La Stampa
Schily sul vertice: uno Stato non si tira indietro
Lunedì 6 Agosto 2001

Replica Frattini: il governo non fugge, non vuole che Genova si ripeta
Antonella Rampino
ROMA Sul ventilato spostamento da Roma del vertice della Fao, e sulla gestione dell’ordine pubblico a Genova, la Germania tira le orecchie al governo italiano. «Uno Stato non deve mai tirarsi indietro, mai perdere il monopolio della forza e la legittimità di garantire un vertice». Arriva da Otto Schily, dal ministro dell’Interno tedesco, la prima risposta di peso internazionale alla proposta di Silvio Berlusconi di spostare in Africa, forse a Nairobi, il vertice della Fao già in agenda per novembre a Roma. Schily, che ha premesso al proprio discorso che «naturalmente spetta allo Stato italiano decidere» e chiosato che però «c’è un principio fondamentale: non lasciare ai manifestanti la possibilità di decidere se, come e quando una conferenza deve avvenire», parlava alla stampa a margine del suo incontro con l’omologo italiano Claudio Scajola. Occasione nella quale Berlino ha oltretutto ribadito che a Genova «la polizia italiana in alcuni casi non si è comportata correttamente», sempre premettendo la propria «piena fiducia in Scajola e nella magistratura italiana», e sempre concludendo che è comune «la necessità di contrastare i fenomeni di violenza».
«Noi non abbiamo nessuna intenzione di lasciare le città in mano ai violenti. Nessuna fuga da parte nostra. Se il vertice si dovesse alla fine tenere a Roma la piazza sarà adeguatamente governata», risponde a Schily il ministro della Funzione pubblica Franco Frattini, che ha tra le proprie competenze la gestione e il controllo sui servizi segreti. «Scajola, correttamente, ha segnalato una questione che non è di paura o di incapacità del nostro paese di sostenere un vertice come quello. Ma dopo i fatti di Genova non ci sembra il caso di concedere una nuova occasione di saldatura tra quelle organizzazioni che a luglio hanno fatto vedere di cosa sono capaci», continua Frattini. E questo «per senso di responsabilità istituzionale, avendo toccato con mano qual è la capacità di affermazione di questa internazionale del teppismo e del vandalismo». Oltretutto, sarebbe «simbolicamente forte spostare in un paese povero un vertice sulla fame nel mondo».
Ma mentre da parte del centrosinistra sono innumerevoli le prese di posizione contrarie a spostare un vertice Fao già in agenda in una città - Roma - che è sede proprio di quell’agenzia dell’Onu, i leader del centrodestra tacciono. Le reazioni arrivano da esponenti del governo, parla a tarda sera il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, «saremmo davvero irresponsabili se non ci ponessimo il problema del vertice di Roma dopo quello che è accaduto a Genova». E Adolfo Urso di Alleanza Nazionale: «E’ legittimo e doveroso che Palazzo Chigi si ponga il problema».
La Farnesina si affida a un comunicato ufficiale, nel quale si precisa che «il trasferimento del summit mondiale sull’alimentazione è solo allo studio». Il motivo del tentativo di gettare acqua sul fuoco, prendendo contemporaneamente le distanze, sta forse nella genesi della proposta, offerta personalmente a Berlusconi da un alto dirigente degli Esteri in procinto di essere destinato ad altro incarico. Il presidente del Consiglio ne avrebbe poi parlato, prima ancora che in Consiglio, in Transatlantico con alcuni parlamentari, e l’idea sarebbe così rapidamente diventata pubblica «senza nessuna consultazione con gli altri ministeri», dicono alla Farnesina. Cose così, è il commento di una fonte interna, «si decidono dopo aver sentito i dicasteri interessati, a meno di voler fare una brutta figura sul piano internazionale». Il che è come dire: noi non ne sapevamo nulla, siamo stati tagliati fuori.