La Stampa
Domenica 29 Luglio 2001

retroscena
Guido Ruotolo

inviato a GENOVA
SONO entrato nella caserma di Bolzaneto la sera di domenica, erano le undici. Alle 22,15 i colleghi della polizia ci avevano consegnato i ragazzi della Pertini ex Diaz. In che condizioni erano? Portavano addosso i segni della notte precedente e, comunque, meglio di me parlano i referti medici. Ma dal momento in cui li ho avuti in consegna, fino alla traduzione nelle carceri, non sono stati picchiati da nessuno. E’ facile gettare la benzina sul fuoco, spero che la magistratura faccia giustizia di tutte le menzogne che sono state dette».
Enzo Calvani, ispettore superiore, la notte di domenica comandava una squadra di dodici agenti di polizia penitenziaria del servizio centrale delle traduzioni, e si trovava all’interno della caserma di Bolzaneto. La sua testimonianza non colma un vuoto di ventidue ore nella ricostruzione di quello che è accaduto in quella caserma della polizia. Un vuoto che le indagini della magistratura e l’ispezione ministeriale del Viminale dovranno riempire. E’ in quelle ventidue ore, infatti, che gli arrestati sarebbero stati pestati, oggetto di minacce e di cori "Faccetta nera", costretti a inneggiare al Duce e al Pinochet. Chi erano quegli uomini delle forze di polizia responsabili di queste violenze? Poliziotti, carabinieri, finanzieri, altri agenti di polizia penitenziaria? I gom, i reparti speciali? «Escludo che i gom si siano occupati della traduzione dei detenuti - dice l’ispettore Calvani - perché loro, a Genova, hanno svolto un ruolo d’ausilio e di supporto».
Prende fiato l’ispettore generale: «Li avremmo picchiati a sangue? Che vergogna, ma se siamo stati noi a rifocillarli, a procurare alle ragazze gli assorbenti, a dare le coperte - sì le coperte perché tutti erano infreddoliti -, l’acqua, i panini. Vorrei che quella studentessa italiana, se non ricordo male era di Padova, sposata negli Stati Uniti, raccontasse quella notte. Era impaurita, non sapeva quello che le riservava il futuro, cosa le sarebbe successo. L’abbiamo rassicurata, le abbiamo addirittura assegnato il compito di interprete per cercare di tranquillizzare tutti, lei e gli altri ragazzi».
L’ispettore Calvani, alle undici di domenica sera era già lì, in quel corridoio della caserma di Bolzaneto, con i suoi uomini, tutti in servizio a Firenze, quando la polizia affida all’amministrazione penitenziaria - il verbale ufficiale annota l’orario: 22,15 del 22 luglio 2001 - gli arrestati della scuola ex Diaz. «In quel corridoio, accanto alla palestra, le prime due stanze - ricorda l’ispettore generale - erano gestite dalla polizia, poi c’erano i bagni e dopo la nostra infermeria, il nostro ufficio matricole e, infine, i due stanzoni per i fermati, le donne in un uno e gli uomini nell’altro».
Naturalmente anche il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha avviato la sua inchiesta interna. Il consigliere Alfonso Sabella, ex pm di punta della Procura di Palermo, responsabile del G8, è il coordinatore di questa inchiesta, e potrebbe anche essere sentito come testimone dalla Procura, nelle prossime settimane. Un riscontro alla «verità» raccontata dall’ispettore Calvani, comunque, verrà dal raffronto tra i diversi referti medici, quelli documentati dai due ufficiali sanitari del Dap, nel momento in cui gli venivano consegnati gli arrestati per essere trasferiti in carcere, e quelli dei medici delle varie strutture carcerarie di accoglienza degli arrestati: Alessandria, Pavia, Voghera e Vercelli. Dai primi riscontri incrociati, sembrerebbe che coincidano le lesioni riscontrate nel momento della consegna e quelle all’arrivo in carcere. Naturalmente, in via ipotetica, l’autorità giudiziaria e quella ispettiva potrebbero mettere in discussione i referti, incriminando i vari medici che li hanno sottoscritti, e comunque non documentano quello che potrebbe essere accaduto prima, dal momento in cui sono arrivati nella caserma di Bolzaneto (ore 2 del 22 luglio) fino alle 22,15, quando sono stati consegnati al reparto traduzioni.
«Che clima c’era quella notte? Di grande stanchezza - risponde l’ispettore Calvani - e non di tensione esasperata. Gli stessi ragazzi, francamente, non mi sono sembrati molto impauriti». Calvani racconta che il primo pullman con 15 arrestati lascia Bolzaneto diretto al carcere di Pavia tra le 3 e le 4 del mattino. Erano tutti «stanchi», ricorda l’ispettore generale. Lui stesso, con i suoi uomini, venerdì pomeriggio aveva vissuto un momento drammatico: «C’era stato l’assalto dei Black block al Comando provinciale dei carabineri, a San Giuliano. Noi dovevamo prendere in consegna degli arrestati, e invece è andata che ci siamo trovati da soli nel Comando a respingere l’assalto, perché tutti i carabinieri erano fuori a fare ordine pubblico». Il racconto dell’ispettore Calvani si chiude qui. Secondo lei, nella caserma Bolzaneto, i ragazzi sono stati picchiati? «La mia sarebbe una supposizione senza valore. Non me la sento di pronunciarmi su qualcosa che non ho vissuto».