Corriere della sera 7agosto 2001
Gli interrogativi dautunno e i timori di Palazzo Chigi
di STEFANO FOLLI
Più che trasferire lontano
da Roma il vertice della Fao, il vero obiettivo del governo Berlusconi consiste nellimpedire
che lautunno sia la stagione dei disordini di piazza. Diffusi, violenti e
finalizzati a disarticolare lesecutivo. Può darsi che poggi su una percezione
sbagliata, ma lansia di Berlusconi e dei suoi principali collaboratori è reale.
Parte dallidea che la sinistra non sappia o non voglia recidere sul serio i fili con
il movimento «anti global», anche nelle sue frange più intolleranti: e che tale
renitenza si spieghi in parte con lincapacità di sottrarsi ai vari Agnoletto, e in
parte con la tentazione di «usare» lordine pubblico per destabilizzare il governo.
Luomo che agli occhi del centrodestra simboleggia questa ambiguità ha un nome:
Luciano Violante, ieri attaccato personalmente da Fini. Non proprio luomo forte dei
ds, ma certo quello più attivo nella fase precongressuale. Il più abile o il più
spregiudicato nel tenere insieme il palazzo, cioè il Parlamento, quel che resta del
partito e il «popolo», cioè la piazza. Il più deciso a sfruttare la commissione dindagine
sui fatti di Genova come unarma preziosa nelle mani di una sinistra che non
esiterebbe, sono sue parole, «a chiedere il sostegno dei cittadini» se i risultati non
fossero quelli voluti.
A Palazzo Chigi si guarda con inquietudine a una miscela inedita: manifestazioni
studentesche di protesta contro il blocco della riforma Berlinguer; ritorno in piazza del
sindacato; ripresa in grande stile dei cortei anti-G8 che finirebbero con il rappresentare
lanima comune di quella che Bertinotti definisce da tempo «la nuova opposizione
sociale». Unopposizione che volente o nolente cercherebbe nelle strade la bandiera
sfuggitale in Parlamento.
Stando così le cose, lipotesi di spostare il vertice racchiude un sottinteso
politico: obbligare la sinistra a togliere in via preventiva qualsiasi copertura ai gruppi
«anti global», visto che lesperienza ha dimostrato che la trattativa con gli
Agnoletto e i Casarini non garantisce risultati e anzi crea i presupposti di unaltra
trappola, come a Genova. Del resto gli indizi negativi non mancano: a Napoli, il 26 e 27
settembre, è previsto il vertice dei ministri della Difesa della Nato e già si
annunciano proteste «non disarmate». Russo Spena, di Rifondazione comunista, parla di
«provocazione». La strategia è chiara: lestrema sinistra promette cortei pacifici
a Roma, se il governo non rinuncerà al vertice della Fao; ma al tempo stesso annuncia
tuoni e fulmini contro la Nato. Così si crea un «filo rosso», da Napoli a Roma.
Ci sono buone probabilità che limmagine internazionale dellItalia esca a
pezzi da questo percorso di guerra. Sullo sfondo, altri segnali. Il ministro dellInterno
tedesco Schily ha usato toni davvero inusuali per dire al governo italiano quello che deve
fare (assumersi le sue responsabilità, non spostare la riunione della Fao); nelle stesse
ore ha accusato la polizia italiana per «gli eccessi di Genova», anche qui con unasprezza
inconsueta. E legittimo supporre che ci sia ormai un problema tra la Germania di
Schroeder e lItalia di Berlusconi. Come se una parte dellEuropa stesse
cercando loccasione per mettere Roma sotto tutela. Qualcuno sospetta che queste
iniziative abbiano a che fare con il rapporto privilegiato tra Berlusconi e lAmerica
di Bush. In ogni caso un dato è certo: dopo il G8 lItalia è tornata sulle pagine
della stampa mondiale e rischia di restarci fin quasi a Natale.
In altre parole, il momento è difficile. La maggioranza ha i suoi problemi, ma lopposizione
è chiamata a fare scelte chiare. Nel centrosinistra non tutti condividono la linea
intransigente. Rutelli ad esempio sembra molto cauto quando è in gioco limmagine
internazionale. E Castagnetti ieri ha chiesto una linea «bipartisan». Proprio quella che
in queste settimane non è mai sembrata così remota.
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