Da "Umanità Nova" n.27 del 22 luglio 2001
Questo è un mondo intollerabile
Globalizzamo la libertà
Non è più il tempo delle mediazioni. Mentre i potenti della terra sono accinti
comodamente a discutere ipocritamente di liberalizzare il commercio, di eliminare il
debito dei paesi poveri, di spartirsi il mondo secondo aree di influenza commerciale e
militare, è doveroso ricordare a noi stessi, militanti globali del nord del pianeta, che
in queste stesse ore milioni di individui, come noi, sfortunati solo perché nati
casualmente altrove, un altrove reso misero dalla divisione ineguale del pianeta, muoiono
di malaria, di sete, di aids, di armi portatili a forma di giocattolo, di commercio di
organi per i bambini di famiglie ricche...
Il G8 rappresenta questo ordine del mondo, feudale nella sua apparenza democratica
perché consente una protesta urlata nei limiti di compatibilità - e le vetrine rotte
rientrano, nonostante quello che i media raccontano come una finta "violenza",
nei limiti di compatibilità - e "comprata" con soldi pubblici, esattamente come
si faceva con le indulgenze di Santa Romana Chiesa, maestra ieri e oggi nel sembrare
quella che non è, e una tantum restituiti capziosamente per dividere, per sedurre, per
integrare.
La natura criminogena della terra sventurata sottoposta al predominio dei più forti e
dei più ricchi è ormai una realtà che solo media venduti possono ignorare o relegare
alla spettacolarizzazione della crudeltà come anestetico nei riguardi di una
quotidianità allucinante per chi la subisce, non per chi la osserva dietro lo schermo
piatto di un televisore o di un monitor girovagando per il world wide web. I G8 sono i
ricercati n.1, e vengono costantemente assediati nei loro vertici. Ma la loro eliminazione
passa urgentemente per una pratica politica e sociale che dovrà saldarsi con le istanze
dei popoli del sud del pianeta, che non chiedono spettacolarità delle azioni
pseudo-trasgressive, che non chiedono che i loro problemi entrino nell'agenda lunga e
ipocrita delle Nazioni unite; essi chiedono che una sollevazione mondiale elimini il
meccanismo che alimenta la schiavitù dipendente del povero dal ricco, sotto forma di
ricatto armato, di protezionismo commerciale, di sovvenzioni all'export in direzione
nord-sud e di abbassamento dei costi delle materie prime per l'export in direzione inversa
sud-nord.
Essi chiedono non l'eliminazione del debito estero ma il rovesciamento di una politica
economica e finanziaria globalizzata che alimenta povertà e sussistenza depredando le
regioni ricche del sud, delle loro risorse (acqua, legna, minerali, petrolio, ecc.), dei
loro stili culturali di vita, dei loro alimenti non standardizzabili. Essi chiedono che
non tutto possa essere trasformato in misura monetaria restringendo così i legami sociali
che nutrono scambi in natura, attraverso e dentro le comunità, basato su fattori diversi
dal denaro equivalente per tutti e per tutto, nell'omogeneità globale dettata dal prezzo
di vendita del Big Mac...
Essi chiedono pertanto non un dialogo teso a far emergere il problema, teso a
legittimare le parti contrattuali; essi chiedono a noi di interrompere il gioco, di
radicare una opposizione che sottragga legittimità e spazio di manovra ai ricchi e
potenti della terra, e non che contratti quote alternative e ridotte di miseria e
sfruttamento.
Perché non è più il tempo delle trattative al ribasso. La morte incombe, il pianeta
va verso l'esaurimento delle risorse di vita grazie alle nefaste e micidiali politiche
neoliberiste (privatizzazione dell'acqua, scambiabilità delle quote di emissione
dell'inquinamento atmosferico, saturazione degli spazi metropolitani, moltiplicazione
degli armamenti tradizionali e non - agenti chimici, biologici, nucleari). Il radicamento
di una politica sociale diffusa sui territori elaborerà una agenda alternativa che valga
a pensionare definitivamente i ricchi della terra spazzati da una proliferazione di idee,
pratiche e esperienze che sappiano costruire un mondo nuovo mentre distruggono quello in
vigore, senza mediare quote di ordine o di disordine accettabile.
Per questo, la radicalità delle proposte progettuali dovrà prevalere sui tatticismi
politichesi che misurano non la validità dei progetti sociali con cui mettere in soffitta
questo mondo e viverne da subito un altro, tanto al nord quanto al sud, bensì
l'esteticità psuedo-eroica di una visibilità mediatica che confonde l'apparire con
l'esserci sul serio nelle cose. Alzare la posta teorica della proposta politica e sociale
significa così saldarsi alle istanze reali delle urgenze del pianeta, con l'obiettivo
minimale di salvare vite, di accrescere opportunità di esistenze libere dal dominio e
dallo sfruttamento, individuando pertanto i padroni del vapore per farli evaporare, non
per adoperarsi a trasformarli improvvisamente in santuomini.
Così non vogliamo un G8 alternativo che si allarghi a 22 o 44 leader nazionali
rappresentanti di se stessi e del loro strato elitario che li sorregge pagando
profumatamente i loro privilegi di scala; non vogliamo una Banca Mondiale o un Fondo
Monetario riformati con qualche intellettuale di sinistra in cabina di comando per fare
cose giuste; non vogliamo le Nazioni unite democratiche dove ad avere il diritto di veto
siano dieci e non cinque, mentre l'Assemblea generale riunisce capi di stato ossequiosi
degli equilibri vigenti; non vogliamo una, due o dieci superpotenze perché sempre di
potenza micidiale si tratterebbe.
Vogliamo un mondo diverso dove non ci sia spazio per sostituzioni, ma spazio libero per
inventare altro, per fare spazio eliminando potenze, ricchezze unilateralmente accumulate,
distribuite e diffuse, in maniera che ogni popolazione possa autogovernarsi senza
autorità globali (anche e soprattutto di quelle eventualmente simpatetiche e vicine agli
sfruttati: abbiamo visto la specificità delle sinistre al potere in questi ultimi anni),
ma tessendo orizzontalmente il filo della solidarietà tra eguali nella differenza.
Salvo Vaccaro |