Corriere della sera 29 luglio 2001
IL
RETROSCENA
Risposte certe sugli
scontri per ricucire il rapporto con il ministro
L’irritazione di
Scajola per la relazione inviata dal capo della polizia
- In realtà la relazione era già uscita dalla stanza di De Gennaro accompagnata dall’idea
che dovesse essere il presupposto per una nuova inchiesta. Lì non c’erano risposte
da considerarsi definitive, ma ulteriori domande ed episodi da chiarire. Quello che invece
non doveva essere un «caso», ma rischiava di diventarlo, era la frase dell’intervista
del capo della polizia al Tg5 sul ministro «sempre informato» di quanto accadeva a
Genova; perquisizione compresa, ha provato a dire qualcuno e allora il ministro ha voluto
la smentita ufficiale: dell’irruzione nella scuola lui ha saputo, nella notte, solo a
cose fatte. Anche quell’ambiguità ha pesato, suggerivano ieri mattina le fonti
interne al Viminale. C’è dunque una frattura tra Scajola e De Gennaro? E il ministro
si è schierato coi «falchi» che, dentro Forza Italia e nella maggioranza, vogliono la
testa del capo della polizia per motivi che col G8 c’entrano poco o nulla? Niente
affatto, si affrettavano a correggere le stesse fonti nel pomeriggio. E’ solo che il
responsabile dell’Interno, a differenza di tutti gli altri membri del governo
(presidente del Consiglio compreso), prima di dire la sua deve valutare tutti gli elementi
nella loro complessità, perché a ogni sua parola sull’argomento devono
corrispondere decisioni e fatti concreti. E allora, «in piena sintonia col prefetto De
Gennaro», il ministro attende di conoscere gli esiti degli accertamenti in corso per poi
trarre le conclusioni.
Raccontata così, sembra una commedia nella quale il ministro recita un doppio ruolo a
seconda dell’aria che tira fuori dal Viminale. In effetti, è normale che Scajola
risenta delle pressioni di chi - dal presidente del Consiglio ad altri esponenti del
governo e del suo stesso partito - esige chiarezza e risposte definitive dai responsabili
dell’ordine pubblico. Ma allo stesso tempo si è reso conto delle difficoltà di
risalire a responsabilità precise su quanto è accaduto a Genova. Inoltre, la
sostituzione del capo della polizia aprirebbe una partita più ampia, che comprende anche
i vertici dei carabinieri e dei Servizi segreti e, al momento, il governo non sembra
pronto a giocarla.
Insomma, fermi restando i malumori per quello che in questa settimana di passione non ha
funzionato, Scajola sarebbe schierato col partito delle «colombe» - anch’esso
trasversale a Forza Italia e nel resto della maggioranza - che preferisce al momento
lasciare le cose come stanno.
Se la stanza del ministro ieri è rimasta vuota, quelle nell’altro corridoio del
secondo piano del Viminale, dove lavorano De Gennaro e il suo staff, erano piene come ogni
altro giorno della settimana. Il capo della polizia firmava carte e impartiva disposizioni
e a chi gli riportava le voci di una sua lettera di dimissioni respinta o «congelata»
dal ministro ribadiva la posizione espressa nell’intervista televisiva: «Non ho mai
ravvisato i motivi» per lasciare l’incarico. Finora non ne ha ravvisati nemmeno per
rimuovere funzionari come il direttore dell'Ucigos, l’organismo che si occupa di
prevenzione e terrorismo, La Barbera, o dello Sco, il Servizio centrale operativo,
Gratteri, che hanno partecipato alla sanguinosa irruzione nella sede del Genoa Social
Forum. Sono due persone di fiducia di De Gennaro, che con lui hanno condiviso anni di
lavoro sul fronte della lotta alla mafia ed è difficile immaginare che «il capo» decida
di scaricarli facendone dei capri espiatori.
Il tentativo del prefetto è un altro: individuare i singoli responsabili delle violenze,
fermo restando che nessuno dei vertici di polizia che si trovavano a Genova - dal vicecapo
Andreassi a La Barbera, dal questore di Genova Colucci e Gratteri - ha dato l’ordine
di pestaggi indiscriminati o di vendette contro i manifestanti. Anzi, quello che era stato
detto e scritto nei manuali, distribuiti agli agenti spediti in piazza, era l’esatto
contrario. Ora si tratta di vedere come le indicazioni iniziali sono state tradotte nella
pratica e chi, e a quali livelli, eventualmente ha sbagliato.
Ma il tempo a disposizione è poco. La politica ha bisogno di risposte rapide, oltre che
convincenti e anche la battaglia tra maggioranza e opposizione incide su ciò che è
avvenuto e avverrà nel Palazzo del Viminale. L’insistenza con la quale dal
centrosinistra vengono rilanciate le accuse al ministro dell’Interno rischia di
produrre l’unico effetto concreto di rimuovere o indebolire un gruppo dirigente della
polizia che - come Berlusconi ricorda a ogni occasione - proprio quella parte politica ha
insediato e apprezzato nelle stanze dei bottoni.
Per tutti questi motivi gli ispettori inviati da De Gennaro hanno il compito di concludere
al più presto la loro missione, individuando responsabilità il più possibile precise e
definitive. Poi la magistratura farà il resto, ma adesso è la stessa polizia che deve
dare il segnale di poter intervenire al suo interno in maniera efficace. Già domani il
capo della polizia potrebbe ricevere le relazioni e trasmetterle al ministro. E’ la
carta più importante rimasta in mano a De Gennaro per salvare non tanto la sua poltrona,
ma un lavoro cominciato nel giugno dell’anno scorso e che naturalmente non riguardava
solo Genova e il G8. Forse l’ultima.
Lo sa lui e lo sa Scajola. Ora non c’è più il problema di fingere che il vertice
degli Otto Grandi sia andato bene, per cui nulla si poteva toccare senza un’ammissione
di sconfitta da parte del governo Berlusconi; l’immagine di quella riunione
internazionale è stata travolta dagli incidenti e chi vuole cavalcare l’insuccesso
per regolare vecchi conti o aprirne di nuovi sul futuro dell’ordine pubblico e della
guida delle forze di polizia potrebbe tornare alla carica con buone speranze di vittoria.
Molto dipende da quelle risposte e da quanto il ministro dell’Interno se ne potrà
dire soddisfatto.
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Giovanni
Bianconi |
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