio sono stato visitato dal medico del carcere che si è detto meravigliato che non ci fosse un referto medico. Eppure lo avevano fatto quando mi hanno portato in ospedale. Nel carcere ho visto altri giovani arrestati. Il gruppo di austriaci e, se non ricordo male, sloveni fermati a 40 chilometri da Genova e picchiati. Il giovane di Lucca con un piede ridotto quasi una poltiglia solo perché un poliziotto affermava di averlo riconosciuto mentre partecipava agli scontri. Un signore siriano accusato di associazione a delinquere perché, secondo la polizia, guidava un furgone che trasportava spranghe e molotov. Eppure non ha la patente. C'è un abisso tra quello che pensavo del governo di centrodestra e quello che ho visto e subito. E' molto peggio". E adesso? "Mi costituirò parte civile assieme al Genoa social forum".