Corriere della sera 27 luglio 2001
La procura: faremo luce sulla caserma di Bolzaneto

Inchiesta dopo le denunce di pestaggi, chiesto l’elenco di carabinieri e poliziotti. Il pm Pinto: chi sa parli

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - Una caserma isolata, vicino all’autostrada a Bolzaneto, appena fuori Genova. Dentro, un centro di detenzione per identificare i quasi 300 fermati prima del loro trasferimento nelle carceri del Nord: decine dei manifestanti rilasciati nella notte tra mercoledì e giovedì hanno raccontato che, in una di quelle palazzine nascoste da un muro di cemento armato, sono stati picchiati, umiliati, a volte torturati. La procura della Repubblica ha così aperto una nuova inchiesta.
È la seconda sull’attività di polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria nei giorni del vertice. Per la prima indagine, quella sulla violenta perquisizione nella sede del Genoa Social Forum e i 92 arresti non convalidati dai giudici perché senza indizi, ieri il procuratore aggiunto Francesco Lalla ha convocato il comandante provinciale dei carabinieri e il dirigente della Digos. L’ufficiale dell’Arma e il funzionario della questura dovranno fornire l’elenco di tutti i militari, gli agenti e i superiori che sabato notte hanno eseguito e diretto l’operazione terminata con 61 feriti, alcuni ancora in ospedale. Ai responsabili dei gruppi in servizio a Bolzaneto nella base del IV Reparto mobile della polizia, sarà presto chiesto di fare altrettanto. Nei due casi l’accusa, al momento contro ignoti, è di lesioni gravi, violenza privata e abuso d’ufficio.
Un’altra brutta pagina nella gestione di questo G8. Sulle violenze nella caserma di Bolzaneto, indagheranno sette magistrati del pool che si occupa di reati della pubblica amministrazione. Sarà un’inchiesta delicata perché riguarda gli abusi più gravi tra quelli denunciati in questi giorni: l’aggressione di persone non durante gli scontri di piazza venerdì e sabato pomeriggio, ma durante la loro detenzione. La procura lancia un altro appello: «È un invito esplicito ai ragazzi fermati e rilasciati e agli agenti che hanno visto, a presentarsi nei nostri uffici - spiega il sostituto procuratore Francesco Pinto -. Potranno così verbalizzare la loro testimonianza ora che i ricordi sono ancora vivi. Sarà sicuramente data priorità a questo procedimento, perché riguarda violenze subìte in stato di detenzione. Si tratta di episodi gravi».
L’inchiesta è già di fronte a un problema inimmaginabile prima di tutto questo. La raccolta delle testimonianze e le indagini non potranno essere delegate alla questura, al comando dei carabinieri o alla finanza. In quegli uffici, vittime e testimoni potrebbero non sentirsi garantiti. La verbalizzazione sarà affidata al personale che lavora nel palazzo di giustizia.
Tutti i fermati nei giorni del G8 sono passati dalla caserma di Bolzaneto. Tranne i feriti ricoverati. Nella base del IV reparto mobile i manifestanti sono stati identificati con le impronte digitali e rinchiusi in una palazzina sorvegliata da agenti di polizia penitenziaria, in attesa del viaggio verso il carcere. E lì, secondo le testimonianze, sono avvenute le violenze. Con la partecipazione di poliziotti e carabinieri.
L’elenco contenuto nei racconti dei manifestanti è lungo: gas lacrimogeno sparato dentro le stanze, persone tenute in piedi per ore senza la possibilità di andare in bagno, ragazzi sbattuti più volte con la faccia contro il muro, denti rotti, calci nei testicoli. E ancora: file di agenti tra i quali i fermati dovevano passare sotto i colpi di manganello. Minacce di stupro alle donne. Botte ai disabili. L’obbligo di ripetere inni al duce e a Pinochet. A qualcuno avrebbero anche urinato addosso. Sono gli abusi di cui parlano alcuni dei ragazzi rilasciati: Massimiliano Amodio, 31 anni, di Napoli; Alfonso De Munno, 26, fotografo di Roma liberato con il volto gonfio e un piede e una costola fratturati; Anna Giulia Kutschkau, 21, tedesca; Enrico Sciaccaluga, 19, di Genova; Evandro Fornasier, 39, di Torino; Adolfo Sesma e Luis Lorente, spagnoli. Poi ci sono i tanti stranieri che non hanno potuto parlare. L’altra sera la polizia li ha attesi all’uscita dalle carceri e li ha subito rimpatriati.
Fabrizio Gatti