DA BRESCIA Stella rossa e frase di Mao sulla
t-shirt: delegato Fiom in carcere per un giorno
A. MAN.
Era andato sabato a Genova per la manifestazione, si è ritrovato
domenica all'alba fuori dal carcere di Alessandria, "sequestrato" per oltre 24
ore senza alcuna accusa. Per colpa di una maglietta, con una stelletta rossa e una frase
di Mao. Un simbolo comunista, insomma. E tanto bastato alla polizia, sabato pomeriggio a
Genova, per arrestare un delegato bresciano della Fiom, un operaio della Stefana Fratelli
di Ospitaletto (Brescia).
L'hanno portato in questura, poi nella notte al carcere di Alessandria. Bruno Pasolini, 45
anni, per una vita iscritto al Pci e poi a Rifondazione, stato rilasciato domenica sera.
Il suo fermo non è mai stato convalidato dalla magistratura, non ha mai potuto chiamare
un avvocato né la sua famiglia e non ha incontrato neanche un legale d'ufficio. Per oltre
dodici ore gli hanno impedito di andare al bagno, di bere e di mangiare, come d'altronde
è accaduto a tanti altri. L'hanno preso nel palazzo in cui aveva cercato rifugio durante
le furibonde cariche della polizia: Bruno, colpevole solo di aver perso di vista i suoi
compagni della Fiom, non aveva neppure un limone o qualcos'altro per proteggersi dal fumo
acre dei lacrimogeni urticanti. Benché il loro delegato fosse ormai libero, ieri i
lavoratori dell'acciaieria di Ospitaletto si sono fermati per due ore per solidarietà.
"I poliziotti - racconta Bruno Pasolini - erano come impazziti, una cattiveria
inaudita, picchiavano dove capitava per fare male. Mi ero allontanato dallo spezzone della
Fiom e insieme a un gruppetto di ragazzi giovani, in preda al panico, mi sono infilato in
un palazzo, su per le scale. C'erano anche due persone anziane, letteralmente
terrorizzate. A un certo punto abbiamo pensato che le cariche fossero finite e abbiamo
riaperto il portone, ma i poliziotti ci aspettavano fuori e sono entrati in tre, gli altri
sono rimasti sotto. Abbiamo cercato di spiegarci, "siamo persone tranquille", e
del resto lo vedevano anche da soli. Infatti hanno detto "andate via" e ho fatto
per scendere. Ma ero in canottiera, avevo tolto la maglietta, e non so perché un
poliziotto mi ha detto: "rimetti la maglietta". Era una richiesta assurda, però
la maglietta l'ho rimessa. E' stato allora che hanno visto il simbolo e la frase di
Mao".
E solo in quel momento l'hanno fermato, perché prima l'avevano lasciato andare.
"Dicevano: sei un comunista di merda, da qui non ti muovi", prosegue Pasolini.
Ma non si è perso d'animo, Bruno, cercava ancora di spiegarsi con calma. "Sono un
pacifista", diceva ai poliziotti. Ma loro insistevano, feroci: "Comunista di
merda, siete tutti uguali". L'hanno caricato in manette sul cellulare, l'hanno
portato in questura e domenica all'alba è arrivato in carcere ad Alessandria. Ad ogni
passaggio altri insulti e altre botte a freddo.
"Questi lavorano soprattutto sull'aspetto morale, psicologico", commenta adesso
il delegato Fiom, sorpreso e indignato prima che arrabbiato. "Cercano di umiliarti,
di farti crollare, vomitano i peggiori insulti su di te e sui tuoi ideali. Ho visto tra
gli arrestati ragazzini giovanissimi che piangevano disperati, quello che ho passato io
l'hanno passato anche loro".