Corriere della sera 26 luglio 2001
Il no all’indagine conoscitiva e le domande senza risposta

di STEFANO FOLLI

S ilvio Berlusconi riferirà domani al Senato sull’esito del G8 e sul nuovo asse preferenziale tra Italia e Stati Uniti. È una piccola vittoria per l’opposizione che aveva chiesto la presenza in aula del presidente del Consiglio e non del solo ministro degli Esteri. Nei fatti il centrosinistra si prepara a contestare la politica estera del governo, in particolare il patto con Bush e il sì allo scudo spaziale. Renato Ruggiero, che invece parla oggi a Montecitorio, si è già affrettato a rassicurare gli alleati europei e a collocare quel sì nella cornice della tradizione: «I rapporti dell’Italia nell’Unione e con gli Usa non hanno subìto alterazioni o mutamento di linea, ma viceversa hanno trovato ulteriori momenti di continuità». Ma l’operazione non sarà così semplice. Berlusconi ha dato la sua impronta alla politica estera e l’amicizia speciale con l’America di Bush si avvia a essere un dato strutturale di questa legislatura.
Difficile credere che la sinistra rinunci a contestare il punto, in nome proprio della mancata continuità della politica estera. In particolare sul nodo cruciale dello scudo missilistico caldeggiato da Washington.
Per certi aspetti potremmo assistere a un altro «strappo» a sinistra, dopo quelli che hanno investito il rapporto con le forze dell’ordine (sui fatti di Genova) e la Banca d’Italia (i giudizi di Fazio).
C’ è un’altra conseguenza dell’intervento di Berlusconi a Palazzo Madama ed è il rinvio al 3 agosto del voto sulla mozione di sfiducia al ministro Scajola. E qui non si sfugge all’impressione che l’Ulivo, dopo aver issato la bandiera della mozione, non abbia poi tanta fretta di votarla nei due rami del Parlamento, consapevole com’è che il risultato è scontato a favore della maggioranza.
Altra cosa sarebbe la commissione conoscitiva sui tre giorni genovesi. Ma l’ipotesi, avanzata per primo da Giuliano Amato, è stata poi lasciata cadere. Vero è che il centrodestra l’ha subito respinta, non senza qualche provocazione superflua. La verità è che la commissione finirebbe per mettere in imbarazzo il governo perché troppe cose accadute a Genova attendono ancora una risposta convincente. A cominciare dalla perquisizione nella notte di sabato alla scuola Diaz.
A distanza di giorni, le testimonianze e le denunce circa la brutalità, in quella circostanza, della polizia non si esauriscono, anzi si moltiplicano. E raggiungono nuovi vertici di enfasi, a esempio nelle «rivelazioni» relative a un centinaio o più di manifestanti addirittura scomparsi nel nulla. «Temo il peggio» arriva a dire il verde Cento, uno dei parlamentari che sono stati a Genova. Mentre Mantovani, di Rifondazione, insiste nella sua tesi: forse «Berlusconi e Scajola non sapevano realmente quello che stava accadendo» perché erano all’opera forze oscure. E Bobo Craxi firma un’interrogazione con la sinistra.
L’ intervista del capo della polizia al Tg5, ieri sera, è stata un tentativo di rispondere alla ridda di voci che si inseguono nella nebbia da giorni. De Gennaro ha usato parole chiare e misurate, ma è dubbio che abbia risolto tutti gli interrogativi. Specie sulle violenze alla scuola Diaz. C’è, è vero, un’inchiesta della magistratura. Ma in termini politici la strada migliore per svelenire la tensione sarebbe stata l’indagine conoscitiva. Una strada che sembra ormai preclusa.
L’Ulivo ha privilegiato per calcolo politico la mozione di sfiducia, che suona come un giudizio di condanna preventiva a carico del ministro: e quindi è antitetica rispetto all’indagine parlamentare. Il centrodestra da parte sua è stato ben lieto di allontanare da sé l’imbarazzante ipotesi della commissione.
Una sola voce, quella di Marco Follini, si è fatta sentire per proporre uno scambio: rinuncia dell’Ulivo a una mozione in cui oltretutto crede poco, e assenso del centrodestra all’indagine parlamentare.
Una proposta ragionevole, ma il centrodestra si è attestato nella trincea dell’intransigenza. E la sinistra in quella della propaganda. I buoi, insomma, sono già scappati. E lo scontro su un’altra commissione, quella sulla Telekom Serbia, la dice lunga al riguardo.