Corriere della sera 6 agosto 2001
PIANETA ANTIGLOBAL / Lilliput, Gsf e gruppi cattolici contro la violenza, ma i Centri sociali: anche il Dalai Lama la giustifica

Agnoletto e Casarini: quell’incontro non è illegittimo come il G8

Cremaschi (Fiom): il movimento parteciperà alla protesta dei metalmeccanici

MILANO - L’effetto «Genova» fa paura. Ai Grandi, costretti a ripensare al G8, e all’Italia che medita un trasferimento del vertice Fao di Roma in un Paese del Terzo mondo. Il leader delle Tute bianche Luca Casarini replica così alle parole del ministro dell’Interno Claudio Scajola che aveva motivato l’ipotesi trasferimento con possibili violenze dei manifestanti: «La Fao non è il G8, che è un vertice illegittimo. Se andremo, sarà solo per parlare di fame nel mondo». Eppure «l’effetto Genova» - con tre giorni di guerriglia e un morto sull’asfalto - preoccupa anche il popolo dei contestatori. Se è unanime la condanna per il comportamento delle forze dell’ordine, riprendono quota i dubbi di un movimento che oscilla dal pacifismo assoluto delle associazioni cattoliche, a forme anche radicali di disobbedienza e di autodifesa e che aveva raggiunto un equilibrio prezioso, ma precario, nel Genoa Social Forum. E intanto è alle porte un autunno caldo: mobilitazioni di piazza sono già annunciate.

FAO - «Spostare o meno il vertice Fao è affare del Parlamento, non nostro - spiega Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum -. Noi ci limitiamo a dire che non poniamo un problema di legittimità della Fao, al contrario di quanto avvenne per il G8». Sulla stessa linea Casarini: «A Roma si parlerà di terra, dello sviluppo dell’agricoltura e della fame nel mondo. Scajola, evidentemente, non ha paura di noi, ma dei suoi uomini, dei quali non si fida più, dopo quello che è successo».


AUTOCRITICA - Il caso Genova non è ancora chiuso e non lo sarà per lungo tempo. La magistratura è al lavoro per individuare le responsabilità delle violenze. E per gli antiglobal, accusati di non avere isolato le frange minoritarie violente, è già cominciato il confronto. Ha aperto il fronte Agnoletto, criticando la «dichiarazione di guerra» fatta da Casarini prima del G8. Ha proseguito il leader del Prc Fausto Bertinotti: «Bisognerebbe espellere anche dal linguaggio parole che provengono dalla tradizione militare». «Nella gestione del controvertice ho un sacco di cose da rimproverarmi - risponde Casarini -. La dichiarazione di guerra, per esempio, l’avrei spiegata meglio. Ne avrei sottolineato il carattere metaforico. Poi ho da rimproverarmi anche una certa ingenuità nell’affrontare la piazza». Nessun ripensamento invece sull’«autodifesa»: «E’ vero, abbiamo lanciato pietre, ma è stato giusto farlo: dovevamo difenderci dalle pistole di carabinieri e polizia».


VIOLENZA - «Io sto nel mezzo tra pacifismo e violenza». Parole di Manu Chao, prima del vertice. E i disobbedienti delle Tute bianche non sono distanti da queste posizioni. «Bisogna uscire da questo finto dibattito. Sono contrario alla violenza ma, come ha detto il Dalai Lama, una certa dose è necessaria, altrimenti ti schiacciano. E se l’ordine costituito è illegittimo e dispotico, bisogna violarlo». D’altronde, come spiega Daniele Farina del Leoncavallo, «se le forze dell'ordine escono dalla legalità, non me la sento di condannare chi reagisce». Casarini è pronto a guidare le sue Tute bianche dalla disobbedienza civile a quella sociale: «Dobbiamo reagire all’ingiustizia: se i senzatetto aumentano, dobbiamo occupare le case, se il transgenico avanza dobbiamo distruggere i campi». Violenza contro l’ingiustizia, ma solo contro le cose: «Noi siamo contrari alla logica militare - spiega Marco Beltrami, del centro sociale «La Talpa e l'orologio» di Imperia -. Il conflitto sociale è utile solo se c’è una mediazione politica. Se il governo non l’accetta, si assume la responsabilità delle derive violente».


STRATEGIE - Ma è da questa zona grigia che nascono i dubbi del movimento, nel quale ci sono personaggi come Don Ciotti e associazioni come la Caritas. Agnoletto ribadisce la scelta non violenta del Gsf: «Non abbiamo nulla a che vedere con i Black Bloc». Franco Gesualdi, della rete Lilliput, è sulla stessa linea: «L’obbedienza, come ricordava Don Milani, non è una virtù: ma noi di pietre non ne abbiamo tirate e siamo lontani anni luce dai violenti». «Gli scontri di Genova - spiega Raffaella Bolini, dell’Arci - hanno aperto nel movimento una discussione sul terreno della violenza. A settembre ci si dovrà confrontare sulle nuove strategie». Anche perché il Gsf si prepara già a scendere in piazza accanto alla Fiom, tute bianche al fianco delle tute blu. «Il movimento ci seguirà nella grande manifestazione dei metalmeccanici - spiega Giorgio Cremaschi, segretario piemontese della Fiom -. D’altronde la Confindustria italiana è un'espressione pura di globalizzazione selvaggia. Saremo in molti in piazza e senza violenze. Neanche delle forze dell’ordine, credo e spero, perché il governo non si può permettere un’altra Genova».
Alessandro Trocino