Manifesto 29 luglio 2001

Mamma Africa il G8 e l'apartheid
"La fame non è un 'inconveniente', è un crimine": intervista a Miriam Makeba, sui fatti di Genova, prima del suo concerto alla rassegna "Lagomaggiorejazz"
ENZO DI MAURO - VERBANIA

Miriam Makeba parla con il tono fermo e dolente di chi ha conosciuto il sapore acre della violenza e della discriminazione. E' una donna abituata a riflettere e a combattere. Ha sulle spalle (forti, fortissime) trent'anni di esilio e di battaglie per la libertà del suo Sudafrica. Ha imparato - così dice - a studiarlo e a conoscerlo meglio da lontano.
E' una cittadina del mondo, suo malgrado costretta dalle penose circostanze e dal lavoro a non fermarsi mai, a incontrare sempre nuove persone e a offrire loro l'immensa sapienza accumulata nello spazio tragico del secondo '900, impastato di ludibrio e di speranza, e anche beninteso l'arte sublime del suo canto, la meravigliosa grandezza di una voce capace di tutto ovvero gioia incarnata e sostanza di felicità. Simbolo di un Paese e dell'Africa intera, icona degli umiliati che non si piegano. Madre e trisnonna, Miriam Makeba rimane una creatura della prassi e della lotta politica. La incontriamo prima di un concerto nell'ambito della rassegna Lagomaggiorejazz. La attende la folla di piazza Garibaldi a Verbania. Ma il suo pensiero va a Genova.
Dice: "Provo una rabbia e una malinconia infinite per quei ragazzi inermi e pacifici brutalizzati dalle forze dell'ordine. Ho ascoltato le loro voci, ho visto i loro volti pestati, gonfi, sanguinanti, piangenti. Erano impauriti e sgomenti per quelle violenze ingiuste, selvagge. E poi il giovane ucciso, quel corpo inerme, offeso per sempre, la macchia rossa che si spandeva sul selciato...Orrore puro, insensato. Mi è sembrata la messa in atto di una feroce caccia all'uomo degna di un paese totalitario. C'era, mi è parso, una strategia precisa, un disegno di guerra, un avvertimento per il futuro. Un'ignominia".
Miriam Makeba ha un sussulto: "Ecco, le strade di Genova, con quegli uomini in armi, mi hanno fatto rabbrividire. Ho rivisto di colpo le strade di Città del Capo negli anni del regime dell'apartheid, quando Nelson Mandela marciva ancora in una cella. So di molti ragazzi di cui si sono perse le tracce". Il ministro degli Interni dice che saranno andati al mare - "Questo non lo sapevo. E' un'affermazione strafottente, arrogante, cinica. L'Europa e la comunità internazionale devono esigere spiegazioni chiare al governo. Si è violata la legalità. Sono stati calpestati diritti civili fondamentali, direi elementari. Le brutte battute non bastano".
Il discorso si allarga, a questo punto, sul valore e la forza del movimento e sulle sue prospettive. Dice Miriam Makeba: "E' un movimento colossale, maturo, consapevole. Da Seattle a Genova è cresciuto, e oggi ha molte anime, tante sfumature di colore. Un arcobaleno di speranze. Questo è bello, direi. E' bella la sua imprendibilità, il rapporto vitale col moderno. Non è un movimento stretto dentro griglie ideologiche arcaiche e incomprensibili. Questi giovani usano le nuove tecnologie, ne conoscono possibilità, limiti, rischi. Sono concreti, i loro furori non sono astratti. Guardano alle vite e ai corpi di miliardi di uomini. Parlano di ambiente, di nuove e vecchie povertà, di fame. Pensano che non debba essere la finanza a governare il mondo. Danno voce a chi non ne ha abbastanza. Chiedono che venga abbattuto il debito pubblico dei paesi poveri. L'ingiustizia suprema, lo sfruttamento mortale. Mi colpisce come il movimento antiglobale, pur movendosi in un orizzonte immenso e ambizioso, non disdegni i piccoli passi. Esso chiede il possibile.
E' una pratica che io, in qualità di ambasciatrice della Fao, conosco bene. Ho passato anni - ed è una cosa che ancora faccio - a raccogliere somme piccole e grandi per costruire fognature, strade, strutture pubbliche in tutta l'Africa. Briciole anche. Ma l'Occidente ricco e opulento non si potrà sdebitare con le briciole. Il colonialismo prima e l'imperialismo capitalista dopo hanno aperto ferite che sono lontane dal rimarginarsi e anzi sanguinano sempre più copiosamente. L'Africa, ad esempio, muore di Aids, e la battaglia contro le multinazionali farmaceutiche deve essere spietata, come insegna Mandela. Ecco, tutti questi problemi il movimento li conosce e chiede a gran voce che vi si ponga fine".
Tuttavia, i risultati del vertice sono stati penosi. Parole, promesse, strette di mano e sorrisi. "Sì, sorrisi e pranzi di gala mentre fuori si moriva, si veniva picchiati e arrestati. - risponde Miriam Makeba - Questo vertice, sulla cui legittimità di potrebbe discutere a lungo, ha fallito in pieno. Se i ragazzi del movimento rappresentano il volto di una modernità giusta ed equa, i potenti della terra mostravano fattezze e comportamenti arcaici e, ripeto, arroganti e cinici. Ciò indica la necessità di scendere in piazza, di lottare, di non arrendersi. Io ne ho viste tante, e so che alla fine si può vincere. Con le armi della ragione e della giustizia". Il capo del governo italiano considera la fame nel mondo alla stregua di un "inconveniente". La risposta di Mamma Africa è fulminante, sibilata: "Il signor Berlusconi sbaglia. Io direi che si tratta di un crimine".