Manifesto 29 luglio 2001 GENOVA/MIGRANTI
I labili confini della libertà
ALESSANDRO DAL LAGO
Come riportava il Corriere della Sera di due giorni fa, il
governo Berlusconi, nonostante il G8, non ha perso tempo e sta ultimando il decreto
sull'immigrazione. Dovremo naturalmente conoscere il testo definitivo, ma fin da oggi sono
chiari i punti qualificanti: istituzione del reato di "immigrazione
clandestina", con pene detentive fino a quattro anni; moltiplicazione dei centri di
"permanenza temporanea" e aumento dell'internamento fino a due mesi;
"contratto di soggiorno", in base al principio "resti finchè servi e poi
fuori dalle scatole"; restrizione al coniuge e ai figli minori per il
ricongiungimento famigliare. E poi totale vaghezza sul diritto d'asilo, oltre che
mantenimento delle norme sull'integrazione della Turco-Napolitano che, come sanno anche i
sassi (ma non la Commissione sull'integrazione a suo tempo istituita), sono rimaste
lettera morta.
Sembrerebbe tutto scontato, anche se l'iter parlamentare del decreto sarà probabilmente
meno facile del previsto. Si sa che gli ex-democristiani al governo non sono favorevoli al
reato di immigrazione clandestina, che saturerebbe ulteriormente le carceri. Ed è
significativa l'assenza di Forza Italia dal gruppo di lavoro che ha elaborato (si fa per
dire) il progetto, frutto esclusivo dell'ingegno della Lega e di An. Espressione diretta
dell'impresa, Fi è scettica probabilmente sul "contratto di soggiorno" che
subordina (almeno a parole) l'impiego della forza-lavoro a restrizioni di cui i nostri
illuminati imprenditori non vogliono sentir parlare. Ma questi sono dettagli. Non
dubitiamo in particolare che l'ingegner Castelli, il cosidetto ministro della giustizia
che nella caserma di Bolzaneto c'era ma non ha visto nulla, troverà il modo di tenere in
riga i carcerati, anche se dovessero diventare molti di più.
Per apprezzare l'autentico sapore di questo progetto, dobbiamo fare un passo indietro. In
una interessante intervista a Repubblica, il capo della polizia De Gennaro ha così
difeso il suo operato a Genova: "Abbiamo difeso l'incolumità dei cittadini, nessuno
dei quali è rimasto ferito". Non si tratta di un lapsus ma di una presa di posizione
filosofico-politica. De Gennaro e (sotto di lui) le pittoresche truppe che hanno operato a
Genova (Ps, Cc, Guardia di Finanza, Guardia forestale, Gom, polizia penitenziaria ecc.)
non consideravano cittadini i manifestanti, e tanto meno i 500 feriti e le centinaia di
arrestati. Come dire che la cittadinanza è revocata a chi manifesta pubblicamente il suo
disaccordo con il governo e non ha l'accortezza di tenerselo per sé. A me è capitato di
partecipare a Genova a una tavola rotonda prima del G8, in cui un qualche esponente locale
dei Ccd ha detto: "Tuteleremo la libertà di pensiero di chi dissente" -
una libertà il cui supremo garante dovrebbe essere Dio (per chi ci crede), ma non
certamente i suoi servi finiti in politica, che dovrebbero più modestamente occuparsi di
tutelare le manifestazioni del dissenso.
Che c'entra tutto questo con il nuovo decreto sull'immigrazione? Moltissimo, a mio avviso,
perché sia la filosofia politica di Maroni e Fini, sia quella di De Gennaro (si noti,
voluto a suo tempo dal centrosinistra), esprimono lo stesso concetto: tracciare una nuova
linea di distinzione tra chi è dentro e chi è fuori, tra chi ha diritti e chi non ha.
Fino a qualche giorno fa, sembrava che solo gli immigrati fossero perpetuamente in bilico
sul confine dell'esclusione: i precedenti governi hanno elaborato leggi restrittive (Dini,
Turco-Napolitano), hanno inventato i centri di "permanenza temporanea", hanno
sventatamente favorito l'equazione "immigrazione uguale criminalità", ma almeno
non se la sono sentita di inventare una ignobile fattispecie giuridica, che punisce con il
carcere la fuga dal bisogno e dall'oppressione o semplicemente l'ansia di libertà. I
"liberali" al governo, invece, decidono di punire insieme il diritto di fuga per
gli stranieri e il diritto di dissenso per gli autoctoni. Un bell'esito, davvero, per
tutti i voltagabbana che dopo aver abbandonato il "comunismo" hanno trovato in
Berlusconi, Bossi e Fini i difensori della libertà.
Passando a cose più serie, sia il decreto sull'immigrazione sia la gestione dei fatti di
Genova mostrano come sia illusorio pensare che la democrazia formale, lo stato liberale
(almeno in Italia), sia una protezione efficace dalle pulsioni più oscure del
capitalismo, dei suoi profittatori e delle sue guardie armate. Forte di una maggioranza
parlamentare e di un consenso virtuale, questo governo sta visibilmente gettando le
premesse di uno stato d'eccezione, non il fascismo, forse, ma certamente una
"democrazia" autoritaria e plebiscitaria. Non lo dice, né sembra in grado di
articolarne compiutamente la dottrina, ma lo fa. Padrone di tutta l'informazione
televisiva e di gran parte di quella stampata, può permettersi per il momento di ignorare
il profondo sospetto che ha generato nel mondo. Ma non è da quest'utimo che dovremo
aspettarci per il momento una correzione di rotta. Come sempre, questa discende da noi,
dalla nostra capacità di parola e di azione politica. Ed è per questo che è nostro
interesse opporci al pugno che si sta abbattendo sui migranti. Quello che potremmo subire
in futuro, loro lo stanno già sperimentando.
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